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giovedì 24 ottobre 2024

Alfabeto indoeuropeo da cantare, per grandi e piccini (articolo ben poco serio)

 

A come allegro abigeato e andiamo a bruciargli la casa

B come bell beaker e botte da orbi (poveri N parola, che poi sarebbero i neolitici)

C come cuz (pecora arrosto) o cavallo cavallo

D come dioboia quanto era bella la steppa Ponto-Caspica

E come erameglioquandoceralvi (quel lvi è Alachis)

F come finferli (sono buoni) o come finnici (sono bravi e accettano i vescovi con l’accetta)

G come gnomi ghibellini gigachad devoti a Godan (noi)

H come Hroduwald (amico nostro, urla fortissimo e rotea un’ascia danese sopra la testa di quelli a cui vuole bene ma è simpatico e gentile)

I come indoeuropei, ma era più bello il vecchio nome con la a

L come Liutprando (sobrio vescovo di Cremona del X secolo) e Lalli (vedasi lettera F)

M come mongoli, lontani parenti da lato materno dei nostri cavalli (cavalli) e il “comportamento da” che fa da linea guida nelle riunioni di redazione

N come nanna beata dopo dodici pinte di birra

O come orcodighel vecio, che storia

P come prepuzio (è sempre bello averne uno) o come papera

Q come Qui, Quo e Qua

R come razzia ai danni dei bizantini

o come razzia ai danni dei franchi

o come razzia ai danni del paese oltre la collina

S come spranga (o spaccare, o strofinare)

T come Tatone il Re longobardo con il nome più affettuoso

U come urlare fortissimo da una montagnola all’altra prima di incontrarsi sul campo di battaglia per la rissa settimanale con gli abitanti della collina vicina (presenti guerrieri dodici, contadini ventisette e tizi a caso di passaggio otto) risultante in feriti quattro, morti nessuno e ubriachi tutti

V come va che voba Pavmaveggio

Z come zuffa o come zuppa o come zappa o come zazzera

martedì 15 ottobre 2024

Speciale Seidr PDF

 Un buon giorno a tutti coloro che seguono il nostro progetto, torniamo dopo parecchio tempo con i nostri pdf stampabili in questo caso con una raccolta di un lungo articolo sul Seidr uscito a puntate qualche anno fa. Si tratta di uno scritto ben documentato e ricco di fonti e valide argomentazioni, di gran lunga più ricco e completo di qualunque altro articolo reperibile sul web.


Che gli Dèi vi guidino!

https://drive.google.com/file/d/1PQ8QM-7c0pFeU7hXSiTEQEJ6nvlYdhwm/view?usp=sharing

sabato 20 gennaio 2024

Tribù d’Eurasia, gli Equi

Storia: 


Popolo italico di probabile ceppo osco-umbro, stanziato a cavallo fra il Lazio orientale e l’Abruzzo, il loro territorio si poneva quindi a cavallo fra i domini dei Latini ad ovest, i domini dei Marsi ad Est, i vasti domini dei Sabini a Nord ed i domini degli Ernici a Sud. 

Le loro origini genetiche sono da ricercarsi, come per tutti i popoli italici, nell’etnogenesi che i nuovi conquistatori indoeuropei (WSH) giunti durante l’età del bronzo ebbero con i nativi Early European Farmers (EEF).

Dalle fonti in nostro possesso possiamo descriverli come un popolo ancora fieramente tribale, orgoglioso e volitivo, dedito alla razzia e alla guerra. 

Nonostante possedessero dei villaggi fortificati non è da escludere che avessero mantenuto tratti particolarmente arcaici come il semi nomadismo della classe pastorale-guerriera, come taluni passi farebbero intendere. 

Certamente sappiamo che erano decisamente meno urbanizzati dei propri vicini, per quanto già costruissero opere difensive in pietra, se questo fosse per via della propria posizione collinare e isolata o per via di una particolare indole non ci è dato ovviamente saperlo. 


Vengono citati da Tito Livio fra i primi e più ostinati nemici di Roma, talvolta in alleanzadella quale subirono successivamente l’espansione 

Sconfitti più volte dagli eserciti di Roma subirono nel 303 ante era volgare la fondazione di una colonia latina nel proprio territorio, Alba Fucens, cittadella che gli Equi, nonostante l’evidente inferiorità numerica e materiale, provarono senza successo ad assediare.

Sconfitti in campo aperto da Gaio Giunio Bubulco Bruto, che per questa vittoria ottenne in Roma un trionfo, vennero definitivamente sottomessi all’autorità romana pur potendo conservare una limitata forma di libertà locale, continuando a vivere nei propri villaggi e secondo i propri usi seppur venendo con il tempo assorbiti dai più numerosi e avanzati vicini. 


Tradizione: 


La Tradizione degli Equi si inserisce nel solco di quella dei popoli osco-umbri al cui ceppo apparteneva (e sulla quale faremo articoli appositi, intesi a rappresentare la tradizione nel suo complesso e i suoi legami con i riti tradizionali arcaici degli altri popoli celto-italici), la particolarità più importante di cui abbiamo notizia riguarda il collegio sacerdotale romano dei Feziali, un corpo sacro dedicato alle pratiche rituali necessarie affinché la guerra dichiarata fosse giusta davanti agli occhi degli detti, ovvero conforme allo Ius, a riprova dell’importanza, in special modo nella Roma arcaica, tribale e monarchica, della Tradizione e del sacro culto divino. 


Per chi volesse approfondire questo collegio sacerdotale vi lasciamo il link di un blog amico che tratta più specificatamente le tradizioni italica: 


https://ilfuocoeterno.blogspot.com/2020/03/la-guerra-ius-ta-i-fetiales.html?m=1 






giovedì 18 gennaio 2024

Tribù d’Eurasia, un’introduzione

Un saluto a tutti voi che seguite questo progetto, come penso abbiate notato l’attività della pagina, e del sito ad essa collegato, è andato scemando negli ultimi anni, complice la creazione di comunità locali di rito e alcuni problemi di natura personale che ci hanno spinto a mettere momentaneamente in pausa l’attività divulgativa per prediligere altre attività. 

Il progetto Le vie di Wodanaz però non si è certo interrotto e tornerà ora alle origini e agli obbiettivi per cui è nato: divulgare, nella maniera più semplice e diretta possibile, informazioni sugli Dèi immortali e sulle tribù che hanno popolato e ancora popolano la nostra bella Terra di Mezzo. 

Il titolo originale doveva essere Tribù d’Europa ma ho deciso di trasformarlo in Tribù d’Eurasia per poter ampliare l’area e le tribù di cui andremo a trattare.

Parleremo di tribù piuttosto note e relativamente conosciute come i Cenomani, i Veneti, gli Angli, i Piceni e i Longobardi così come di tribù meno note come i Khanty degli Urali o i Teleuti siberiani fino ad arrivare agli Evenchi e a tanti altri. 

Cercheremo di dare un’introduzione storica e spirituale, e cercheremo di farlo nella maniera che ci è propria, concisa e diretta. 


Perché? 


Perché il mondo in cui viviamo è sempre più caotico, imprevedibile e perso nei meandri del Kali Yuga, perché le macro realtà statuali, prese da competizioni esterne, prestano davvero poco attenzione alla preservazione delle tribù e delle realtà locali, perché nell’epoca dell’iperconnessione e del tentativo, ma tanto forte e pervasivo, di uniformare e appiattire ogni cosa saper guardare alla diversità e alle peculiarità spirituali di ogni gente è forse la più grande delle rivolte possibili. 


Perché nessuna tribù venga dimenticata. 


Che gli Dèi vi guidino,


A presto 

venerdì 8 aprile 2022

Inno a Woden

O dio della guerra, questa preghiera ascolta!
Per il fulgore della spada al ciel rivolta;
per lo splendore del tempio tuo romito,
ricolmo di rune di un poema avito;
per le valchirie che pio timore incutono
su quel campo rosso che vagando scrutano
scegliendo fra i tanti guerrieri caduti
quelli che nelle tue sale saran ricevuti,
nella Valhǫll dove gli alti spiriti restano
e a banchettare ogni dì s’apprestano;
là dove bevono le infinite schiere
da teschi di eroi il sacro idromele.

O dio della guerra, ascolta questa preghiera!
Portaci con te a banchettar sino a sera!


Salvaci, o dio, dalla lenta malattia
e dall’orrore di una tremenda apatia -
nell’impeto della febbre e del suo ardore,
è fra i lai d’una vecchiaia senza onore
che esala l’anziano il suo ultimo respiro.
Lasciaci allora cadere con un sospiro!
Lasciaci ancora levare in alto lo scudo!
Lasciaci cadere nel suo rifulgere cupo!
Della Britannia fra le nevi marceremo.
Là vittoria o morte noi conosceremo!
Heja! I condottieri sui carri già montano.
Guardateli, le bionde chiome acconciano!

Tremendi, i loro sguardi lanciano strali!
Corrono i nostri nemici, volan sull’ali!


O Woden, che resti nel tuo regno attento,
da lassù della morte tu odi il lamento.
Accogli ora nella tua ombrosa sala
chi per la patria il suo respiro esala.
O teoria d’eroi, degna di pii saluti,
liberai con Woden nei calici dei caduti,
leverai in alto con il tuo divino pari
di evanescenti lance infiniti mari.
Persino in Hel fisso riecheggerà
quel vostro passo che mai fine avrà
e i vostri scudi, a decine di migliaia,
getteran raggi sulla splendente ghiaia.


Heja! Già s’odono i gridi di battaglia -
forte, il suono dei ferri m’attanaglia!
Ancor più forte dell’infrangersi dei ghiacciai
rimbomba ora il clangore degli acciai!
Ancor più forte dello stormir nella piana
dei pini sferzati dalla tremenda fiumana!
Nel cavalcare su questo rosso campo,
nello scegliere fra chi non ebbe scampo,
osservatele volare, le alte sorelle leste -
forte batte il mio cuore nella veste!
È ora di spronare lo stanco destriero
laggiù dove lo scontro si fa più severo.

Esultante, o Woden, presto da te giungerò,
le sale della tua reggia allora visiterò;
se invece fra i caduti vivo io resterò,
il canto della vittoria allora intonerò.


William Lisle Bowles (24 settembre 1762 - 7 aprile 1860), Hymn to Woden
Traduzione dall’inglese di Le vie di Wodanaz, 8 aprile 2022

lunedì 24 gennaio 2022

Die Bergfestung - Completo

Condividiamo con i nostri lettori l'articolo completo "Die Bergfestung". Per accedervi basta cliccare sul seguente link

https://drive.google.com/file/d/1Kk0KGsctH5cF6iuJ7V0OgMaEmzmC50Gs/view?usp=drivesdk 

Die Bergfestung - parte VIII

Conclusioni

     Come si può vedere da quanto sinora detto, la montagna per le genti germaniche non rappresenta solamente un qualcosa di negativo, bensì la sua prima accezione, dacché legata all’etimologia, è spiccatamente positiva; alla stregua di una fortezza, la montagna, con le sue altezze, protegge chi vi dimora. L’amore, come pure l’attenzione per la montagna non è esclusiva degli intellettuali romantici: basti pensare alla poetica del già citato Oswald v. Wolkenstein, sudtirolese che visse a cavallo fra il XIV e il XV secolo.
     L’amore e l’attenzione nei riguardi della montagna sono indissolubilmente legati all’ambiente in cui un individuo nasce e si forma. Seppure su buona parte delle carte geografiche della prima età moderna non vi fossero riportati nomi per i valici o per i massicci montuosi ivi rappresentati, per le popolazioni che li abitavano essi invece portavano nomi mitici ed evocativi. Si pensi al Falzàrego, il cui toponimo è legato alle vicende dei Fanes: il padre della principessa Dolasilla tradì quest’ultima causandone la morte e guadagnandosi l’appellativo di fàlza régo, ossia Lad. per ‘falso re’. Le carte geografiche, spesso opera dell’intellighenzia urbana, erano inevitabilmente slegate dal panorama montano e dalla prospettiva di coloro che abitavano quei luoghi, acculturati o meno che fossero, e dunque non recavano segno di un mondo così lontano dai canoni di chi le aveva create.
     L’ambiente plasma gli individui e questi a esso si rifanno per definire le loro vite, dacché essi ne dipendono. È in questo legame stretto che trova la sua origine una parte dell’essenza degli individui, come pure una parte delle loro coscienze. Con le loro conoscenze, acquisite tramite l’interazione con il territorio, gli individui plasmano quest’ultimo rendendolo fortezza a difesa delle loro vite e dei loro aneliti.

 

 

Bibliografia


Böhme, F.M., Volksthümliche Lieder der Deutschen im 18. und 19. Jahrhundert, Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1895.

Frevert, U., Gefühle in der Geschichte, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2021.

Geoffrey 2005
Geoffrey, S., Tantric revisionings: new understandings of Tibetan Buddhism and Indian religion, Dehli, Motilal Banarsidass PH, 2005.

Göcker, T., Des Knaben Liederschatz- Eine Sammlung geistlicher und weltlicher Volkslieder, Bielefeld-Leipzig, Velhagen & Klasing,  1887.

Gregory 1904
Gregory, A., Yeats, W.B. (a cura di), Gods and Fighting Men: The story of the Tuatha de Danaan and of the Fianna of Ireland, arranged and put into English by Lady Gregory, London, Albemarle Street, John Murray, 1904.

Grimm 1816
Gebrüder Grimm, Deutsche Sagen: Band 1, Berlin, Nicolaischen Buchhandlung, 1816.

Jirásek 1963
Jirásek, A., Pargeter, E. (a cura di), Legends of Old Bohemia, London, Paul Hamlyn, 1963.

Kindl, U., Kritische Lektüre der Dolomitensagen von Karl Felix Wolff: Band 1 & 2, San Martin de Tor, Istitut Ladin Micura de Rü, 1983.

Kroonen 2013
Kroonen, G., Etymological Dictionary of Proto-Germanic, Leiden-Boston, Brill, 2013.

Palmieri, G., Palmieri, M., I Regni perduti dei monti pallidi, Verona, Cierre, 1996.

Palmieri, G., GiulianoPalmieri.it. «I Regni perduti dei Monti Pallidi» [In rete] http://www.giulianopalmieri.it/html/regniperduti.htm (14 Dicembre 2021).

Rückert, F., Kranz der Zeit: Band 2, Stuttgart-Tübingen, J.S. Gotta’schen Buchhandlung, 1817.

Silcher, F., Erk, F., Allgemeine Deutsches Commersbuch, Lahr-Leipzig, M. Schauenburg & C. - B.F. Schulze, 1859.

Weiß, W., Wolf, N., Klein, K.K., Salmen, W., Die Lieder Oswalds von Wolkenstein, Tübingen, Max Niemeyer Verlag Tübingen, 1987.

Wessel, W., Loreley. Liedersammlung für gemütliche Kreise, Minden in Westfalen, J.C.C. Bruns` Verlag, 1897.

Wolff, K.F., Leggende delle Dolomiti. Il Regno dei Fanes, Milano, Mursia, 2017.

Wolff, K.F., I monti pallidi, Milano, Mursia, 2019.

Note:
Essendo questa una tesina universitaria svolta per il corso di Storia medievale IV A-B (2021 - 2022) tenuto dal professore U. Longo, ne sono vietati l'utilizzo e la condivisione da parte di terzi non affiliati a questo sito