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giovedì 22 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte XII

Seiðr e possessione

Esiste una connotazione meno approfondita del Seiðr, che però secondo me si correla benissimo al suo status di ergi negli uomini e in generale alla connotazione estatica.
Come abbiamo visto, nella Vǫluspá Heiðr "è mossa tramite il Seiðr"; in Hrolf saga kraki Heiðr "sbadiglia" all'inizio del suo rituale, la parola scelta è la stessa usata per descrivere il Ginnungagap, il vuoto sbadigliante da cui ha origine tutta la magia e, con grande probabilità, questo atto aveva lo scopo di invitare la possessione degli spiriti.
Secondo la mia interpretazione, nonostante siamo certi che svariati impieghi del Seiðr non prevedessero la penetrazione, era sempre associato ad ergi per gli uomini (in dosi maggiori o minori a seconda del rituale) poichè prevedeva, anche nelle forme meno sessuali, la penetrazione da parte degli spiriti nel corpo della völva.
 
Fig. 16: disegno di repertorio di strega che cavalca un lupo

 

Conclusioni

Dall'uso di Seiðr come verbo e come nome, e dalle variegate descrizioni, emerge come fosse una pratica dai numerosi usi e sfaccettature, dalle più domestiche (divinazione, aiuto durante caccia e pesca), alle funzioni guaritorie (probabilmente marginali), all'uso in battaglia (potenziamento degli attacchi fisici, attacchi magici - In Gisla saga Surssonar è usato per causare una valanga che travolga la casa di un rivale, in Gongu-Hrolf saga causa venti magici che tolgono il senno a chiunque guardi fuori, in Friðjolf saga Hins Fraekna le hamingjur (porzione dell'anima che poteva essere distaccata dal corpo e svolgere altre funzioni) di due incantatrici, in forma di balena, sono cavalcate dalle due durante una tempesta che hanno causato col Seiðr per distruggere una nave, oltre ai numerosi casi in cui il Seiðr è usato dettare le condizioni favorevoli di una battaglia o evocare spiriti in aiuto durante uno scontro; potenzialmento o inibizione della forza di un guerriero), alla magia sessuale.
Queste numerose sfaccettature funzionali riflettono sicuramente una varietà rituale, dai riti svolti in pubblico su un Seiðhallr, circondate da donne che intonano canti per attirare gli spiriti a quelli probabilmente svolti in contesti più intimi e con una connotazione sessuale più marcata.
Conosciamo il meccanismo generico con cui tutti questi probabilmente avvenivano: in uno stato di estasi, aiutato o meno da sostanze enteogene, l'anima della völva poteva uscire dal suo corpo in forma di hamingjur e gli spiriti possederla, con diverse funzioni (l'hamingjur principalmente di attacco, nella sua forma o cavalcando un animale, tipicamente un lupo, mentre gli spiriti per raggiungere luoghi remoti e passare informazioni alla völva) e con questi strumenti poteva causare alterazioni negli elementi naturali e nelle percezioni delle persone.
Numerosi erano gli strumenti del mestiere, tra cui sicuramente il bastone, vari amuleti di forme specifiche, pietre semipreziose, probabilmente una pittura bianca rituale entrata in uso tardivamente, strumenti di particolari metalli, talismani di origine animale, e sostanze enteogene. Sicuramente questi si sono evoluti e sono mutati nel corso dei secoli: tutto indica che il Seiðr è una pratica particolarmente antica.
 
 
Loreta Fasano
 
 

Postfazione

Potrei aver sbagliato lo spelling di alcune parole norrene, perchè l'ho richiamato a memoria o dai miei appunti (ho una pessima grafia). Per la classificazione delle fonti letterarie e delle tombe ho seguito quella di Neil Price in "The viking way", libro che vi consiglio caldamente e senza il quale non avrei mai potuto metter giù un discorso organico sull'argomento. Le traduzioni dei poemi e delle saghe sono mie, dall'inglese. Ho traslato in italiano svariate espressioni inglesi usate classicamente nelle descrizioni dei reperti (es. Basket handle), mi spiace se alcune suonano male ma ho cercato di scegliere quelle più descrittive.

mercoledì 21 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte XI

La ritualità sessuale nel Seiðr



Un uomo che praticasse il Seiðr era marchiato come ergi (non mascolino, disonorevole), un concetto che oggi potremmo associare piuttosto vagamente allo stigma sull'omosessualità. La sfumatura nella società vichinga era diversa. Non era tanto l'omosessualità in se a costituire un tabù sociale, quanto l'omosessualità passiva: l'associazione di pensiero comune era che un uomo che si lasciasse penetrare da un altro uomo vi si sarebbe sottomesso anche in altre faccende meno private, e dunque mancasse di onore. La domanda che sorge spontanea è dunque: perchè questa pratica magica, se eseguita da un uomo, è associata all'omosessualità e alla perdita d'onore?
La risposta più banale è che, in alcuni suoi aspetti, prevesse qualche forma di penetrazione, e ci sono vari riferimenti a favore di questa ipotesi tanto nelle saghe quanto nei nomi propri attribuiti ad alcuni di loro (Bosa saga: un bastone per evocare i Gandr è chiamato Gondull – pene; nel Volsa Þattr il Volsi – pene – è simbolo di un culto fallico, e viene conservato coi lokur – porri – simbolo fallico fin dall'antichità norrena), nel nome della völva (che ha la stessa radice di volsi, pene) e nelle interpretazioni più quotate (la più comune è che il Seiðstaff fosse utilizzato come sostituto di un fallo). Sappiamo per certo dalle saghe che alcuni rituali erano associati a più o meno ergi. Questo non si applica per le donne: per loro il Seiðr, così come essere penetrate o partorire, è un atto naturale.
In quest'analisi dobbiamo tener conto del fatto che l'orgasmo rituale, soprattutto femminile, è un tema tipico della stregoneria trasversalmente ad epoche e culture e lo troviamo anche qui con alcuni mirati riferimenti letterari ed archeologici.
Il Volsa Þattr è l'esempio più emblematico, spesso trascurato perchè di tarda composizione e riferito a tempi remoti, ma uno studio filologico e storico rivela che alcune porzioni sono autentiche.
Nel poema re Olafr si presenta sotto mentite spoglie (è un re cristiano e vuole valutare la diffusione del paganesimo nelle sue terre) col suo seguito nella dimora di una famiglia, in concomitanza con il sacrificio di un cavallo da parte di questi. Il pene del cavallo è soggetto di un rituale particolarmente lungo e complesso, al termine del quale il re lo getta via, disgustato, e la madre della famiglia pratica un rituale molto particolare (il guardare oltre la soglia, v.dopo) per recuperarlo.
E' probabile che il Volsa Þattr sia stato scritto per deridere le usanze pagane, ma nel contempo ce ne offre una descrizione con richiami molto antichi: il sacrificio viene rivolto alla gigantessa Mornir, alcune parole sono di origine molto antica (volsi, ringull), il sacrificio di un cavallo non era più comune da almeno un secolo, il riferimento al porro (simbolo sessuale norreno tradizionale, compare per la prima volta in un'iscrizione del V secolo), il culto di casa svolto sotto il patrocinio femminile (in tutto il componimento gli uomini intervengono davvero poco), Olaf e tutti i suoi compagni si presentano con lo stesso nome, Grimr (uno dei nomi di Odino, ma soprattutto hanno un attrito con le donne di casa nel momento in cui disprezzano e gettano il sacrificio, un parallelo in cui risuonano gli attriti di Odino stesso in presenza delle volur).
All'interno del racconto sono presenti porzioni molto esplicite che fanno riferimento a rituali di certa natura sessuale. Una schiava, nel maneggiare il volsi, dichiara "non potrei certo evitare di spingerlo dentro di me, se giacessimo da soli in mutuale piacere": questo breve periodo ci offre sia una connotazione intima di questo tipo di rituale che la personificazione dell'oggetto, dandoci indicazione di un culto del Volsi probabilmente di origine antica. Che non sia un'espressione concettuale ma letterale è confermato in varie parti del poema ("stanotte bagneranno il vingull" esclama il fratello di una delle ragazze).
 
Fig. 15: se foste degli scandinàvi quest'immagine di porri avrebbe per voi un chiaro riferimento sessuale
 
Il fatto che il Volsi fosse di cavallo è già un collegamento alla stregoneria di per se, indipendentemente dall'epoca, ma alla luce dei sacrifici di cavalli ricorrenti in scandinavia in periodi precedenti qui assume anche altre connotazioni.
Altri atti tipici delle streghe e testimoniati nelle credenze scandinàve, come il cavalcare (tipica cavalcatura della strega, fisicamente o in forma di hamingjur, era il lupo) hanno connotazioni sessuali e altri riti funebri, come quello descritto da Ibn Fadlan, comprendono sesso rituale, nel suo caso durante l'assunzione di una sostanza enteogena, rafforzando il collegamento con il Seiðr.
Nella pietra runica di Smiss III a När, Gotland è raffigurata una figura femminile nuda, a gambe aperte, con una complessa acconciatura o copricapo ed un drago ed un serpente nelle mani, presumibilmente la rappresentazione di un'incantatrice.
Inoltre lo scopo del Seiðr poteva ben essere sessuale: attirare un partner, (induzione del sesso), migliorare l'intimità (magia d'amore) o rendere l'esperienza sessuale più intensa (potenziamento sessuale), poteva essere utilizzato in senso ginecologico (contraccezione, aborto, fertilità, assistenza durante il parto) o per identificare una donna infedele o non più vergine.
Lo scopo poteva anche essere negativo: inibire il sesso (Kormaks saga), indurre impotenza (Njals saga), in Volsunga saga due donne usano il Seiðr per scambiarsi l'aspetto e intraprendere relazioni sessuali, di cui una incestuosa (probabile riferimento ai Vanir).
Ci tengo a ricordare che il sesso nella società norrena era tutto tranne che un tabù, nonostante gli insulti di Loki a Freja e ad Odino nel Lokasenna. Gli dei della fertilità norreni non sono dei dell'amore come i loro paralleli greci o romani, ma della procreazione e del piacere sessuale: dai numerosi partner di Freja alla connotazione estatica di Odino, che è raramente visto in associazione a quest'aspetto ma si manifesta in una sessualità pericolosa, estatica, correlata a un perseguire completamente i propri desideri fino ad un esito distruttivo (Odino è per definizione la divinità traditrice che da molto e prende molto, ma in questo processo dona la vera saggezza). Allo stesso modo l'Edda mette in guardia contro il "dormire fra le braccia di una donna versata nella magia", rivelando la stessa natura traditrice di Odino.
 
 
Loreta Fasano

martedì 20 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte X

Fonti archeologiche


Fra i vari pendenti/amuleti, particolarmente notevoli quelli a forma di sedia, totalmente assenti da contesti cristiani. Hanno la forma del kubbstol – sedia tradizionale scandinava in uso ancora oggi e ritratta anche in pietre runiche come quella di Sanda. Sono solitamente decorate con punzonature, e associati solo a tombe femminili (richiamano l'alto scranno su cui siede la völva a profetizzare). Alcune di queste sono più complesse e particolarmente indicative: in quella di Hedeby (900 ca.) i braccioli rappresentano due canidi (Freki e Geri?) e due uccelli sono scolpiti nello schienale (Huginn e Muninn?), le Figure sono arrangiate al contrario in quello di Lejre ed è presente una rappresentazione di Odino (indicata dalla presenza di un solo occhio) con una lunga veste con bordo decorato, uno scialle o mantello, un cappello in testa e numerosi fili di perle al collo.
Altri amuleti associati sono piccoli pendenti a forma di bastone, cavalli, spade e lance, sempre con un riferimento a Odino. In queste file di amuleti non sono mai presenti Mjolnir.

Come possiamo vedere studiando i paralleli fra tutte queste sepolture, alcuni oggetti ricorrono e sono senz'altro associati con la magia: i resti animali, le sostanze enteogene, le pietre preziose e semipreziose, i secchi, i bastoni, le scatole rituali (più o meno belle, lussuose e complesse, come la scatola di Bj 845 e quella di Oseberg), forse gli scudi (suggerito dal posizionamento del soggetto principale in Fyrkat), probabilmente coltelli, il vasellame orientale (a Klinta ed Aska addirittura una ciotola di origine iraniana, oltre al parallelismo di altri vasi), alcuni tipi di catene (quella di Klinta è uguale a quella che lega i corpi in Bj 843), i pendenti e ovviamente i bastoni: possiamo riconoscerli e caratterizzarli da diversi contesti, differenziandoli dagli spiedi perchè deposti insieme a spiedi (gli oggetti del corredo funebre sono duplicati in casi più unici che rari), con occhielli per appendere amuleti di natura organica (probabilmente legno , ossa o pelli animali), decorati da pomoli troppo ingombranti per essere impugnature, per la presenza di manopole che inframmezzano l'asta rendendone impossibile l'uso culinario, al punto che le impugnature elaborate e a cesto sono state definitivamente identificate come segno di seiðstaff, bastone per il Seiðr.

Fig 14: ricostruzione di Seiðstaff per come sarebbe apparso in origine

Questo ci ha permesso di identificare come probabili tombe di volur anche sepolture altrimenti anonime, non associate ad elementi ricchi ed indicativi come il vasellame orientale o le scatole decorate.
Dai bastoni trovati nelle sepolture irlandesi 850 ca. Possiamo dedurre che il Seiðr vi era stato esportato piuttosto precocemente, come testimoniato anche dal Cogach Gaedhel re Gaillaibh, inoltre sono stati ritrovati in tutta la scandinavia pochi bastoni di legno, solitamente più antichi di quelli di ferro e sempre associati al Seiðr (in Finlandia – Pokkila Isokyr, Norvegia – Fure, Hellebust, Mindre-Sundre e in Svezia – Lilla-Ullevi, la più antica e trovata vicino ai resti di un seiðhallr), testimoniando che la foggia del Seiðstaff può essere mutata nel tempo, con il contatto di diverse culture e il succedersi di tradizioni manifatturiere.

Elementi caratterizzanti la tomba di una völva sono dunque sicuramente i narcotici (con un forte collegamento all'estasi Odinica), bastoni con alcuni gruppi di caratteristiche (che hanno permesso di differenziarli da scettri e spiedi. Ne sono stati trovati 26 in area scandinava, risalenti all'età vichinga, e 8 nella sfera di influenza scandinava geograficamente esterna), dei secchi (il vètt?), alcuni tipi di amuleti (sedie e bastoni principalmente) ed elementi importati da culture lontane, definendo la völva come uno degli elementi più "cosmopoliti" e trasversali della cultura scandinàva.

 

Loreta Fasano

lunedì 19 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte IX

Fonti archeologiche


Oseberg, inumazione in camera con carro e nave, Oslofjord, Norvegia, 834
Due donne deposte in letto su una nave intorno a cui è costruita la camera, le cui pareti sono decorate con arazzi.
Probabilmente la sepoltura femminile più monumentale del periodo vichingo, e anche la meglio conservata. La tomba è stata senz'altro profanata e probabilmente alcuni beni razziati, ma ci sono elementi per credere che i razziatori l'abbiano identificata come tomba di un'incantatrice (testimoniato da una scatola ricchissima lasciata chiusa), per cui non è facile afferrare l'entità del furto, se poi davvero è stato portato a termine.
Un'altra possibilità è che la profanazione della tomba di una völva fosse causa di ergi: sappiamo, dalle incisioni di alcune pietre runiche, che i dissacratori degli spazi che proteggevano erano marchiati con l'ergi, e possiamo avanzare questa ipotesi che però rimane tale e non supportata da altre indicazioni.

Fig. 11: l'inumazione di Oseberg durante gli scavi

Una delle donne aveva circa 75 anni ed è sicuramente morta di cancro, l'altra circa 50. Non sappiamo se una delle due, e nel caso chi, fosse l'occupante principale e in quale ruolo. La monumentale ricchezza della tomba si presta a interpretazioni molto disparate (un'incantatrice, una proprietaria terriera estremamente ricca, la regina Åsa. La tomba è più ricca delle normali tombe regali, facendo propendere per una völva particolarmente potente e stimata).
Negli arazzi, ben conservati, che tappezzano le pareti della camera possiamo vedere scene di culti di Freja e Odino, con figure femminili, corvi e lance, che ritraggono riti per la fertilità e la potenza sessuale. Sono presenti impiccati, donne con le spade sollevate fra gli alberi, uomini in pelli animali e donne con testa di uccelli e cinghiali: notare che queste non sono maschere, poichè i caratteri sono più estesi, come le setole dei cinghiali raffigurate lungo tutta la schiena. Gli arazzi di Oseberg sopravvivono come unica rappresentazione di mutaforma femminili.
 
Fig 12: uno degli arazzi
 
Fra i beni: pietre semipreziose, oggetti per la casa e la cura personale, guinzagli e briglie per cani e cavalli, frutti e pane, un'ascia da lavoro, oggetti per tessere, 5 teste animali intagliate, 6 letti, 1 sedia, contenitori e scatole, un carro riccamente ornato (tra le decorazioni bassorilievi di gatti, chiaro riferimento a Freja), oggetti di uso comune nelle navi (mi preme sottolineare qui che le navi usate nelle sepolture erano "vere", non repliche rituali), animali (mucche, cavalli, cani), un sacchetto contenente cannabis (non si sa se utilizzata a scopo enteogeno o per i tessuti).
La cassa trovata chiusa conteneva due lampade uguali a quelle ritratte negli arazzi e un bastone: l'impressione generale della tomba è che siano stati sepolti gli elementi necessari ai riti descritti negli arazzi.
 
Fig 13: dettagli del carro con gatti

 
Peel castle, inumazione, Isola di Man, ca. 950 
Sepolta con ricchi abiti femminili, beni per la casa e il cucito, svariati coltelli (due di questi decorati con pietre, un'ambra e un'ammonite fossile, circondati da cereali bruciati e un'ala d'oca – amuleti?) e un bastone, probabilmente con manico, poco preservato.
Unica tomba femminile in un luogo di sepolture unicamente maschili, sepolta con un rito indubbiamente pagano, di origine norrena e vestita secondo la moda anglo-scandinava.
 
 
Loreta Fasano

domenica 18 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte VIII

Fonti archeologiche 

 
Fyrkat Grave 4, inumazione con carro, Danimarca, X secolo
La donna è stata deposta all'interno di un carro che si è degradato, ma rimane come indicazione dell'alto rango della sepoltura. I pochi frammenti rinvenuti mostrano che doveva essere riccamente decorato.
Quest'inumazione è estremamente ricca e inusuale. L'abito della donna segue lo stile post 980, è blu con decorazioni rosse e fili d'oro ma non ha nessuna spilla. Anche la deposizione, in un sottile sudario di cui rimangono frammenti conferma il periodo e ci da anche un riferimento alla Laxdaela saga, in cui una völva avvolta in un tessuto simile appare in sogno ad Herðis.
Inoltre è stata sepolta con due anelli alle dita dei piedi, simmetrici, sul secondo dito, una moda completamente estranea alla scandinavia e comune in oriente, associata ai vasi d'importazione presenti: uno di questi conteneva un unguento ed era coperto da un filtro di fili d'erba. Importantissimo il ritrovamento di una spilla vecchia e usurata già al momento della deposizione, decisamente fuori posto in una sepoltura del genere, contenente una pasta bianca simile alla biacca probabilmente utilizzata per scopi cosmetici rituali. La spilla in se doveva avere un grande valore spirituale, se è stata preferita a oggetti più lussuosi e moderni certamente alla portata della donna. Un frammento di questa spilla è stato ritrovato nella fortezza circolare di Boyring, dandoci una piccola indicazioni sui luoghi visitati dalla völva).
Alla cintura erano attaccati amuleti, spille, un coltello con cote, un pendente con motivi a zampa d'uccello (tipico finlandese/russo), un pendente a forma di sedia, un'ampolla rotta che conteneva una sostanza a base di fosforo, piombo e calcio e dei semi di giusquiamo, originariamente in una scarsella ora degradata.
Questa è una delle due testimonianze di sostanze enteogene rituali, in particolare il giusquiamo causa confusione visiva e mentale sia negli umani che in altri animali. Di possibile funzione magica anche la mandibola di un giovane maiale, molto vecchia già alla deposizione, e un conglomerato di resti che potevano essere delle ceneri o dei brandelli di pelliccia di vari animali, forse resti di cremazione.
Presenti anche uno spiedo per carni, un bastone di legno del tutto degradato visibile solo per l'impressione lasciata sullo spiedo, troppo sottile per essere un bastone da passeggio e dunque presunto per scopi rituali, due corni potori non decorati e un bastone di ferro ora deteriorato, deposto sopra delle scatole di legno che contenevano vestiti (forse rituali?).
Se davvero entrambi i bastoni avevano funzione magica, è l'unico ritrovamento di questo tipo della scandinavia vichinga.
 
Fig. 9: spilla di Fyrkat contenente la pasta bianca

 
Ka 294-296 inumazione quadrupla in nave, Kaupang, Norvegia, X secolo
Una sepoltura complicatissima, peraltro organizzata sopra e nello stesso verso della tomba di un uomo del tardo IX secolo.
Comprende una donna, il personaggio più importante della disposizione, accompagnata da un uomo e un'altra donna con un infante, tutti deposti su una nave su cui sono stati sparsi i loro oggetti.
A prua: donna con infante al fianco, vestita in abiti costosi e gioielli, circondata da strumenti tipicamente femminili e da cucito. Testa a testa con lei, coi piedi rivolti verso la poppa, si trova un uomo circondato da varie armi di cui alcune antiche, un bracciale, una padella, una falce e catene per cani e cosparso dei cocci di un vaso rotto (il vaso è stato rotto appposta e i cocci sparsi al momento della sepoltura).
Al centro: un cavallo probabilmente smembrato
A poppa: una donna seduta, originariamente col timone in mano, con vestiti lussuosi di cui alcuni di pelle (molto raro per il periodo). Dietro di lei uno scudo e accanto un'ascia, in grembo ha una ciotola di bronzo con una scritta in runico (i montlauku, nel catino per le mani) che conteneva vari oggetti di rame, rame lucidato e una testa di cane, le cui ossa rimanenti, incise, si trovano ai piedi della donna. Presenti anche resti di metallo, legno e cremazione, indicazioni di riti sconosciuti di cui non ci è stato tramandato nulla.
Un bastone rotto in due dal tempo o già originariamente era posto sotto un sasso.
Altri animali non identificati sono sepolti attorno.
Non sappiamo di cosa siano morti i 4 occupanti della nave ma, se qualcuno di loro è stato ucciso per accompagnare l'altro nel viaggio dopo la morte, sono stati sicuramente i tre a prua.
 
 
Fig. 10: ricostruzione della tomba di Kaupang

 
Gausel queen, inumazione, Hetlandsogn, Norvegia, IX secolo
Sepolta con abiti e oggetti per la casa molto lussuosi, una lampada (possibile oggetto rituale basandosi sull'arazzo e i ritrovamenti di Oseberg), un pezzo di un reliquiario irlandese, una testa di cavallo con briglie e, parallelo al corpo, un bastone con impugnatura a cesto.
 
 
Loreta Fasano

sabato 17 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte VII

Fonti archeologiche

 

Gruppo di Birka (Svezia)

Bj 845, inumazione in camera, 930 ca.
Donna sepolta seduta al centro della camera con abiti e oggetti tipici e non particolarmente lussuosi. Perpendicolare al corpo un bastone con manico a cesto particolarmente elaborato, con la punta libera che poggia in un secchio.
Particolarmente degna di nota una scatola di legno di elegante fattura, con chiusure a forma di teste animali simili alla scatola chiusa di Oseberg. Possiamo essere certi che questo tipo di scatole fossero indicative della sepoltura di una seiðkona. In altre tombe, anche definitivamente identificate come tali, sono presenti scatole più semplici che però non possiamo correlare univocamente a queste pratiche, poichè il loro contenuto è completamente degradato e se ne trovano di simili in qualsiasi contesto. Non possiamo però escludere che alcune volur tenessero componenti e ingredienti magici in scatole più semplici.

Fig. 6: Bj 845
  
Klinta 59:2 e 59:3, doppia cremazione con carro e nave, Svezia, 950 ca.
La cremazione è un tipo di sepoltura rarissimo in quest'isola, ma l'organizzazione di questo rito dev'essere stata davvero unica.
Un uomo e una donna sono stati cremati insieme sulla spiaggia in una nave, probabilmente in autunno (dallo studio delle ceneri), coperti da pelli d'orso e con altri animali attorno. Le ceneri sono poi state separate approssimativamente e sepolte in lotti differenti, con la maggior parte dei resti nella tomba femminile, e coperte dai rispettivi tumuli.
La donna è stata deposta nella 59:3 insieme a beni di riferimento certo ad Odino: un ciondolo che raffigura un'uomo inginocchiato con due uccelli sulle spalle,due fogli di bronzo con incisioni runiche (una possibile formula magica e una traducibile come "conoscenza segreta"), anelli, vasi e spille di bronzo, coltelli e prodotti igienici, una piccola ascia da battaglia di circa 150 anni del periodo Vendel, strumenti per la lavorazione del legno, 151 perle di cristallo, vetro e corniola, un anello decorato con 4 piccoli Mjolnir (unico caso di sepoltura di una völva con oggetti riguardanti Thor), resti di secchi e materiale ferroso, strumenti per un carro trainato da cavalli. Dopo, non sottoposto a cremazione, è stato deposto un grande bastone, perpendicolare alla sepoltura e infilato nella copertura del terreno di modo che solo il manico ne emergesse. Il bastone è decorato con teste animali e un manico a cesto che termina con il modellino di un edificio contemporaneo alla sepoltura, in stile Trelleborg. Nel giunto fra il manico e l'asta si trovano dei fori a cui probabilmente erano appesi amuleti di origine organica, ora degradati.
Nella sepoltura anche ossa cremate di cavallo, vacca, maiale, pecora, cane, gatto e diversi uccelli. Notare come le ceneri dei due umani siano state suddivise approssimativamente, dando priorità a quelle della donna, mentre gli animali per accompagnarli siano stati separati con grande cura. Il tutto è coperto da altre ceneri e altri artefatti e poi tumulato.
 
Fig. 7: edificio raffigurato sul bastone di Klinta


Aska, Grave 1, cremazione, Svezia, IX o X secolo
Sepolta con beni tradizionali femminili e molto ricchi come attrezzi da cucina e da tessitura, inoltre briglie decorate per quattro cavali, molte scatole di cui rimangono solo i cardini, beni d'importazione, filoni di pane, un bastone di ferro, un ciondolo già antico al momento della deposizione raffigurante un uomo con un uccello posizionato in foggia di elmetto (il tipo di decorazione è dell'età vichinga iniziale e si è ipotizzato raffigurasse Mimir), un ciondolo con una donna seduta con le braccia incrociate, un'ampia gonna e una collana a 4 fili (si è ipotizzato possa essere Freja con Brisingamen, possibilmente incinta).
 
Fig. 8: il pendente di Aska raffigurante Freya



Loreta Fasano

venerdì 16 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte VI

Fonti archeologiche

 

Gruppo di Birka (Svezia)

Bj 834, doppia inumazione in camera con carro, 932 ca.
Inumazione invernale di un uomo e una donna in una grande camera divisa in due. In una delle stanze si trova una piattaforma su cui sono deposti i resti di due cavalli, sepolti con paramenti costosi. I due umani nell'altra stanza sono stati invece sepolti seduti sulla stessa sedia, uniti da una catenella, deposto prima l'uomo e poi la donna, entrambi guardavano nella stessa direzione.
Questa testimonianza funebre è preziosissima, poichè ci fornisce un parallelo su saghe e resoconti: in Grettis saga e Njals saga ritroviamo una sepoltura comprendente ossa di cavallo, mentre nel racconto di Ibn Fadlan ritroviamo la stessa deposizione in camera e seduto su una sedia per un uomo particolarmente benestante, fornendo credito a quest'ultimo, spesso screditato racconto.
L'uomo e la donna sono abbigliati in modo tradizionale, da notare solo delle monete arabe (che forniscono la datazione) nelle scarselle e utilizzate come pendenti.Gli oggetti sparsi nella camera sono stati attribuiti all'uomo o alla donna secondo indicazioni sociali di genere classiche per questo periodo ma mi preme sottolineare come, poichè emerge la importanza sociale simile per entrambi, non possiamo essere certi dell'attribuzione. In tombe multiple schiettamente meno "paritarie" o disposte diversamente possiamo attribuire la proprietà degli oggetti con molta più certezza e in differenti casi donne sono state sepolte con oggetti tipicamente maschili, come armi e strumenti per lavorare il legno, e uomini con oggetti tipicamente femminili, come strumenti per la filatura.
Nella tomba sono stati rinvenuti oggetti per la cura femminile, armi, uno scudo, due paia di rampini per scarpe, un secchio, un carro, diverse scatole e contenitori di legno e un bastone di ferro decorato, con il manico a pomolo.
Alcuni di questi oggetti sono estremamente interessanti e ci danno indicazioni sullo status sociale rispettivo dei due defunti.
La presenza del carro colloca la donna ad un rango più elevato rispetto all'uomo: è un elemento tipico della sepoltura di donne importanti e si ipotizza fosse il mezzo di trasporto femminile per l'equivalente del viaggio verso il Valhalla – forse per le donne la sala di Freja? Troviamo dei paralleli anche nelle pietre runiche di Alskog e Levide - mentre non troviamo un equivalente per l'uomo, poichè i cavalli sono sepolti con paramenti per attaccarli al carro.
Sono presenti però due paia di rampini per scarpe che, in Gisla saga Surssonnar sono indicati per velocizzare il viaggio verso il Valhalla: probabilmente quest'uomo ci sarà dovuto andare a piedi, ma almeno si sono premurati di fornirgli un paio di ricambio.
Il secchio è un elemento particolarmente importante, trovato insieme al bastone in diverse sepolture. Un oggetto di fattura raramente raffinata, sembra quasi fuori posto insieme ai beni di lusso e importati di questi corredi lussuosi. Si è ipotizzato che, data la completa mancanza di tamburi rituali nei ritrovamenti, il bastone della völva fosse utilizzato per battere su questi secchi o sugli scudi, che sarebbero dunque identificabili come il vètt di cui parla Loki nel Lokasenna.

Per quello che mi riguarda, l'elemento più interessante è una lancia scagliata su entrambi i corpi, di cui sopravvive solo la punta infilata in profondità nella parete di legno della camera: è una delle più palesi dediche a Odino che ritroviamo in una sepoltura (i riferimenti nelle saghe sono numerosissimi: Ynglingasaga, Odino dichiara che tutti coloro che devono andare a lui devono essere marchiati con la lancia; Flateyjarbok: prima di una battaglia si scaglia una lancia che sorvoli i nemici per dedicarli a Odino; Vǫluspá: Odino scaglia una lancia su un esercito e da inizio ad una guerra). Questo ci permette di identificare i due occupanti come consacrati ad Odino, probabilmente un guerriero l'uomo e una völva la donna, identificata dal bastone (e ipoteticamente dal secchio).

Fig. 5: ricostruzione di Bj 834
 

Loreta Fasano

giovedì 15 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte V

Fonti archeologiche

 

Come abbiamo visto, il lavoro delle volur era spesso itinerante e dunque non ha lasciato evidenze come luoghi di culto o altari (un reperto già poco rappresentato nella storia norrena).

Troviamo però in alcune sepolture (sia maschili che femminili) degli elementi caratterizzanti il Seiðr, in alcune talmente numerosi e palesi da aver stabilito una serie di oggetti collegati al Seiðr, che hanno permesso di caratterizzare tombe meno ricche.

Le sepolture hanno inoltre il pregio di poter essere identificate sia dagli strumenti che vi si trovano all'interno che dalle evidenze di comportamenti funerari inusuali; mentre la contestualizzazione non è così semplice per altri tipi di ritrovamento. Ad esempio sono numerosi i bastoni sicuramente impiegati per il Seiðr che sono stati rinvenuti come reperti isolati, ma la totale assenza di qualsiasi contesto rende impossibile caratterizzare in alcun modo il ritrovamento: sono stati sepolti o abbandonati per qualche ragione? Sono stati razziati e abbandonati da ladri di tombe? Sono stati utilizzati per consacrare un terreno o una zona? Potremmo andare avanti ad libitum con le ipotesi e non avremmo comunque gli strumenti per definire quale sia quella corretta.

Alcune delle tombe qui presentate (principalmente Bj 660, Klinta, Fyrkat, Kaupang e Oseberg) sono state fondamentali per definire gli elementi caratterizzanti la sepoltura di una völva, permettendoci poi di differenziarle da quelle delle donne di alto rango anche in tombe meno complesse e indicative (il tipo di sepoltura – cremazione, inumazione, camera, nave, carro – può essere correlato al rango sociale del defunto ma, come vedremo, ritroviamo sepolture di volur per ognuna di queste).

Per quanto riguarda le sepolture presentate, se non specificato l'indicazione sul sesso del defunto è stata dedotta dal suo corredo funebre, poichè anche in caso di presenza di resti organici non ne è stato testato il cariotipo. Tratterò qui solo le sepolture identificate archeologicamente come femminili. Tutte sono state interrate nel IX – X secolo.

Gruppo di Birka (Svezia)

Bj 660, inumazione in camera, 900 ca.
La defunta è distesa al centro della camera, abbigliata in modo tipicamente femminile con una fascia intessuta d'argento attorno alla testa e uno scialle con chiusura d'argento. L'abito non sopravvive, ma era decorato con due spille ovali unite da una catena d'argento e da un filo di 28 perle (cristalli, rocce, oro e argento incapsulati nel vetro, vetro colorato) con un pendente a spirale al centro e una croce a bracci uguali (era comune l'adozione di simboli magici di altre culture, pendenti simili sono stati trovati in Danimarca, in una sepoltura d'alto rango con carro a Ketting e ad Aunslev. Tutti e tre i pendenti appaiono forgiati nella stessa officina). Alla cintura portava oggetti per la cura personale.
Particolarmente interessante una piccola perlina, singola, rinvenuta dove si sarebbe trovata la bocca/naso della donna: poichè tutto il resto è rimasto al suo posto e ogni cosa sembra deposta con cura, si ipotizza che questo sia un piercing al naso o al labbro, oppure un oggetto depositato in bocca post mortem (tutte e tre le ipotesi caratterizzano usanze decisamente inconsuete in Scandinavia).
Questo elemento esotico trova altri paralleli in costosi oggetti di importazione sepolti nella camera insieme a vasi e scatole locali.
Perpendicolare al corpo, come se fosse tenuto in mano, un bastone con pomolo ora in frammenti.
 
Fig. 3: probabile aspetto di Bj 660 alla deposizione

Bj 760, cremazione, X secolo
nella sepoltura sono presenti pochi elementi generici e il bastone di ferro meglio preservato di tutte le tombe dell'età vichinga, non bruciato con la cremazione e probabilmente deposto sulla cima del tumulo.

Fig. 4: bastone di Bj 760


Loreta Fasano

mercoledì 14 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte IV

Fonti letterarie

 

Fornsldarsògur (saghe dei tempi antichi):

Ovviamente con queste il problema principale è che si tratta di saghe scritte piuttosto tardivamente e che descrivono eventi remoti anche di più di 500 anni. Un approccio accurato è non considerarle come una descrizione dei riti di quell'epoca (che, potremmo dover ammettere, non sono riportati in alcuna fonte scritta e possono essere solo parzialmente dedotti dai reperti che si sono lasciati dietro) ma di epoche più contemporanee, in cui probabilmente è stata posta enfasi sugli elementi che ai tempi della composizione venivano percepiti come più antichi.
 
Hrolf saga kraki: la profetessa Heiðr viene invitata a profetizzare per identificare due giovani nascosti nella sala, che minacciavano la sovranità dell'ospite. Seduta su un Seiðhallr, Heiðr inizia la sua profezia con quello che viene descritto come "uno sbadiglio": per quanto mai esplicitamente indicato in altre fonti, alla luce dei versi della Vǫluspá può essere interpretato come un atto che permettesse agli spiriti di possederla. Nella versione di Saxo l'episodio viene frasato come "(la posizione dei ragazzi è) stanata dal suo recesso dalla strana potenza degli incantesimi della strega, e tirata sotto i suoi occhi"
Nella stessa saga la seiðkona Skuld viene invitata a sedere su un seiðhallr costruito su un campo di battaglia, da cui dirige un attacco magico all'esercito nemico (una delle funzioni più documentate del Seiðr è potenziare un attacco o influenzare il corso di una battaglia)
 
Volsunga saga: la seiðkona scambia il suo aspetto con Signý
 
Friðþjófs saga ins frækna: descrizione di due seiðkonur sedute su un seiðhallr. E' particolarmente importante perchè ci da indicazioni sulla variabilità dei rituali: dalle fonti vediamo che la spàkona poteva viaggiare da sola o con un seguito (sveit, Orms Þattr Storolfssonar saga) di altre donne (probabilmente particolarmente abili nella recita dei varðlokur), di ragazzi e ragazza (raddlið, Orvar Odds saga) o con altre spàkonur, con cui evidentemente potevano eseguire un rituale concertato, come si vede qui o nelle due Heiðr della Vǫluspá;
 
 

Biskopasögur:

Storia cristiana scritta nello stesso periodo delle Fornsldarsògur ma descrivendo la storia contemporanea, in un passaggio i personaggi sono disturbati dalla vista di una gydðja (donna deputata ai riti, non per forza una seiðkona, più spesso una donna potente in senso mondano) che pratica un blòt su "un'altura";
 
 

Leggi medievali scandinave:

Importanti nella misura in cui descrivono la lunga sopravvivenza di questi rituali:
 
1281: un uomo o una donna scoperti a praticare il Seiðr sono esiliati dal villaggio e i loro beni donati al vescovo e al re
 
1326: punizione per chi "sieda fuori a compiere stregoneria (riferimento all'Utiseta, differente pratica magica di cui parlerò in un'altro articolo), pratichi il Galdr (altra pratica magica), il Seiðr o altre cose pagane"
 
XII secolo: "nessuno può avere in casa bastoni (importante riferimento alla sopravvivenza dell'uso di questo strumento) o altari, strumenti per la stregoneria o offerte sacrificali, o cos'altro si correli a pratiche pagane"
 
Þiðriks saga of Bern: menzione del Seiðr
 
Upphof Romverja: menzione di Seiðgaldr e Seidmagnan nella storia di Romolo e Remo (probabili traduzioni tentative dal latino di "magia" e "grande magia", ma la scelta delle parole è indicativo: la parola Seiðr avrebbe indicato al meglio la magia in lingua norrena – Seiðr come epitome della magia)
 
 

Fonti non scandinave:

Cogach Gaedhel re Gaillaibh: in questa saga irlandese Otta, moglie di Turges (re di origine scandinava) "prese Clonmacnoise, sull'altare della grande chiesa dava le sue risposte".
Qui Otta ha una doppia connotazione di gydðja, in quanto probabilmente donna più importante del posto e dunque deputata ai riti ma anche di spàkona, poiche usa questo luogo sopraelevato (l'altare) per "dare le sue risposte" (ovvero divinare).
 
 
Loreta Fasano

martedì 13 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte III

Fig. 2: Rappresentazione moderna di una völva

 

Fonti letterarie 

 

Saghe dei re:

Ynglinga saga: descrizione di Freya (secondo cui i Vanir combinano nel Seiðr magia pericolosa, intenti malvagi e incesto), menzione dell'uso del Seiðr nelle predizioni dei raccolti (quadra con la natura di divinità della fertilità dei Vanir), definizione trasversale di Freya come divinità femminile della guerra, descrizione dei poteri che Odino acquisisce tramite il Seiðr (conoscere il futuro, causare morte, sfortuna o malattia, privare un uomo di forza o saggezza per trasfonderle ad altri);

Heimskringla saga: varie menzioni dell'utilizzo del Seiðr;

 

Poesia scaldica:

Sigurðardrápa, ca. 960: Odino si rende desiderato da Rindr tramite l'uso del Seiðr. Questo breve riferimento è il più antico a livello letterario, e ci da immediatamente informazioni su un uso del Seiðr nella magia sessuale e su come si esplicassero i suoi effetti (in questo caso piegando la volontà dell'obiettivo perchè desiderasse un soggetto);

Friðþjófs saga ins frækna: menzioni del Seiðr;

Egill Skallagrímsson saga, ca. 924: in un lausavìsa (stanza di una composizione) viene usata l'espressione "Seiðr della lancia", poi ripresa letteralmente in Njals saga;

Lausavìsa di Eirikir Viðsja, ca. 1014: usate le espressioni "logðis Seiðr" (Seidr della distruzione), "Fjolnir Seiðr" (seidr di Fjolnir, un leggendario re norvegese);

Hakonerikvija saga, ca. 1260: "sverða Seiðr" (seidr della spada).

 

Soprattutto alla luce dell'utilizzo del Seiðr come enhancer della battaglia (ampiamente codificato nelle fonti) si sarebbe portati a pensare che queste ultime locuzioni possano riferirvisi ma, vista la composizione tardiva di questi lausavìsa e l'utilizzo come kenning di queste espressioni già a partire dall'VIII secolo, possiamo affermare che fossero una complessa espressione poetica che descriveva la battaglia come una canzone e i guerrieri e le loro armi come gli strumenti e i cantori.

 

Saghe islandesi: 

Eirik saga rauda: eventi ambientati in Groenlandia, ritraggono quindi un evento tardivo ma ricco di punti in comune con altre fonti e, soprattutto, reperti archeologici. L' episodio ci offre uno spaccato di grande valore della pratica del Seiðr in ambito profetico.
Þorbiorg, una spàkona (profetessa) viene invitata a profetizzare da un proprietario terriero. E' evidente dalla narrazione che la donna è una profetessa errante, che si reca di villaggio in villaggio a seconda di dove vengono richiesti i suoi servizi.
Il suo ospite manda degli uomini a scortarla e prepara per lei un alto scranno da cui possa profetizzare (parallelo con Hilðskjalf, il trono da cui Odino ha vista su tutti i mondi, elemento comune anche a Frigg e Freyr. In questo punto della narrazione è assente la descrizione di un Seiðhallr, una piattaforma sopraelevata dal terreno su cui fosse posizionato lo scranno, confermando che fossero due elementi differenti del Seiðr. Inoltre, come vedremo anche successivamente, tutti questi elementi venivano preparati e poi smantellati al termine del rituale, per cui ne sopravvivono pochissime testimonianze archeologiche).
Viene descritto dettagliatamente l'abbigliamento di Þorbiorg, dandoci preziosi elementi interpretativi: un mantello blu (o nero) chiuso da fibbie e decorato da pietre all'orlo (una scelta piuttosto originale per questa regione, più tipica degli sciamani siberiani), una collana di perle di vetro, cappuccio di agnello bordato di pelo di gatto bianco (i dettagli con cui sono descritti gli animali che Þorbiorg indossa o mangia suggeriscono avessero un significato all'interno del rituale), un bastone con pomello tondo adorno di pietre (trova moltissimi paralleli fra sepolture identificate come volur), una cintura di stoppa con una grossa sacca di pelle in cui tiene gli ingredienti necessari ai suoi incantamenti, scarpe di vitello dai lacci lunghi decorati da pomoli alle estremità (anche questa una scelta molto differente dall'usanza regionale e di probabile correlazione magica), guanti di gatto con pelo bianco.
Þorbiorg mangia porridge di latte di pecora e i cuori di tutti gli animali disponibili nella fattoria (anche questo non un piatto tipico), da cui si serve con un cucchiaio di ottone e un coltello spuntato con manico di avorio e bronzo/rame/ottone (traduzione incerta). La descrizione dei metalli di cui sono composte le sue posate è ininfluente ai fini della narrazione e tralasciata nelle descrizioni mondane, per cui si pensa avesse un significato magico completamente perso nel tempo (significato che si è conservato ad esempio nella specifica del tipo di legno utilizzato per uno strumento, come tasso e betulla).
Þorbiorg annuncia che profetizzerà dopo aver passato la notte nella proprietà: emerge come sia compito del proprietario delle fattorie fornirle ospitalità confortevole e fornirle alcuni elementi necessari per il rito, su richiesta della profetessa, in questo caso donne che conoscessero i varðlokur (ovvero i canti legati al Seiðr, utilizzati per richiamare i verðir, cioè gli spiriti che fornissero informazioni alla spàkona, la profetessa. Nella narrazione sarà evidente l'etimologia della parola varðlokur, ovvero strumento che attrae/lega i verðir). Ne viene trovata solo una all'interno del villaggio, che però canta così bene i kvaeði (versi) che, annuncia Þorbiorg, spiriti prima disinteressati sono ora ben disposti per cui la sua profezia sarà più dettagliata ed articolata (implica che grandissima importanza è data alla qualità del canto). E' descritta anche la disposizione delle donne durante il rituale: attorno a Þorbiorg, posizionata su un Seiðhallr, si forma un circolo di donne oltre a quella che canta i kvaeði: queste non li conoscono, probabilmente è la loro presenza e disposizione a fungere da richiamo per gli spiriti.
La profezia di Þorbiorg da questo punto si articolerà su più punti: il motivo per cui è stata chiamata (informazioni riguardo alla fine della carestia che sta flagellando la Groenlandia), le viene chiesto di "guardare le fattorie" (forte parallelo con Hilðskjalf, non poteva fisicamente vederle da dove si trovava) e infine profetizza sul futuro e la fortuna della donna che l'ha aiutata coi varðlokur.
 
Landnamabok: Þuriðr sundafyllir usa il Seiðr per riempire un fiordo di pesci, fornendoci uno degli usi mondani di questa pratica magica;
 
Vatnsdaela saga: il Seiðr viene utilizzato per stordire un avversario e permettere di vincere una disputa giuridica. La Seiðkonur (incantatrice) Þordis informa l'uomo che dovrà indossare il suo scialle nero e colpire l'avversario sul volto col suo bastone per confonderlo. Qui il bastone viene utilizzato praticamente come una moderna bacchetta magica, e la sua importanza si deduce anche dal fatto che ha un nome proprio (in questo periodo era tipico più che altro degli oggetti divini), Hognudr (traducibile con "utile/mitigatore");
 
Laxdaela saga: il sonno di due donne cristiane è turbato da un'apparizione inquietante che si lamenta di essere stata disturbata; scavando sotto lo scranno nella chiesa in cui pregavano solitamente viene trovata la tomba di una völva sotto un tumulo, descritta come contenente "strane ossa nere o blu" (qui probabilmente il parallelismo coi mantelli di Þordis e Þorbiorg lo vedo solo io), una spilla e un grosso seiðstaff (bastone per il Seiðr). 
 
 
Loreta Fasano

lunedì 12 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte II

Fig. 1: "Odin and the Völva" (1895) by Lorenz Frølich

Fonti letterarie


Il principale biasimo che si fa alle fonti letterarie come l'Edda e le Saghe è la loro composizione tardiva, nel migliore dei casi 100-200 anni successiva ai periodi di cui trattano. 

Non è certamente l'unico caso nella storia della letteratura antica, ed è risolto piuttosto semplicemente, almeno nel caso della poesia: i kenning (il complesso arrangiamento delle strofe tipico della poesia dell'età Vichinga) possono essere datati in base alla loro metrica e all'uso di alcune particolari figure retoriche, dando un'indicazione piuttosto accurata del periodo della loro composizione. E' grazie a questa tecnica che possiamo discriminare quali porzioni dei poemi Eddici sono originali e quali aggiunte tardive certe (la fine della Vǫluspá ad esempio) o presunte, e confermare che si tratta effettivamente di trascrizioni medievali di una più antica tradizione orale.

Siamo meno fortunati per quanto riguarda la prosa, ma l'utilizzo di alcuni termini – e soprattutto la loro traslitterazione – possono darci un'indicazione di come si datino nella storia della transizione tra il proto-norreno, il norreno antico e l'islandese: un esempio emblematico è il Vǫlsa þáttr, contenuto in un testo talmente tardivo (il Flateyjarbók, circa 1400) che la sua data di composizione avrebbe portato a scartarlo immediatamente da questa trattazione, ma che contiene invece dei marker filologici molto più antichi.

A questo si aggiunge il fatto che rari, ma significativi episodi sono riportati in più testi che non possono essersi influenzati fra loro o trovano conferma archeologica.

In definitiva, già dalle fonti letterarie possiamo farci un'idea di come venisse praticato il Seiðr, per cosa venisse usato e come apparissero e venissero percepite le völur.

Edda poetica: 

Lokasenna: nella sua invettiva contro Odino, Loki lo accusa di ergi (omosessualità passiva), stigma sociale attaccato alla pratica del Seiðr da parte di un uomo. "Ma tu, dicono, hai praticato il Seiðr a Samsö e hai battuto sul vètt (tengo questa parola originale perchè ci tornerà utile nella discussione sugli strumenti del Seiðr) come le volur, come un vitka (stregone) e questo, per me, è ergi";

Vǫluspá: nel famosissimo poema eddico Odino si rivolge a Heiðr, völva di incredibile saggezza, per essere ragguagliato riguardo l'origine e la fine del mondo. A sua volta Heiðr invoca la porzione della sua anima che è nel regno dei morti, o il suo doppio (la frasazione è dubbia a riguardo) lasciandoci la descrizione sia di un complesso Seiðr a scopo divinatorio che dell'elevatissima considerazione in cui era tenuta la figura della völva. Qui compaiono i versi che danno il titolo a questo saggio: "seið hon kunni - seið hòn leikin". L'uso al passivo di "leika" descrive qualcosa o qualcuno che "gioca con" Heiðr, per cui i versi possono essere tradotti come: "conosceva il Seiðr - attraverso il Seiðr era mossa" indicando che Heiðr profetizzasse in uno stato di trance;

Hindluljod (porzione datata filologicamente ca. 1100): "tutte le volur discendono da Viðjolfr, tutti i vitkar discendono da Vilmeiðr, tutti i seðberendr discendono da Svarthofti come tutti i giganti da Ymir". Le ultime due definizioni sono riferite ai praticanti di sesso maschile e non le tratterò qui, ma si è ipotizzato che Viðjolfr (lett. "dente di lupo", Odino?) potesse essere una figura corrispondente o ispirata a Vitulfo, leggendario guerriero che aveva imparato ad utilizzare la magia per curarsi o confondere il nemico (anche qui il parallelismo con Odino è evidente).


Loreta Fasano

domenica 11 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte I

Attorno alla pratica magica del Seiðr aleggia un'aura di mistero, parzialmente giustificata
dall'assenza di un corpus codificato a riguardo. Mi preme sottolineare come questa caratteristica sia comune alla stragrande maggioranza delle pratiche, magiche e mondane, di qualsiasi cultura pre-
medievale: in rarissimi casi siamo così fortunati da esserci imbattuti in testi originali con spiegazioni dettagliate, siti archeologici completamente preservati o tradizioni culturali che siano persistite,
intatte, sufficientemente a lungo da essere registrate in tempi più moderni.
Secondo alcuni questa è scusa sufficiente per presentare pubblicazioni contenenti quel poco che si
legge ovunque senza alcuna fatica di ricerca (il Seiðr è un'arte magica praticata dai Vanir e poi
insegnata da Freja a Odino) e fantasie personali dell'autore, fatte passare sotto l'uscio millantando
incolmabili vuoti di fonti.
Invece, riguardo al Seiðr abbiamo a disposizione numerosi fonti sia scritte (più o meno tardive, ma
tutte passibili di essere scandagliate con gli strumenti filologici e letterari adatti, soprattutto nel caso
della poesia) che archeologiche, che possono essere compenetrate fra loro per fornire un probabile
identikit di questa pratica magica.
Che siate d'accordo o meno con le conclusioni che tirerò a riguardo, tutte le fonti presentate sono
storiche.

Prima di discutere i riferimenti sul Seiðr vorrei spendere due parole sulla sua etimologia, che tornerà
utile nel leggere queste fonti.
Il significato letterario di Seiðr è "corda, stringa": può lasciarci inizialmente perplessi, ma come
vedremo tutti gli effetti del Seiðr si esplicano tramite due meccanismi: il "viaggio" dell'Hamingjur (la
porzione di "anima" dell'incantatrice che poteva lasciare il suo corpo mentre era in vita) che si
dipana dal corpo fisico della völva (l'incantatrice) e l'attrazione a se di nàtturur/galdr (spiriti) come
strumenti e informatori.
In molte saghe di questi si parla come "seiða till sin", "attirati col seidr": un'espressione che richiama
fortemente un legame tramite un filo o una corda che possano essere tirati o emanati.
L'associazione è talmente forte che alcune delle principali studiose del Seiðr (Andrèn, Jennbert,
Raudvere) nel 2004 hanno tenuto un'esaustiva conferenza riguardo alla somiglianza fra gli strumenti
della völva e la filatura, un'analogia suggestiva che vi consiglio di recuperare ma non riguarda
questa trattazione.
Inoltre, poichè nella maggior parte dei casi il Seiðr veniva praticato da donne, qui riporterò solo le
fonti che le riguardano, lasciando il corpus di evidenze della pratica maschile (presente e ben
rappresentato, peraltro) per un articolo successivo.

 

Loreta Fasano

giovedì 1 ottobre 2020

Cantastorie, guaritori e veggenti

Ovvero dello spirito rurale, unico e vero legame con quanto è vero, e sacro.


In un tempo non così lontano, in tutto il nostro continente erano diffuse diverse figure peculiari, veri e propri araldi in carne, ossa e sangue di tempi più antichi e vicini alla verità dei primordi. Queste figure di cantastorie e veggenti, "streghe" e guaritori, a malapena tollerate quando non perseguitate dal potere religioso cristiano, hanno rappresentato per secoli una fonte preziosa di racconti e spirito arcaico che, specialmente fra le genti rurali, mai sono venuti meno. 
Nelle fiabe e nei racconti narrati davanti al fuoco di una locanda o di una cascina, spesso sussurrati per timore che un prelato (o la sua naturale pletora di tentacoli che erano i bigotti) sentisse qualcosa di troppo, lo spirito della nostra terra è sopravvissuto, resistendo alle fiamme della persecuzione e all'oscurantismo delle toghe dei preti... fino all'arrivo di un nuovo nemico, una nuova monolatria del nulla, più spaventosa e arida di quella precedente, e cioè l'ateismo, peggio di qualunque monoteismo.

Ma non tutto è perduto.

Finché anche un solo plotone di uomini si riunirà un una vecchia locanda per partire per campi e boschi, e finché ancora qualcuno custodirà la fiamma del fuoco dei primordi, la speranza non potrà dirsi svanita, poiché ancora vi sarà l'auspicio che questa, un giorno, partendo dal campo e dal bosco, divampi ancora, bruciando città e cattedrali, e i nemici d'Eurasia con esse.


Hailaz Wodanaz!