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giovedì 22 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte XII
mercoledì 21 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte XI
La ritualità sessuale nel Seiðr
Un uomo che praticasse il Seiðr era marchiato come ergi (non mascolino, disonorevole), un concetto che oggi potremmo associare piuttosto vagamente allo stigma sull'omosessualità. La sfumatura nella società vichinga era diversa. Non era tanto l'omosessualità in se a costituire un tabù sociale, quanto l'omosessualità passiva: l'associazione di pensiero comune era che un uomo che si lasciasse penetrare da un altro uomo vi si sarebbe sottomesso anche in altre faccende meno private, e dunque mancasse di onore. La domanda che sorge spontanea è dunque: perchè questa pratica magica, se eseguita da un uomo, è associata all'omosessualità e alla perdita d'onore?
Fig. 15: se foste degli scandinàvi quest'immagine di porri avrebbe per voi un chiaro riferimento sessuale |
martedì 20 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte X
Fonti archeologiche
Fra i vari pendenti/amuleti, particolarmente notevoli quelli a forma di sedia, totalmente assenti da contesti cristiani. Hanno la forma del kubbstol – sedia tradizionale scandinava in uso ancora oggi e ritratta anche in pietre runiche come quella di Sanda. Sono solitamente decorate con punzonature, e associati solo a tombe femminili (richiamano l'alto scranno su cui siede la völva a profetizzare). Alcune di queste sono più complesse e particolarmente indicative: in quella di Hedeby (900 ca.) i braccioli rappresentano due canidi (Freki e Geri?) e due uccelli sono scolpiti nello schienale (Huginn e Muninn?), le Figure sono arrangiate al contrario in quello di Lejre ed è presente una rappresentazione di Odino (indicata dalla presenza di un solo occhio) con una lunga veste con bordo decorato, uno scialle o mantello, un cappello in testa e numerosi fili di perle al collo.
Altri amuleti associati sono piccoli pendenti a forma di bastone, cavalli, spade e lance, sempre con un riferimento a Odino. In queste file di amuleti non sono mai presenti Mjolnir.
Come possiamo vedere studiando i paralleli fra tutte queste sepolture, alcuni oggetti ricorrono e sono senz'altro associati con la magia: i resti animali, le sostanze enteogene, le pietre preziose e semipreziose, i secchi, i bastoni, le scatole rituali (più o meno belle, lussuose e complesse, come la scatola di Bj 845 e quella di Oseberg), forse gli scudi (suggerito dal posizionamento del soggetto principale in Fyrkat), probabilmente coltelli, il vasellame orientale (a Klinta ed Aska addirittura una ciotola di origine iraniana, oltre al parallelismo di altri vasi), alcuni tipi di catene (quella di Klinta è uguale a quella che lega i corpi in Bj 843), i pendenti e ovviamente i bastoni: possiamo riconoscerli e caratterizzarli da diversi contesti, differenziandoli dagli spiedi perchè deposti insieme a spiedi (gli oggetti del corredo funebre sono duplicati in casi più unici che rari), con occhielli per appendere amuleti di natura organica (probabilmente legno , ossa o pelli animali), decorati da pomoli troppo ingombranti per essere impugnature, per la presenza di manopole che inframmezzano l'asta rendendone impossibile l'uso culinario, al punto che le impugnature elaborate e a cesto sono state definitivamente identificate come segno di seiðstaff, bastone per il Seiðr.
Fig 14: ricostruzione di Seiðstaff per come sarebbe apparso in origine |
Elementi caratterizzanti la tomba di una völva sono dunque sicuramente i narcotici (con un forte collegamento all'estasi Odinica), bastoni con alcuni gruppi di caratteristiche (che hanno permesso di differenziarli da scettri e spiedi. Ne sono stati trovati 26 in area scandinava, risalenti all'età vichinga, e 8 nella sfera di influenza scandinava geograficamente esterna), dei secchi (il vètt?), alcuni tipi di amuleti (sedie e bastoni principalmente) ed elementi importati da culture lontane, definendo la völva come uno degli elementi più "cosmopoliti" e trasversali della cultura scandinàva.
Loreta Fasano
lunedì 19 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte IX
Fonti archeologiche
Fig. 11: l'inumazione di Oseberg durante gli scavi |
Una delle donne aveva circa 75 anni ed è sicuramente morta di cancro, l'altra circa 50. Non sappiamo se una delle due, e nel caso chi, fosse l'occupante principale e in quale ruolo. La monumentale ricchezza della tomba si presta a interpretazioni molto disparate (un'incantatrice, una proprietaria terriera estremamente ricca, la regina Åsa. La tomba è più ricca delle normali tombe regali, facendo propendere per una völva particolarmente potente e stimata).
Negli arazzi, ben conservati, che tappezzano le pareti della camera possiamo vedere scene di culti di Freja e Odino, con figure femminili, corvi e lance, che ritraggono riti per la fertilità e la potenza sessuale. Sono presenti impiccati, donne con le spade sollevate fra gli alberi, uomini in pelli animali e donne con testa di uccelli e cinghiali: notare che queste non sono maschere, poichè i caratteri sono più estesi, come le setole dei cinghiali raffigurate lungo tutta la schiena. Gli arazzi di Oseberg sopravvivono come unica rappresentazione di mutaforma femminili.
Fig 12: uno degli arazzi |
Fig 13: dettagli del carro con gatti |
Unica tomba femminile in un luogo di sepolture unicamente maschili, sepolta con un rito indubbiamente pagano, di origine norrena e vestita secondo la moda anglo-scandinava.
domenica 18 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte VIII
Fonti archeologiche
sabato 17 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte VII
Fonti archeologiche
Gruppo di Birka (Svezia)
Fig. 7: edificio raffigurato sul bastone di Klinta |
Fig. 8: il pendente di Aska raffigurante Freya |
Loreta Fasano
venerdì 16 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte VI
Fonti archeologiche
Gruppo di Birka (Svezia)
Bj 834, doppia inumazione in camera con carro, 932 ca.Inumazione invernale di un uomo e una donna in una grande camera divisa in due. In una delle stanze si trova una piattaforma su cui sono deposti i resti di due cavalli, sepolti con paramenti costosi. I due umani nell'altra stanza sono stati invece sepolti seduti sulla stessa sedia, uniti da una catenella, deposto prima l'uomo e poi la donna, entrambi guardavano nella stessa direzione.
Questa testimonianza funebre è preziosissima, poichè ci fornisce un parallelo su saghe e resoconti: in Grettis saga e Njals saga ritroviamo una sepoltura comprendente ossa di cavallo, mentre nel racconto di Ibn Fadlan ritroviamo la stessa deposizione in camera e seduto su una sedia per un uomo particolarmente benestante, fornendo credito a quest'ultimo, spesso screditato racconto.
L'uomo e la donna sono abbigliati in modo tradizionale, da notare solo delle monete arabe (che forniscono la datazione) nelle scarselle e utilizzate come pendenti.Gli oggetti sparsi nella camera sono stati attribuiti all'uomo o alla donna secondo indicazioni sociali di genere classiche per questo periodo ma mi preme sottolineare come, poichè emerge la importanza sociale simile per entrambi, non possiamo essere certi dell'attribuzione. In tombe multiple schiettamente meno "paritarie" o disposte diversamente possiamo attribuire la proprietà degli oggetti con molta più certezza e in differenti casi donne sono state sepolte con oggetti tipicamente maschili, come armi e strumenti per lavorare il legno, e uomini con oggetti tipicamente femminili, come strumenti per la filatura.
Per quello che mi riguarda, l'elemento più interessante è una lancia scagliata su entrambi i corpi, di cui sopravvive solo la punta infilata in profondità nella parete di legno della camera: è una delle più palesi dediche a Odino che ritroviamo in una sepoltura (i riferimenti nelle saghe sono numerosissimi: Ynglingasaga, Odino dichiara che tutti coloro che devono andare a lui devono essere marchiati con la lancia; Flateyjarbok: prima di una battaglia si scaglia una lancia che sorvoli i nemici per dedicarli a Odino; Vǫluspá: Odino scaglia una lancia su un esercito e da inizio ad una guerra). Questo ci permette di identificare i due occupanti come consacrati ad Odino, probabilmente un guerriero l'uomo e una völva la donna, identificata dal bastone (e ipoteticamente dal secchio).
Fig. 5: ricostruzione di Bj 834 |
Loreta Fasano
giovedì 15 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte V
Fonti archeologiche
Come abbiamo visto, il lavoro delle volur era spesso itinerante e dunque non ha lasciato evidenze come luoghi di culto o altari (un reperto già poco rappresentato nella storia norrena).
Troviamo però in alcune sepolture (sia maschili che femminili) degli elementi caratterizzanti il Seiðr, in alcune talmente numerosi e palesi da aver stabilito una serie di oggetti collegati al Seiðr, che hanno permesso di caratterizzare tombe meno ricche.
Le sepolture hanno inoltre il pregio di poter essere identificate sia dagli strumenti che vi si trovano all'interno che dalle evidenze di comportamenti funerari inusuali; mentre la contestualizzazione non è così semplice per altri tipi di ritrovamento. Ad esempio sono numerosi i bastoni sicuramente impiegati per il Seiðr che sono stati rinvenuti come reperti isolati, ma la totale assenza di qualsiasi contesto rende impossibile caratterizzare in alcun modo il ritrovamento: sono stati sepolti o abbandonati per qualche ragione? Sono stati razziati e abbandonati da ladri di tombe? Sono stati utilizzati per consacrare un terreno o una zona? Potremmo andare avanti ad libitum con le ipotesi e non avremmo comunque gli strumenti per definire quale sia quella corretta.
Alcune delle tombe qui presentate (principalmente Bj 660, Klinta, Fyrkat, Kaupang e Oseberg) sono state fondamentali per definire gli elementi caratterizzanti la sepoltura di una völva, permettendoci poi di differenziarle da quelle delle donne di alto rango anche in tombe meno complesse e indicative (il tipo di sepoltura – cremazione, inumazione, camera, nave, carro – può essere correlato al rango sociale del defunto ma, come vedremo, ritroviamo sepolture di volur per ognuna di queste).
Per quanto riguarda le sepolture presentate, se non specificato l'indicazione sul sesso del defunto è stata dedotta dal suo corredo funebre, poichè anche in caso di presenza di resti organici non ne è stato testato il cariotipo. Tratterò qui solo le sepolture identificate archeologicamente come femminili. Tutte sono state interrate nel IX – X secolo.
Gruppo di Birka (Svezia)
Fig. 4: bastone di Bj 760 |
Loreta Fasano
mercoledì 14 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte IV
Fonti letterarie
Fornsldarsògur (saghe dei tempi antichi):
Biskopasögur:
Leggi medievali scandinave:
Fonti non scandinave:
martedì 13 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte III
Fig. 2: Rappresentazione moderna di una völva |
Fonti letterarie
Saghe dei re:
Ynglinga saga: descrizione di Freya (secondo cui i Vanir combinano nel Seiðr magia pericolosa, intenti malvagi e incesto), menzione dell'uso del Seiðr nelle predizioni dei raccolti (quadra con la natura di divinità della fertilità dei Vanir), definizione trasversale di Freya come divinità femminile della guerra, descrizione dei poteri che Odino acquisisce tramite il Seiðr (conoscere il futuro, causare morte, sfortuna o malattia, privare un uomo di forza o saggezza per trasfonderle ad altri);
Heimskringla saga: varie menzioni dell'utilizzo del Seiðr;
Poesia scaldica:
Sigurðardrápa, ca. 960: Odino si rende desiderato da Rindr tramite l'uso del Seiðr. Questo breve riferimento è il più antico a livello letterario, e ci da immediatamente informazioni su un uso del Seiðr nella magia sessuale e su come si esplicassero i suoi effetti (in questo caso piegando la volontà dell'obiettivo perchè desiderasse un soggetto);
Friðþjófs saga ins frækna: menzioni del Seiðr;
Egill Skallagrímsson saga, ca. 924: in un lausavìsa (stanza di una composizione) viene usata l'espressione "Seiðr della lancia", poi ripresa letteralmente in Njals saga;
Lausavìsa di Eirikir Viðsja, ca. 1014: usate le espressioni "logðis Seiðr" (Seidr della distruzione), "Fjolnir Seiðr" (seidr di Fjolnir, un leggendario re norvegese);
Hakonerikvija saga, ca. 1260: "sverða Seiðr" (seidr della spada).
Soprattutto alla luce dell'utilizzo del Seiðr come enhancer della battaglia (ampiamente codificato nelle fonti) si sarebbe portati a pensare che queste ultime locuzioni possano riferirvisi ma, vista la composizione tardiva di questi lausavìsa e l'utilizzo come kenning di queste espressioni già a partire dall'VIII secolo, possiamo affermare che fossero una complessa espressione poetica che descriveva la battaglia come una canzone e i guerrieri e le loro armi come gli strumenti e i cantori.
Saghe islandesi:
lunedì 12 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte II
Fig. 1: "Odin and the Völva" (1895) by Lorenz Frølich |
Fonti letterarie
Il principale biasimo che si fa alle fonti letterarie come l'Edda e le Saghe è la loro composizione tardiva, nel migliore dei casi 100-200 anni successiva ai periodi di cui trattano.
Non è certamente l'unico caso nella storia della letteratura antica, ed è risolto piuttosto semplicemente, almeno nel caso della poesia: i kenning (il complesso arrangiamento delle strofe tipico della poesia dell'età Vichinga) possono essere datati in base alla loro metrica e all'uso di alcune particolari figure retoriche, dando un'indicazione piuttosto accurata del periodo della loro composizione. E' grazie a questa tecnica che possiamo discriminare quali porzioni dei poemi Eddici sono originali e quali aggiunte tardive certe (la fine della Vǫluspá ad esempio) o presunte, e confermare che si tratta effettivamente di trascrizioni medievali di una più antica tradizione orale.
Siamo meno fortunati per quanto riguarda la prosa, ma l'utilizzo di alcuni termini – e soprattutto la loro traslitterazione – possono darci un'indicazione di come si datino nella storia della transizione tra il proto-norreno, il norreno antico e l'islandese: un esempio emblematico è il Vǫlsa þáttr, contenuto in un testo talmente tardivo (il Flateyjarbók, circa 1400) che la sua data di composizione avrebbe portato a scartarlo immediatamente da questa trattazione, ma che contiene invece dei marker filologici molto più antichi.
A questo si aggiunge il fatto che rari, ma significativi episodi sono riportati in più testi che non possono essersi influenzati fra loro o trovano conferma archeologica.
In definitiva, già dalle fonti letterarie possiamo farci un'idea di come venisse praticato il Seiðr, per cosa venisse usato e come apparissero e venissero percepite le völur.
Edda poetica:
Lokasenna: nella sua invettiva contro Odino, Loki lo accusa di ergi (omosessualità passiva), stigma sociale attaccato alla pratica del Seiðr da parte di un uomo. "Ma tu, dicono, hai praticato il Seiðr a Samsö e hai battuto sul vètt (tengo questa parola originale perchè ci tornerà utile nella discussione sugli strumenti del Seiðr) come le volur, come un vitka (stregone) e questo, per me, è ergi";
Vǫluspá: nel famosissimo poema eddico Odino si rivolge a Heiðr, völva di incredibile saggezza, per essere ragguagliato riguardo l'origine e la fine del mondo. A sua volta Heiðr invoca la porzione della sua anima che è nel regno dei morti, o il suo doppio (la frasazione è dubbia a riguardo) lasciandoci la descrizione sia di un complesso Seiðr a scopo divinatorio che dell'elevatissima considerazione in cui era tenuta la figura della völva. Qui compaiono i versi che danno il titolo a questo saggio: "seið hon kunni - seið hòn leikin". L'uso al passivo di "leika" descrive qualcosa o qualcuno che "gioca con" Heiðr, per cui i versi possono essere tradotti come: "conosceva il Seiðr - attraverso il Seiðr era mossa" indicando che Heiðr profetizzasse in uno stato di trance;
Hindluljod (porzione datata filologicamente ca. 1100): "tutte le volur discendono da Viðjolfr, tutti i vitkar discendono da Vilmeiðr, tutti i seðberendr discendono da Svarthofti come tutti i giganti da Ymir". Le ultime due definizioni sono riferite ai praticanti di sesso maschile e non le tratterò qui, ma si è ipotizzato che Viðjolfr (lett. "dente di lupo", Odino?) potesse essere una figura corrispondente o ispirata a Vitulfo, leggendario guerriero che aveva imparato ad utilizzare la magia per curarsi o confondere il nemico (anche qui il parallelismo con Odino è evidente).
Loreta Fasano
domenica 11 ottobre 2020
Seið hòn leikin - parte I
Attorno alla pratica magica del Seiðr aleggia un'aura di mistero, parzialmente giustificata
dall'assenza di un corpus codificato a riguardo. Mi preme sottolineare come questa caratteristica sia comune alla stragrande maggioranza delle pratiche, magiche e mondane, di qualsiasi cultura pre-
medievale: in rarissimi casi siamo così fortunati da esserci imbattuti in testi originali con spiegazioni dettagliate, siti archeologici completamente preservati o tradizioni culturali che siano persistite,
intatte, sufficientemente a lungo da essere registrate in tempi più moderni.
Secondo alcuni questa è scusa sufficiente per presentare pubblicazioni contenenti quel poco che si
legge ovunque senza alcuna fatica di ricerca (il Seiðr è un'arte magica praticata dai Vanir e poi
insegnata da Freja a Odino) e fantasie personali dell'autore, fatte passare sotto l'uscio millantando
incolmabili vuoti di fonti.
Invece, riguardo al Seiðr abbiamo a disposizione numerosi fonti sia scritte (più o meno tardive, ma
tutte passibili di essere scandagliate con gli strumenti filologici e letterari adatti, soprattutto nel caso
della poesia) che archeologiche, che possono essere compenetrate fra loro per fornire un probabile
identikit di questa pratica magica.
Che siate d'accordo o meno con le conclusioni che tirerò a riguardo, tutte le fonti presentate sono
storiche.
Prima di discutere i riferimenti sul Seiðr vorrei spendere due parole sulla sua etimologia, che tornerà
utile nel leggere queste fonti.
Il significato letterario di Seiðr è "corda, stringa": può lasciarci inizialmente perplessi, ma come
vedremo tutti gli effetti del Seiðr si esplicano tramite due meccanismi: il "viaggio" dell'Hamingjur (la
porzione di "anima" dell'incantatrice che poteva lasciare il suo corpo mentre era in vita) che si
dipana dal corpo fisico della völva (l'incantatrice) e l'attrazione a se di nàtturur/galdr (spiriti) come
strumenti e informatori.
In molte saghe di questi si parla come "seiða till sin", "attirati col seidr": un'espressione che richiama
fortemente un legame tramite un filo o una corda che possano essere tirati o emanati.
L'associazione è talmente forte che alcune delle principali studiose del Seiðr (Andrèn, Jennbert,
Raudvere) nel 2004 hanno tenuto un'esaustiva conferenza riguardo alla somiglianza fra gli strumenti
della völva e la filatura, un'analogia suggestiva che vi consiglio di recuperare ma non riguarda
questa trattazione.
Inoltre, poichè nella maggior parte dei casi il Seiðr veniva praticato da donne, qui riporterò solo le
fonti che le riguardano, lasciando il corpus di evidenze della pratica maschile (presente e ben
rappresentato, peraltro) per un articolo successivo.
Loreta Fasano
giovedì 1 ottobre 2020
Cantastorie, guaritori e veggenti
Ma non tutto è perduto.