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domenica 14 novembre 2021

Karjalan kunnailla

Karjalan kunnailla è una canzone il cui testo è stato composto da Valter Juva nel 1902 sulla melodia di un'antica canzone popolare finlandese - si è scelto di realizzarne una traduzione in italiano data la bellezza del suo contenuto.

Ecco qui il testo in finlandese:

Jo Karjalan kunnailla lehtii puu, 
jo Karjalan koivikko tuuhettuu. 
Käki kukkuu siellä ja kevät on, 
vie sinne mun kaiho pohjaton. 

Mä tunnen vaaras ja vuoristovyös 
ja kaskien sauhut ja uinuvat yös 
ja synkkäin metsies aarniopuut 
ja siintävät salmes ja vuonojes suut. 

Siell' usein matkani määrätöin 
läpi metsien kulki ja näreikköin. 
Minä seisoin vaaroilla paljain päin, 
missä Karjalan kauniin eessäin näin. 

Tai läksin kyliin urhojen luo, 
miss' ylhillä vaaroilla asui nuo; 
näin miehet kunnon ja hilpeän työn 
ja näin, miss' sykkii Karjalan syän. 


Segue ora la nostra traduzione in italiano: 

Ecco fiorisce un albero nella terra di Karelia. 
Ecco sʼinfittiscono le foreste di betulla della Karelia. 
Là canta il cuculo - è primavera. 
Porta là questo mio anelito infinito. 

Conosco le tue foreste sulle colline e le tue montagne, 
i fumi dei tuoi débbi[1] e le notti profonde, 
glʼintonsi alberi delle tue foreste, 
i tuoi incombenti stretti e le fauci dei tuoi fiordi. 

Là spesso io ho volto i miei passi. 
Presi quel sentiero fra le foreste e le distese dʼabeti, 
stetti, capelli al vento, fra le foreste sulle colline - 
da lì osservai lo splendore della Karelia svelarsi dinanzi a me. 

Andai poi a trovare le genti di quei villaggi, 
nelle foreste sulle colline, là dove loro vivevano. 
Vidi uomini dal lavorare retto e lieto, 
scorsi dove davvero batte il cuore della Karelia. 

Note: 
- [1] débbio (pl. débbi): pratica agricola volta a rendere fertile un terreno tramite micro-incendi controllati. In allegato una fotografia di un débbio eseguito nella campagna della Karelia. 
 
Fonte: https://ik-inha.org/en/fotografien-von-i-k-inha/


Qui c'è il link che rimanda al nostro canale YouTube dove potete trovare il video da noi realizzato sulla suddetta canzone: https://youtu.be/oQWk6Yjhahs


venerdì 5 novembre 2021

Apologia della storia? - Completo

Condividiamo con i nostri lettori l'articolo completo "Apologia della storia?". Per accedervi basta cliccare sul seguente link:

https://drive.google.com/file/d/1GDbY9XO_N6mbDJMTFH9BsENxrNpbpfMm/view?usp=drivesdk

Apologia della storia? - parte III

È da questa ricerca, il più delle volte involontaria[5], di un razionale incasellamento temporale che sono nati quei mostri di pensiero che attanagliano il nostro nuovo secolo.
Ecco che l’identità diviene un qualcosa di slegato dal proprio sangue e va a legarsi a sovrastrutture come la cultura e il cibo senza tener da conto che entrambi questi fattori sono legati al territorio che plasma l’individuo rendendolo portatore di dati geni. È proprio il territorio, la natura che ha in sé scintilla creatrice in quanto prodotto diretto del divino, che norma il Sangue degli individui e ne definisce l’essenza fisica e anche metafisica in vaste parentele familiari, in parentele così allargate da traversare le nazioni - non a caso si può parlare di indoeuropei.
Si è soliti pensare alla natura come un blocco monolitico che, passatemi il termine dialettale, stazza fissa nel mondo; vi sono invece più nature, fra loro totalmente differenti. Gli estremi della terra divengono estremi del variegato numero di nature possibili. Dalle nevi e i ghiacci dei poli, alle grandi foreste della Mitteleuropa, alla taiga, alla tundra, ai laghi della finnica e dunque magica Karelia, ogni cosa è espressione di quella particolare natura che imprime la scintilla divina sull’uomo che a sua volta ne diviene prodotto.

In conclusione allego il mito nordico della creazione di Búri, prima creatura dalle fattezze umane che generò Borr che poi a sua volta, unitosi alla gigantessa Bestla, genererà i tre fratelli Óðinn, Víli e Vé:

Allora disse Gangleri: “Dove dimorava Ymir? di che cosa viveva?”
Hár rispose: “Non appena la brina si sciolse, da essa prese forma una vacca, chiamata Auðhumla; quattro fiumi di latte sgorgavano dalle sue mammelle e in questo modo essa nutrì Ymir”.
Allora disse Gangleri: “Di che cosa si nutriva la vacca?”
Hár rispose: “Leccava le rocce brinate, che erano salate, e nel primo giorno in cui essa le leccò, da quelle pietre spuntarono a sera i capelli di un uomo, il giorno dopo la testa e il terzo giorno vi fu l'uomo intero. Il suo nome era Búri. Era di bell'aspetto, grande e possente. Generò un figlio chiamato Borr; questi prese in moglie quella donna che si chiamava Bestla, figlia del gigante Bǫlþorn ed ebbero tre figli. Il primo si chiamava Óðinn, il secondo Vili, il terzo Vé, e io so per verità, che Óðinn e i suoi fratelli saranno i signori del cielo e della terra. Noi questo crediamo, che così debba chiamarsi colui che sappiamo essere il maggiore e il supremo, e anche voi potete chiamarlo così”.

- S. Sturluson, Snorra Edda - Gylfaginning paragrafo 6.


Apologia della storia? - parte II

È qui a mio parere l’errore principe di tutto questo odierno ragionare sulle origini, su come queste siano meno importanti per la definizione dell’identità di un individuo; nel momento in cui il concetto di “origini” viene trasportato su di un piano perfettamente storiografico, le stesse origini divengono così ingabbiate in un dato tempo e in un dato spazio - vuoi il passato remoto, vuoi il presente attuale. In realtà le origini di un individuo e di qualsiasi processo storico sono paradossalmente a-storiche dacché trascendono la storia temporale nella quale si muovono e danno così vita a una dimensione altra, che è quella degli antenati. Per meglio spiegare quest’ultimo concetto, riprendo un breve scritto di un mio conoscente:

Tu sei qua grazie a
2 genitori
4 nonni
8 bisnonni
16 trisnonni
32 quadrisavi
64 quintavi
128 esavi
256 eptavi
512 ottavi
1024 nonavi
2048 decavi

Per nascere oggi, partendo da dodici generazioni precedenti, hai avuto bisogno di un totale di 4094 antenati negli ultimi 400 anni. Pensa per un istante quante lotte, quante battaglie, quante malattie, quante difficoltà, quanta tristezza, quanta felicità, quante storie d’amore, quante speranze per il futuro i tuoi antenati hanno attraversato per farti esistere oggi. Onora sempre le tue radici.

Il mito del Sangue - del Sangue come veicolo di tutto ciò che è stato prima di un dato individuo e che trasporterà quest’ultimo nel futuro, rendendolo così parte di un flusso generazionale che sempre si rimesta nell’avanti e nell’indietro - definisce l’individuo nel suo presente come vessillo vivente di tutti i suoi avi passati. È sulla base di ciò che ogni individuo dovrebbe conformare il suo stile di vita, in altre parole “in alto la bandiera!”.

Gli storici tendono ad ascrivere il tempo in grandi categorie di sentimenti, strappando questi ultimi dalla loro Urheimat che è l’uomo - exempli gratia:
Che il rimpianto del passato perduto sia appannaggio della sola epoca romantica, oppure sia espressione principe dell’epoca romantica è quanto di più assurdo si possa asserire: ciascuno di noi è solito piangere chi di a lui caro non è più su questa terra e la lontananza è un qualcosa che strugge, e a volte distrugge, gli animi. Così è sempre stato, così sempre sarà. Se una data corrente storico-ideologica esaspera determinati temi rendendoli manierismo atto a costruire una differente sovrastruttura, ciò non ha nulla, e sottolineo, nulla a che fare con l’essenza dell’uomo che da sempre eterna viaggia al di là della storia attraversandone il flusso.

Apologia della storia? - parte I

È lectio imperante in buona parte del mondo accademico occidentale che guarda alla Francia e all’America che l’identità sia un qualcosa di presente e di legato alla storia dei tempi correnti.

Uno dei cardini di questo pensiero è il paragrafo dedicato a L’idolo delle origini, contenuto nel primo capitolo dell’opera del francese Marc L.B. Bloch nota come Apologia della storia, dove si arriva a definire come idolo della tribù degli storici l’ossessione che essi provano per le origini. Per Bloch l’errore tipico del ricercatore di materia storica - sia egli uno storico, sia egli un filologo - è «[...] quello di confondere una filiazione con una spiegazione»[1].  Ecco che quel prefisso Ur- proprio della Wissenschaft tedesca ed emblema della ricerca di un precedente storico normativo, a detta di Bloch, è impregnato di romanticismo e in tal misura «[...] abbellito dal prestigio di molte nuove seduzioni ideologiche»[2];  a ciò si lega la visione di Bloch secondo cui «[...] il demone delle origini fu forse solo un travestimento di quest’altro diabolico nemico della storia vera e propria: la mania del giudizio»[3]. Soffermandosi sulla religione cristiana Bloch afferma poi come questa sia prodotto storico di un dato tempo nonostante si possa «[...] concepire un’esperienza religiosa che non debba nulla alla storia»[4].
Ora, nonostante a mio parere lo stesso concetto di “storia” sia relativamente fumoso - sono le sue interpretazioni a condizionare le visioni delle varie correnti storiografiche, inclusa la storiografia che seguì a Marc Bloch - è necessario tener da conto come questa impalcatura realizzata da Bloch si limitasse, seppur in maniera non propriamente tale, a una critica della storiografia in sé e non della pulsione che ogni individuo prova per le proprie origini; eppure, se si trascura il metafisico e se si tiene conto del semplice reale immanente che ci circonda, quest’intera impalcatura può essere facilmente smontata dal mondo accademico e trasportata nell’interiore dell’individuo andandone quindi a condizionare l’essenza.

Note:

1 M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2009, p. 91.

2 Id., p. 89.

3 Id., p. 90.

4 Id., p. 89.