La seguente tesina tratterà dell’utilizzo in ambito germanico del termine
arga- e della sua implicazione omosessuale che spesso viene ritenuta comune a tutto il panorama delle lingue e dialetti germanici.
Testimonianze SCANDINAVE
Nelle lingue scandinavo-islandesi dell’epoca medievale, l’aggettivo
argr - nei componimenti poetici e negli scritti aulici, dunque più linguisticamente e stilisticamente posati, si preferiva utilizzare la metastasi eufemistica
ragr - presenta numerose implicazioni semantiche legate fra di loro da uno sfocato significato comune.
La prima di cui V. Santoro ci rende partecipi nel suo scritto riguarda l’idea di
“viltà - codardia” di cui si ha testimonianza in varie saghe islandesi quali la
Gísla saga Súrssonar ( i.e. “Saga di Gísli Súrsson” metà secolo XIII, in essa Gísli sceglie di affrontare un
berserkr e la voce narrante rimarca di come un
argr - ossia un “vile - codardo” - non avrebbe mai computo un simile gesto ) e la
Grettis saga Ásmundarsonar ( i.e. “Saga di Grettir Ásmundarson” seconda metà secolo XIII, in essa Grettir asserisce durante un alterco giovanile che solo un
argr aldri - ossia un “uomo vile - codardo” - rinuncerebbe alla vendetta ). Altro scritto da tenere in considerazione è la norvegese
Karlamagnús saga ok kappa hans ( i.e. “Saga di Carlo Magno e dei suoi errori” fine secolo XIII, in questa raccolta di opere franche sulla figura di Carlo Magno redatta in norreno per re Haakon V di Norvegia vi è un passo in cui il re Kossablin chiede di poter marciare contro Rolando proclamando che mai avrebbe voluto essere apostrofato come
regimaðr - ossia “uomo vile - codardo” - termine che nella trascrizione in islandese della suddetta saga verrà affiancato alla metastasi eufemistica
ragr per descrivere le gesta di un re
ragr sim geit, ossia “codardo come una capra” dove
geit è la controparte femminile del termine che indica il capro ). Questo significato è proprio anche dei composti
argskapr e
ragskapr dove l’utilizzo del suffissoide
-skapi dona ai due aggettivi un’accezione astratta indicante carattere, essenza, condizione, stato.
Nella
Hálfs saga ok Hálfsrekka ( i.e. “Saga di Hálf e degli campioni di Hálf” fine secolo XIII, si utilizza il termine
ragmenn per descrivere gli otto jarlar figli di Úlfr che caddero combattendo contro Hálf e i suoi seppur in netta superiorità numerica ) l'aggettivo
ragr sostituisce alla semplice quanto generica accezione di “viltà - codardia” quella di
“scarsa capacità, inettitudine in battaglia”.
All’idea di “viltà - codardia” nel mondo scandinavo è evidentemente connessa quella di
“non virilità - effeminatezza” basti pensare alla già citata espressione
ragr sim geit, ossia “codardo come una capra”. Già in precedenza si era posto l’accento sul fatto che il sostantivo
geit indicasse un esemplare di sesso femminile e non maschile senza però andare a fondo nella questione; la scelta del suddetto non appare casuale ma ponderata dacché il termine
hafr ( i.e. sostantivo maschile per “capro” ) è legato all’immaginario dell’Ase Þórr, epitome di forza e possanza virile.
Ecco che già si palesa un infelice connubio fra l’aggettivo
argr e la dimensione del femmineo, connubio che si palesa prepotentemente in alcuni carmi dell’Edda Poetica; basti pensare al passo della
Þrymskviða dove proprio l’Ase Þórr si ritrova ad impersonare Freyja indossando abiti femminili per rientrare in possesso del suo martello sottrattogli da Þrymr, signore degli jotnar. In esso Þórr si lamenta di come il resto degli Asi lo avrebbero chiamato
argan ( i.e. “effeminato” ) dacché si era vestito del lino nuziale. Nella Lokasenna Óðinn e Njorðr, irati per le pesanti offese che Loki stava lanciando alle Asinie durante il banchetto organizzato da Ægir, decisero di rispondergli per le rime ricordandogli di come fosse un Ase effeminato dacché si tramutò in giumenta e partorì un cavallo ad otto zampe, Sleipnir, che divenne il destriero di Óðinn. Loki rispose alle accuse restituendo ad Óðinn l’epiteto infelice, accusandolo di praticare arti magiche come le veggenti.
È quindi naturale che l'aggettivo
argr presenti nel mondo scandinavo un’inequivocabile implicazione omosessuale ed in questa veste per gli scandinavi rappresenta senza dubbio l’offesa più grave punibile con la morte ( e.g.
rassragr “culo stuprato”). L’aggettivo
argr in questa connotazione si riferisce ad entrambe le persone coinvolte nell’atto sessuale, senza alcun distinguo fra ruolo attivo e passivo dacché irrilevante.
Il termine
argr può essere usato anche per indicare comportamenti femminili lascivi o incestuosi, basti pensare al composto
arghola presente nella
Hauksbók dove il secondo elemento femminile
hola che solitamente sta a significare “buco - cavità” viene usato in senso traslato per indicare una
donna di malaffare che attraverso dei filtri magici sottrae alle legittime mogli i loro uomini.
Altra implicazione semantica è quella appartenente al lessico giuridico norvegese e dunque legata al temine
argafas che sta ad indicare, secondo l’etimologia proposta da V. Santoro, un
attacco (
fas )
farlocco (
arga ) e dunque minacciato ma non attuato.
Insomma è corretto asserire che l’aggettivo
argr ed il sostantivo
ergi ad esso legato siano impiegati per descrivere un qualcosa di negativo.
Note:
Essendo questa una tesina universitaria svolta per il corso di Filologia Germanica 1A (2018 - 2019) tenuto dalla professoressa Carla del Zotto, ne sono vietati l'utilizzo e la condivisione da parte di terzi non affiliati a questo sito