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lunedì 24 gennaio 2022

Die Bergfestung - Completo

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Die Bergfestung - parte VIII

Conclusioni

     Come si può vedere da quanto sinora detto, la montagna per le genti germaniche non rappresenta solamente un qualcosa di negativo, bensì la sua prima accezione, dacché legata all’etimologia, è spiccatamente positiva; alla stregua di una fortezza, la montagna, con le sue altezze, protegge chi vi dimora. L’amore, come pure l’attenzione per la montagna non è esclusiva degli intellettuali romantici: basti pensare alla poetica del già citato Oswald v. Wolkenstein, sudtirolese che visse a cavallo fra il XIV e il XV secolo.
     L’amore e l’attenzione nei riguardi della montagna sono indissolubilmente legati all’ambiente in cui un individuo nasce e si forma. Seppure su buona parte delle carte geografiche della prima età moderna non vi fossero riportati nomi per i valici o per i massicci montuosi ivi rappresentati, per le popolazioni che li abitavano essi invece portavano nomi mitici ed evocativi. Si pensi al Falzàrego, il cui toponimo è legato alle vicende dei Fanes: il padre della principessa Dolasilla tradì quest’ultima causandone la morte e guadagnandosi l’appellativo di fàlza régo, ossia Lad. per ‘falso re’. Le carte geografiche, spesso opera dell’intellighenzia urbana, erano inevitabilmente slegate dal panorama montano e dalla prospettiva di coloro che abitavano quei luoghi, acculturati o meno che fossero, e dunque non recavano segno di un mondo così lontano dai canoni di chi le aveva create.
     L’ambiente plasma gli individui e questi a esso si rifanno per definire le loro vite, dacché essi ne dipendono. È in questo legame stretto che trova la sua origine una parte dell’essenza degli individui, come pure una parte delle loro coscienze. Con le loro conoscenze, acquisite tramite l’interazione con il territorio, gli individui plasmano quest’ultimo rendendolo fortezza a difesa delle loro vite e dei loro aneliti.

 

 

Bibliografia


Böhme, F.M., Volksthümliche Lieder der Deutschen im 18. und 19. Jahrhundert, Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1895.

Frevert, U., Gefühle in der Geschichte, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2021.

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Jirásek, A., Pargeter, E. (a cura di), Legends of Old Bohemia, London, Paul Hamlyn, 1963.

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Kroonen 2013
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Palmieri, G., GiulianoPalmieri.it. «I Regni perduti dei Monti Pallidi» [In rete] http://www.giulianopalmieri.it/html/regniperduti.htm (14 Dicembre 2021).

Rückert, F., Kranz der Zeit: Band 2, Stuttgart-Tübingen, J.S. Gotta’schen Buchhandlung, 1817.

Silcher, F., Erk, F., Allgemeine Deutsches Commersbuch, Lahr-Leipzig, M. Schauenburg & C. - B.F. Schulze, 1859.

Weiß, W., Wolf, N., Klein, K.K., Salmen, W., Die Lieder Oswalds von Wolkenstein, Tübingen, Max Niemeyer Verlag Tübingen, 1987.

Wessel, W., Loreley. Liedersammlung für gemütliche Kreise, Minden in Westfalen, J.C.C. Bruns` Verlag, 1897.

Wolff, K.F., Leggende delle Dolomiti. Il Regno dei Fanes, Milano, Mursia, 2017.

Wolff, K.F., I monti pallidi, Milano, Mursia, 2019.

Note:
Essendo questa una tesina universitaria svolta per il corso di Storia medievale IV A-B (2021 - 2022) tenuto dal professore U. Longo, ne sono vietati l'utilizzo e la condivisione da parte di terzi non affiliati a questo sito



Die Bergfestung - parte VII

Capitolo IV - La montagna e i Minnesänger

     Uno dei principali Minnesänger operanti sulle Dolomiti fu Oswald v. Wolkenstein [17]. Con buone probabilità nato a Burg Schöneck, nei pressi di Pfalzen in Val Pusteria (BZ), Oswald v. Wolkenstein visse per buona parte della sua vita a Burg Hauenstein, immerso nei boschi ai piedi dello Sciliër.
     La poetica dei suoi Lieder subì l’influsso di quei luoghi, divenendone manifestazione letteraria. Esempio principe di quanto sinora detto è il Lied pastorale, noto con il titolo di Ain Jetterin, di cui ora segue la prima strofa [18] con relativa traduzione e analisi filologico-grammaticale:


 

 

 

 

 

 

 

 

     Il Leitmotiv delle ripide altezze e delle vorticose guglie montane, che più in là nei secoli diverrà uno dei temi centrali dell’universo romantico, appare qui in tutta la sua forza. La montagna è sì lo sfondo bucolico del componimento ma viene anche apostrofata come ‘aguzza’ e ‘aspra’, è insomma una fortificazione perfetta, uno scrigno dove poter celare sé stessi e i propri desideri più reconditi.

 

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[17] Oswald v. Wolkenstein (nato nel 1377 c.ca, forse a Burg Schöneck nella Val Pusteria, morì il 2 Agosto del 1445, Merano). Compositore, poeta e diplomatico.

[18] W. Weiß, N. Wolf, K.K. Klein, W. Salmen, Die Lieder Oswalds von Wolkenstein, Tübingen, Max Niemeyer Verlag Tübingen, 1987, p. 214.

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Die Bergfestung - parte VI

Capitolo III - La montagna e il giardino

     Sempre in Wolff la montagna assume un’accezione particolare, quella di giardino fiorito. Nella leggenda delle rose si narra di come il re dei nani, Laurino, fu sconfitto da Teodorico da Verona in seguito al rapimento della principessa Similda.
     Il regno del re dei nani, sito sulla montagna e delimitato da un sottile filo di seta, era nascosto fra infinite rose; fu lì che il re Laurino nascose per sette anni la principessa Similda. Fu Teodorico da Verona, accompagnato da Vítege e da altri guerrieri, a scovare la principessa prigioniera proprio grazie allo splendore delle rose fiorite che segnalò loro l’ingresso al regno di Laurino. Il nano, adirato, maledisse il suo roseto, tramutandolo in pietra, e «[...] fece un incantesimo, affinché le rose non si potessero più vedere né di giorno né di notte. Ma nel suo sortilegio il re nano aveva dimenticato il tramonto, che non è giorno e non è notte: così ancora oggi, dopo il tramonto, si vedono le rose rosse del giardino incantato» [13].
     Questa leggenda eponima, a essa si deve il nome del massiccio del Rosengarten [14] come pure quello del fenomeno dolomitico dell’enrosadöra [15], fa del giardino montano un luogo manifesto che inganna però l’occhio dell’osservatore casuale, nascondendogli cose e persone, un rifugio a cielo aperto che cresce sulla fortezza.

     Ulteriore fatto degno di menzione è la presenza di una cintura che dona a re Laurino «[...] la forza di dodici uomini» [16]. Elemento comune sia alla traditio germanico-scandinàva, basti pensare alla cintura dell’ase Þórr, sia a quella germanico-continentale, vedasi la cintura che Siegfried deve togliere a Brünhild nel Nibelungenlied, la cintura che dona forza e potenza è un ulteriore punto di raccordo fra il mondo ladino e quello germanico.

 

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[13] K.F. Wolff, I monti pallidi, Milano, Mursia, 2019, p. 24.

[14] G per ‘roseto’.

[15] Lad. per ‘arrossarsi, assumere una sfumatura rossastra’; equivalente del G Alpenglühen.

[16] Ibidem, p. 21.

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Die Bergfestung - parte V

II.3 I dormienti sotto la Montagna
     Il successo indiscusso fra le genti tedesche [8] della Barbarossasage è in buona parte dovuto alla sua materia mitologica. La leggenda riportata dai fratelli Grimm sull’imperatore Friedrich I v. Hohenstaufen è ascrivibile al genere mitologico dei dormienti sotto la Montagna comune a tutti i popoli indoeuropei, nonostante vi siano minime variazioni nelle sue manifestazioni [9]. 
     Un esempio prossimo alle Alpi altoatesine è il ciclo di leggende riguardanti il popolo dei Fanes e la loro regina, Dolasilla, raccolte da Karl Felix Wolff nella sua opera nota con il titolo di Dolomiten-Sagen. Il lavoro di raccolta operato da Wolff e da Hugo v. Ross sul finire del secolo XIX si svolse per lo più nelle zone ladine dell’attuale Alto Adige. La sistemazione del materiale folcloristico così raccolto non fu però delle migliori. Lo stesso Wolff ammise di aver ritoccato le varie testimonianze con lo scopo di cementarle in un ciclo organico di leggende; la sua forte spinta pacifista traspare poi da molti passi, primo fra tutti la fine del discorso della regina dei Fanes dove l’attesa messianica di un futuro di «[...] pace e amore sulla terra» [10] di cui parla la regina è da iscriversi interamente a Wolff e alla sua forte religiosità cristiana.
     Ulrike Kindl realizzò un’opera in due volumi, Kritische Lektüre der Dolomitensagen von Karl Felix Wolff [11], nel tentativo di riportare alla sua pristina condizione il materiale raccolto e corrotto da Wolff, identificando nelle Dolomiten-Sagen tre corpora mitici fra loro indipendenti: il nucleo badioto-ampezzano rappresentato dalle vicende dei Fanes, il nucleo fodóm rappresentato dal tesoro dell'Aurona e il nucleo fassano identificabile con la saga di Lidsanel.
     Nonostante i rimaneggiamenti del Wolff che fecero a lungo dubitare sull’autenticità dei suoi scritti, il nucleo mitico su cui si costruisce la sua opera è reale e ha origini protostoriche. Il conflitto di cui narra la sezione finale della saga dei Fanes, incentrato sullo scontro fra una confederazione di popoli e il regno di Dolasilla, presenta parallelismi con quello portato avanti in quelle zone dai Paleoveneti verso il 900 a.C. ai danni dei rivali di una confederazione di nationes protostoriche risiedenti in un avamposto alpino, posto sul crocevia di rotte commerciali legate a risorse come legname e metallo. Delle tracce archeologiche che restano di questo stanziamento e del successivo conflitto tratta Giuliano Palmieri nella sua opera I Regni perduti dei Monti Pallidi [12].
     Nel quadro del suddetto conflitto che imperversava contro il regno dei Fanes va a inserirsi il mito dei dormienti sotto la Montagna. Il popolo dei Fanes, oramai sconfitto e privato dei suoi eroi ché caduti in battaglia, si nascose nelle viscere delle montagne alpine, in attesa di una futura rinascita.
     Ecco che la montagna diviene fortezza verticale dove rifugiarsi, dormienti, in attesa di un nuovo ciclo. In questo senso il mito dei dormienti sotto la Montagna è diretta derivazione delle antiche usanze di sepoltura indoeuropee: le imponenti masse delle tombe a tumulo dove riposano antichi re ed eroi non sono altro che questo, fortezze dove il defunto porta con sé parte dei suoi averi per la vita che verrà dopo la morte.

 

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[8] F.M. Böhme, Volksthümliche Lieder der Deutschen im 18. und 19. Jahrhundert, Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1895, p. 67:
 
Text von Friedrich Rückert,1815. Zuerst in seinem „Kranz der Zeit“. 2. Bd. Stuttg. und Tübingen 1817, S. 270. In Rückert’s Gedichten I, 1868, S. 168 unter „Zeitgedichte“ 1814-15. Melodie von Jos. Gersbach 1824. Das Lied sammt[sic.!] Weise ist in ganz Deutschland und Oesterreich[sic!] verbreitet und überaus beliebt bei Jung und Alt. In Salzburg sangen es ältere Frauen mir vor, als ich um alte heimische Sagenlieder sie befragte. Als Aufenthaltsort des schlafenden Kaisers nannten sie den nahen „Untersberg“, von welchem dieselbe Bergentrückungssage geht, wie vom Kyffhäuser. - Vergl. über die Sage Liederhort I, S. 49 u. 101.
 
Testo di Friedrich Rückert, 1815. Apparso per la prima volta in Kranz der Zeit. Vol. 2, Stoccarda-Tübingen 1817, p. 270. Successivamente in Gedichten I, 1868, p.168 sotto "Zeitgedichte" 1814-15. Melodia di Jos. Gersbach 1824.
Il Lied, inclusa la melodia, è ampiamente diffuso sia in Germania che in Austria ed è molto popolare tra grandi e piccini. Le donne anziane di Salisburgo me lo cantarono quando chiesi loro informazioni sulle vecchie saghe locali; identificarono poi il vicino "Untersberg" come dimora dell'imperatore dormiente, legandovi racconti di sparizioni simili a quelle del massiccio del Kyffhäuser. - Vergl. über die Sage Liederhort I, S. 49 u. 101.
 
[9] Seguono una serie di esempi da alcune delle mitologie europee, un esempio da quella vedico-indiana e infine un’altro da quella tibetana.

- Europa, Boemia, cfr. Jirásek 1963, pp. 334-338, i cavalieri di Venceslao:
«But beneath the ramparts, deep in the mountain itself, slumbers a company of armed knights, the army of Saint Wenceslas; the slumber and wait until the day shall come when their help will be needed and they will be called to battle» (p. 334) e ancora «In stalls along the wall stood a row of saddled horses, and round stone tables in the hall sat the knights, their heads inclined upon the table. The knights were asleep [...]» (p. 337) e ancora «When the time comes there will be signs to be seen: the tops of the trees will wither and dry up in the forest of Blaník, and on the summit of the mountain an old dead oak-tree will put forth new greenery» (p. 338)
È curioso notare, in quest’ultimo estratto, un elemento principe della mitologia germanica continentale e scandinàva, l’albero di quercia sacro a Donar (i.e. Þórr) le cui foglie sono simbolo di potenza. Un’ulteriore sopravvivenza ascrivibile alla mitologia germanica è rinvenibile nella narrazione della cavalcata dei cavalieri di Venceslao che presenta vistose somiglianze con la Wilde Jagd (i.e. G per “caccia selvaggia”): «[...] by the light of the moon, they ride out from the mountain to a meadow among the forests under the hill. On such nights the hollow thundering of hooves echoes through the air around, the muffled rolling of drums and peal of trumpets» (p. 334)

- Europa, Irlanda, cfr. Gregory 1904, pp. 435, 436, Finn di Cumhal:
«And as to Finn, there are some say he died by the hand of a fisherman; but it is likely that is not true, for that would be no death for so great a man as Finn, son of Cumhal. And there are some say he never died, but is alive in some place yet. And one time a smith made his way into a cave he saw, that had a door to it, and he made a key that opened it. And when he went in he saw a very wide place, and very big men lying on the floor. And one that was bigger than the rest was lying in the middle, and the Dord Fiann beside him; and he knew it was Finn and the Fianna were in it» (p. 435) e ancora «But some say the day will come when the Dord Fiann will be sounded three times, and that at the sound of it the Fianna will rise up as strong and as well as ever they were. And there are some say Finn, son of Cumhal, has been on the earth now and again since the old times, in the shape of one of the heroes of Ireland» (p. 436)

- Europa, Austria, cfr. Grimm 1816, p. 33, Carlo I detto Magno:
Nel capitolo 28 delle Deutsche Sagen si racconta di come Carlo I detto Magno, sovrano dei Franchi, riposi attorniato dai suoi principi sotto l’Unterberg[sic!] - in realtà Untersberg - massiccio sito nei pressi di Salisburgo.

- Asia, India e Tibet, cfr. Geoffrey 2005, p. 165, Viṣṇu e Ge-sar di gLing:
Seppure nel caso di Ge-sar di gLing, come pure per quanto concerne la figura del dormiente Viṣṇu nella Bhagavad Gītā, il rifugio sia celeste e non ctònio, è sempre un qualcosa di elevato a dare protezione.
«King Ge-sar has a miraculous birth, a despised and neglected childhood, and then becomes ruler and wins his (first) wife 'Brug-mo through a series of marvellous feats. In subsequent episodes he defends his people against various external aggressors, human and superhuman. Instead of dying a normal death he departs into a hidden realm from which he may return at some time in the future to save his people from their enemies»
 
[10] K.F. Wolff,  Leggende delle Dolomiti. Il Regno dei Fanes, Milano, Mursia, 2017, p. 89.
 
[11] U. Kindl, Kritische Lektüre der Dolomitensagen von Karl Felix Wolff: Band 1 & 2, San Martin de Tor, Istitut Ladin Micura de Rü, 1983.
 
[12] G. Palmieri, M. Palmieri, I Regni perduti dei monti pallidi, Verona, Cierre, 1996.

G. Palmieri, GiulianoPalmieri.it. «I Regni perduti dei Monti Pallidi» [In rete] http://www.giulianopalmieri.it/html/regniperduti.htm (14 Dicembre 2021):

Con la collaborazione dei ricercatori del Museo di Selva di Cadore, si è proceduto alla possibile verifica topografica ed archeologica dei miti, giungendo a risultati che ne hanno dimostrato le radici storiche nelle tre fasi più antiche, mentre per quella finale, riguardante l’occupazione romana, si stanno concludendo le analisi.


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Die Bergfestung - Parte IV

II.2 La reazione della poetica romantica alla Barbarossasage
     L’opera dei fratelli Grimm e il Barbarossa-Lied di Rückert generarono un’enorme sensation fra gli intellettuali romantici appartenenti agli stati tedeschi, i quali si appropriarono del materiale mitico sublimandolo ed esasperandolo in un turbinio di sensazioni estemporanee che andavano a conformarsi al desiderio collettivo di unificazione. Esempio principe di cui fa menzione Ute Frevert nella sua opera Gefühle in der Geschichte [7] è il poeta romantico Heinrich Heine:

 
 
 
 
 
Mettendo da parte le trattazioni legate alla poetica romantica, è d’uopo concentrarsi sulla matrice mitica comune sia alla Barbarossasage che al Barbarossa-Lied.

 

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[6] U. Frevert, Gefühle in der Geschichte, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2021, p. 180.

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Die Bergfestung - parte III

II.1 Il Barbarossa-Lied di Rückert e le fonti
     Il Barbarossa-Lied di Rückert prende le mosse da una leggenda riportata dai fratelli Grimm nel primo volume della loro opera Deutsche Sagen del 1816, oggi nota con il nome di Barbarossasage, di cui segue un estratto con testo in lingua tedesca affiancato dalla sua traduzione:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I fratelli Grimm continuano il capitolo [6] dedicato a Friedrich I v. Hohenstaufen e alla sua leggenda dando alcuni esempi di resoconti popolari legati alla figura dell’imperatore dormiente:


 
 
 
 
 
Ecco che il massiccio del Kyffhäuser, da semplice cima di una catena montuosa, diviene fortezza - Schloß in Rückert - e rifugio del dormiente Barbarossa.

 

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[6] Gebrüder Grimm, Deutsche Sagen: Band 1, Berlin, Nicolaischen Buchhandlung, 1816, pp. 29, 30.

Seguono qui le fonti che i fratelli Grimm riportano in apertura del capitolo 23 sul Barbarossa:
Agricola Sprüchwort 710. | Melissantes Orogr. v. Kyffhausen. | Teuzel monatl. Unterr. 1689. S. 719. 720. | Prätorius Alectryomantia p. 69. | Dessen Weltdeschr. I. 306. 307.

 
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Die Bergfestung - parte II

Capitolo II - Fortezza Montagna

     Un esempio legato al concetto di Bergfestung, di Fortezza-Montagna e in parte riferibile alla corrente del tardo romanticismo tedesco, è quel componimento poetico scritto dal filologo Friedrich Rückert (1788-1866) pubblicato nel 1817 con il titolo di Barbarossa e contenuto nel secondo volume della raccolta di Lieder nota come Kranz der Zeit [3].
     Nel suddetto Lied, Rückert presenta al lettore un Friedrich I v. Hohenstaufen non più semplice imperatore mortale dell’Heiliges Römisches Reich ma un Friedrich I v. Hohenstaufen che è custode immortale della dignità imperiale: sovrano che dorme di un sonno eterno, è lì che attende senza sosta di poter tornare dal mondo altro e ctònio del ventre della Montagna al mondo dei vivi e di poter ivi restaurare lo splendore del Reich di cui è diretta incarnazione ed emanazione. Segue ora l’originale in lingua tedesca, seguito dalla sua traduzione:

 

- Barbarossa -

Der alte Barbarossa,
der Kaiser Friedrich,
im unterird’schen Schlosse
hält er verzaubert sich.

Er ist niemals gestorben,
er lebt darin noch jetzt;
er hat im Schloß verborgen
zum Schlaf sich hingesetzt.

Er hat hinabgenommen
des Reiches Herrlichkeit,
und wird einst wiederkommen,
mit hir, zu seiner Zeit.

Der Stuhl ist elfenbeinern,
darauf der Kaiser sitzt;
der Tisch ist marmelsteinern,
worauf sein Haupt er stützt.

Sein Bart ist nicht von Flachse,
er ist von Feuersglut,
ist durch den Tisch gewachsen,
worauf sein Kinn ausruht.

Er nickt, als wie im Traume,
sein Aug’ halboffen zwinkt;
und je nach langem Raume
er einem Knaben winkt.

Er spricht im Schlaf zum Knaben:
«Geh hin vors Schloß, o Zwerg,
und sieh, ob noch die Raben
herfliegen um den Berg.

Und wenn die alten Raben
noch fliegen immerdar,
so muss ich auch noch schlafen
verzaubert hundert Jahr»

 

- Barbarossa -

Il vecchio Barbarossa,
l’imperatore Federico,
in una rocca, sotto terra,
incantato lì sta.

Egli non è affatto morto,
tutt’oggi vive ancora là;
nascosto, in quella rocca,
lì siede a riposar.

Con sé, laggiù portò
lo splendore dell’impero;
torneranno entrambi assieme,
quando il loro tempo verrà.

Lo scranno su cui egli siede
è fatto di bianco avorio;
la tavolata su cui riposa il suo capo
è fatta di petroso marmo.

La sua barba non è certo di lino
ma di rosse braci è intrecciata,
crebbe lungo quella tavolata
su cui il suo mento egli posò.

Annuisce, quasi come in un sogno,
con il suo occhio socchiuso fa cenni;
così, attraverso quel lungo salone,
chiama a sé un fanciulletto.

Seppur dormiente, così gli parla:
«Corri, o nano, fuori da questa rocca
e guarda se per caso i corvi volino
ancora sulla cima della montagna.
 
Se quegli antichi corvi
ancora stan lì a volare,
allora, incantato, dovrò dormire
per altri cent’anni ancora»

 

     Nel 1824, il compositore Joseph Gersbach (1787-1830) musicò il Lied di Rückert. Sul finire della prima metà del secolo XIX venne improntata una seconda edizione musicale in forma di corale laico a due voci del suddetto componimento; autore della melodia che da lì in poi rimarrà indissolubilmente legata al Lied di Rückert fu il compositore tedesco Friedrich Silcher (1789-1860). Ne segue la prima versione pubblicata nei primi del 1859 da Silcher con il titolo dell’originale, Barbarossa [4]:

Spartito riconvertito dall’autore tramite software di scrittura musicale Finale 2011®


     Sia il Lied di Rückert che le sue due edizioni musicali diedero preziosa linfa vitale a quell’anelito di unità che caratterizzava il panorama politico-culturale dei vari stati tedeschi. Con la capitolazione della seconda Francia napoleonica e la conseguente proclamazione a Versailles, il 18 Gennaio 1871, del Deutsches Kaiserreich con a capo Wilhelm F.L. I der Große, si raggiunse il coronamento del sogno dell’unificazione tedesca, unificazione che venne portata a compimento sotto la guida prussiana del trio ‘Otto E.L. v. Bismarck-Schönhausen, Helmuth K.B. v. Moltke, Albrecht T.E. v. Roon’. In seguito a questa vittoria, il testo del Barbarossa-Lied di Rückert venne ampliato con svariate aggiunte volte a commemorare la rinascita dell’Impero [5].

 

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[3] F. Rückert, Kranz der Zeit: Band 2, Stuttgart-Tübingen, J.S. Gotta’schen Buchhandlung, 1817, pp. 270, 271.

[4] F. Silcher, F. Erk, Allgemeine Deutsches Commersbuch, Lahr-Leipzig, M. Schauenburg & C. - B.F. Schulze, 1859, pp. 292-294.

[5] Seguono ora due aggiunte al testo originale, la prima anonima, la seconda opera di C. Nourney:
 
W. Wessel, Loreley. Liedersammlung für gemütliche Kreise, Minden in Westfalen, J.C.C. Bruns` Verlag, 1897, p. 9.
 
So hat er lang geschlafen, | sechshundertachtzig Jahr, | da flogen fort die Raben | und um den Berg ward´s klar. || Der Alte ging zu Raste | vor Wilhelms Kaiserpracht; | statt Raben auf dem Aste, | der Adler hält jetzt Wacht.
 
A lungo egli aveva dormito, | per seicento e ottant’anni, | volarono via allora i corvi, | si rischiarò attorno alla montagna. || Il vecchio andò a ristorarsi | dinanzi alla dignità imperiale di Guglielmo; | al posto dei corvi sul ramo, | è l’aquila che ora è lì di guardia.
 
T. Göcker, Des Knaben Liederschatz- Eine Sammlung geistlicher und weltlicher Volkslieder, Bielefeld-Leipzig, Velhagen & Klasing, 1887, p. 115.
 
Einst kam zu ihm gelaufen der alte kleine Zwerg: „O Kaiser, nicht mehr rauschen die Raben um den Berg.‟ || Da wacht aus seinen Träumen der alte Kaiser auf: „Wohlauf denn ohne Säumen, du deutsches Land, wohlauf! || Jetzt soll im Glanz erscheinen des alten Reiches Macht; noch heller denn von Steinen, soll glänzen seine Pracht!‟ || Der Kaiser ruft’s - geschwinde erhebt er sich, der Greis, hoch weht sein Haar im Winde, sein Haar ist worden weiß. || Hurra dem deutschen Kaiser! tönt’s nun von Ort zu Ort; Hurra! uns läßt nicht Waisen der alten Deutschen Hort!
 
Un giorno però da lui giunse correndo quel piccolo vecchio nano: „O imperatore! I corvi non più volano attorno alla montagna.‟ || Si ridestò allora dal suo sognare il vecchio imperatore: „Avanti allora senza indugio, o terra tedesca, avanti! || Già rifulge di splendore la possanza dell’antico impero; ancor più fulgida delle gemme, risplenderà la sua dignità!‟ || L’imperatore a gran voce ciò dichiara - veloce egli s’alza in piedi, il vegliardo, i suoi capelli al vento, quei suoi capelli che bianchi son diventati. || Viva l’imperatore dei tedeschi! [Il grido] risuona in ogni parte. Viva! Il difensore dei tedeschi di un tempo non ci ha abbandonati!
 
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Die Bergfestung - parte I

Introduzione

La montagna fu sempre e solo caratterizzata negativamente nell’immaginario pre-romantico?
Se così non fosse, è possibile fornire un esempio a sostegno di ciò?
Quanto è importante il contesto ambientale nello sviluppo dell’immaginario pre-romantico riguardante la montagna?

Sono queste le tre domande cui intende rispondere questa tesina, concentrandosi, come si evince dal sottotitolo, sul mondo germanico e sull’idea di montagna come fortezza - in G sost. F. Bergfestung, composto del sost. M. Berg ‘montagna’ e del sost. F. Festung ‘fortezza’.
Verranno trattate fonti del periodo romantico tedesco, fonti novecentesche contenenti leggende d’areale dolomitico e fonti d’epoca medievale d’areale sudtirolese.


Segue ora una legenda delle abbreviazioni usate. 

- Abbreviazioni delle lingue:
Arm. ⟹ ‘armeno’
Av. ⟹ ‘avestico’
Du. ⟹ ‘olandese’
E ⟹ ‘inglese’
Far. ⟹ ‘faroese, feringio’
G ⟹ ‘tedesco’
Go. ⟹ ‘gotico’
Hitt. ⟹ ‘ittita’
IE ⟹ ‘indoeuropeo’
Lad. ⟹ ‘ladino’
Lith. ⟹ ‘lituano’
MHG ⟹ ‘medio alto tedesco’
OCS ⟹ ‘slavo ecclesiastico antico’
OE ⟹ ‘anglosassone’
OFri. ⟹ ‘antico frisone’
OHG ⟹ ‘alto antico tedesco’
OIr. ⟹ ‘antico irlandese, goídelc’
ON ⟹ ‘antico nordico’
OS ⟹ ‘antico sassone’
PIE ⟹ ‘proto-indoeuropeo’
Skt. ⟹ ‘sanscrito’

- Abbreviazioni linguistiche:
s.v. ⟹ ‘verbo forte’
‘id.’ ⟹ ‘significato identico al precedente’


Capitolo I - Etymologiæ

     Il sostantivo tedesco Berg m. ‘montagna’ presenta un evidente legame etimologico con il sostantivo tedesco Burg f. ‘castello, fortezza, roccaforte’ dovuto alla comune ascendenza di cui Guus Kroonen, linguista e filologo danese, rende conto in tre voci del suo dizionario etimologico della lingua proto-germanica [1], più precisamente *berga-, *bergan- e *burg-. Segue ora la traduzione delle suddette operata dall’autore di questo scritto.

cfr. Kroonen 2013, p. 60:

*berga- m./n. 'montagna' - ON bjarg, berg n. 'id.', OE beorg m. 'id.', E barrow, OFri. berch m. 'id.', OS berg m. 'id.', Du. berg c. 'id.', OHG berg, berag m. 'id.', G Berg m. 'id.' ⇒ *bherǵh-o- (IE) - OIr. bri f. 'collina, piana' < *bhrǵh-eh2-; Arm. barjr agg. 'elevato', Hitt. parku- agg. 'id.' < *bhrǵh-u-; Skt. bṛhánt-, Av. bǝrǝz(ant)- agg. 'elevato' < *bhrǵh-ent-.
Anche cfr. Go. bairgahei f. 'area montagnosa' < *berg-ah-īn-.

*bergan- s.v. 'tenere (al sicuro)' - Go. bairgan s.v. 'preservare, proteggere, tenere', ON bjarga w.v. 'salvare, aiutare', OE beorgan s.v. 'salvare', Du. bergen s.v. 'nascondere; salvare/recuperare', OHG bergan s.v. 'proteggere, nascondere', G bergen s.v. '(con)tenere, recuperare, salvare/recuperare' ⇒ *bhérgh-e- (EUR) - OCS brěšti (brěgǫ) '(pre)occuparsi' < *bhérgh-e-; Lith. bìrginti 'salvare' < *bhrgh-néh2-; OIr. commairge f. 'protezione, sicurezza' < *ḱom-bhorgh-ieh2-.
          Dato l’evidente legame etimologico con *berga- 'montagna', è possibile ricostruire il significato originario del verbo come 'posizionare in alto', da cui 'tenere al sicuro', cfr. *burgjan- e *burg-. Eppure quanto sinora detto sembrerebbe improbabile, dato che le velari a-palatalizzate del OCS brěšti (brěgǫ) '(pre)occuparsi' e del Lith. bìrginti rimandano alla radice *bhergh- 'tenere al sicuro' che differisce dalla radice PIE *bherǵh- 'elevato'. Il legame con le forme balto-slave può quindi essere mantenuto solo presumendo che quest’ultime siano dei prestiti dal germanico.


cfr. Kroonen 2013, p. 85:

*burg- f. 'luogo fortificato, cittadina' - Go. baurgs f. 'id.', ON borg f. 'cittadina; cittadella; collinetta', Far. borg f. 'castello; cittadina', OE burg f. 'città', E borough, OFri. burch, burich m. 'castello; città', OS burg f. 'id.', OHG burg f. 'id.', MHG burc f. 'id.' ⇒ *bhr(ǵ)h- (IE).
          Nominalwurzel [2] imparentata sia con *berga- 'montagna' < *bherǵh-o- che con *bergan 'tenere al sicuro' < *bhérgh-e-; le sue proprietà formali e semantiche rendono plausibili entrambe le etimologie.


È dunque manifesto come i tre termini proto-germanici *berga- 'montagna', *bergan- 'tenere (al sicuro)', *burg- 'luogo fortificato, cittadina' e i loro discendenti siano fusi fra loro in un’unione linguistica che è sopravvivenza del rapporto felice delle popolazioni germaniche con la montagna, elemento naturale che ai loro occhi incarnava l’idea di protezione e sicurezza. 

 

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[1] G. Kroonen, Etymological Dictionary of Proto-Germanic, Leiden-Boston, Brill, 2013.
 
[2] cfr. E root noun, It. nome primario o radice nominale

Note:
Essendo questa una tesina universitaria svolta per il corso di Storia medievale IV A-B (2021 - 2022) tenuto dal professore U. Longo, ne sono vietati l'utilizzo e la condivisione da parte di terzi non affiliati a questo sito