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domenica 22 novembre 2020

Il paganesimo germanico nella musica Rock - parte VI

Per quanto venga indiscutibilmente riconosciuto come un capolavoro del genere, Blood Fire Death resta un lavoro di transizione, sia sul profilo musicale che su quello concettuale; ottima partenza verso uno stile più maturo che sarà raffinato nei dischi successivi.  
Hammerheart del 1990 e Twilight Of The Gods del 1991, difatti, parlano da soli. 
Sulle copertine troviamo ancora due magnifici pezzi d’arte: il dipinto Funerale d’un vichingo di Frank Dicksee sul primo e la foto d’un suggestivo tramonto di montagna, ad opera dei fotografi Ridgew & Kihlborg, sul secondo. 
I temi trattati sono talmente palesi e immediati che è sufficiente riportare, tradotti nel nostro idioma quando possibile, i titoli delle tracce più rappresentative dei due album: Valhalla, La casa dei fu valorosi, Nel sangue attraverso il tuono, Sotto le Rune e Il crepuscolo degli Dèi, ovvia citazione all’opera di Richard Wagner
Sebbene il compositore tedesco e la cultura nordico-germanica fossero di grande ispirazione anche per gli americani Manowar, Quorthon ha sempre negato d’esser stato influenzato da altri artisti Metal per la creazione dei propri lavori, difendendo in maniera fin troppo stoica l’originalità della propria musica.
Risulta difficile credere a suddette affermazioni, tenendo anche conto del fatto che gli evocativi cori presenti nel repertorio anni ‘90 dei Bathory si possono scovare, pressoché identici, nelle tracce Thor (The Powerhead) del 1984 dei Manowar, e Heathens From The North del 1981 degli Heavy Load.
Originali o ispirate poco importa, sta di fatto che suddette tematiche diventano un marchio di fabbrica del gruppo - che ormai ha assunto i connotati d’un vero e proprio progetto solista, con Quorthon come unico autore ed esecutore d’ogni brano – e verranno solo saltuariamente abbandonate in sporadici e deludenti tentativi di proporre qualcosa d’alternativo.
Altro lavoro da citare obbligatoriamente è il concept-album - opera i cui testi sono collegati da una trama comune - Blood On Ice del 1996, che pur peccando d’una qualità di registrazione non proprio eccelsa, si annovera tra i migliori lavori del progetto, e regala brani meritevoli d’attenzione come:
Il vecchio con un occhio solo, che racconta dell’incontro tra il protagonista della storia e il dio Odino;
Il Lago, in cui il protagonista emula il sacrificio di Odino per poter attingere dalla fonte della conoscenza; 
Dèi del tuono, del vento e della pioggia, dedicata alla “trinità” pagana composta da Thòrr, Odino e Freyr.
La carriera dei Bathory si conclude con gli album Nordland I (2002) e Nordland II (2003), primi capitoli d’una quadrilogia rimasta purtroppo incompiuta, poiché, citando il commediografo greco Menandro: “muore giovane chi è caro agli Dèi”, e questo fu proprio il caso di Thomas Börje Forsberg, che si spense per un arresto cardiaco a soli 38 anni.
 
L’importanza di Quorthon, e della sua creatura Bathory, per l’Heavy Metal e per il paganesimo germanico è davvero incalcolabile. Attraverso la sua musica, Thomas ha fornito agli appassionati di questo genere la via d’accesso definitiva per la riscoperta dei culti antichi e della vera spiritualità europea. Grazie a lui, dagli anni novanta in poi, ragazzi e fanatici di tutte le età hanno iniziato ad indossare amuleti raffiguranti il martello di Thòrr, e ad interessarsi alle proprie origini, alla storia dei propri padri e della propria terra.
La sua eredità è stata fortunatamente raccolta da altri che hanno proseguito il discorso da lui iniziato, che ha portato alla nascita di sottogeneri straordinari della musica Rock come il Viking, il Folk e il Pagan Metal, dove le tematiche spirituali pagane sono un requisito fondamentale.
Questa musica supporta da decenni la diffusione della vera fede europea.
 
Concludo questa parte dell’articolo salutando questo grandioso artista, artefice indiscusso della rinascita pagana nella musica moderna, citando un suo testo che (secondo il parere di chi scrive) può essere considerato, a tutti gli effetti, uno dei primi esempi di “preghiera etena moderna”:
 
" So che vegli su di me 
Padre di tutto ciò che è passato 
e di tutto ciò che sarà.
 
Sei il primo e l'ultimo
osservatore di tutto ciò che vive,
guardiano di tutto ciò che è morto,
il Dio con un solo occhio che lassù
governa il mio mondo ed il cielo.
 
Vento del Nord, porta la mia canzone in alto
nella Sala della Gloria, in cielo
così che le sue porte m'accoglieranno spalancate
quando arriverà per me il tempo di morire."
 
Song to Hall Up High (1990)
 
HAIL ODINN! HAIL QUORTHON! HAIL BATHORY! 
 
 
Luca Russomanno, in collaborazione con le vie di Wodanaz  

sabato 21 novembre 2020

Il paganesimo germanico nella musica Rock - parte V

Prima di proseguire il discorso iniziato nelle precedenti parti dell’articolo, e focalizzarsi sui contenuti prettamente spirituali di quei sottogeneri di Rock che trattano di paganesimo germanico, occorre tracciare una breve ma essenziale panoramica sull’ambiente musicale Metal degli anni ottanta, al fine di avere un quadro generale della situazione ed una buona comprensione dell’argomento trattato.
 
I tanto amati “80s” vengono universalmente considerati il decennio d’oro dell’Heavy Metal; oltre al cospicuo numero di band valide che si muovevano nel sottobosco, le classifiche musicali dell’epoca erano intasate da artisti delle varianti più melodiche del genere. 
Prendiamo ad esempio gli Stati Uniti, dove i già nominati Manowar, pur essendo molto apprezzati e avendo cifre considerevoli in termini di vendite, rimanevano comunque un fenomeno di minore portata rispetto ai connazionali Mötley Crüe, Poison e Bon Jovi, appartenenti ai movimenti Glam, Hair e Pop Metal.
Le motivazioni son da ricercarsi nel tipo di proposta concettuale: la musica suonata dai Manowar in quegli anni, pur non discostandosi troppo in termini di sound da quello dei colleghi succitati (si veda l’album Fighting The World) ed essendo abbastanza fruibile anche dai non-maniaci del Metal, aveva un approccio ideologico decisamente più duro e massiccio; testi inneggianti alla gloria dell’eroica morte in battaglia riscuotevano di sicuro meno consensi rispetto a versi sulla vita facile e spensierata, sugli eccessi alcolici, e sullo sfrenato divertimento sessuale.
Questo e molti altri fattori hanno contribuito alla nascita, nell’ambiente “underground” – dove da adesso in avanti si svilupperanno le vicende di nostro interesse – di una schiera di fanatici sempre più esigenti ed intransigenti, che non accettavano compromessi e che bramavano una forma di Metal il più primordiale, dura e pura possibile.
 
Spostiamo il discorso in Svezia, dove la percezione comune di musica Metal del tempo, rappresentata da degli Europe forti del singolo di successo planetario The Final Countdown, rendeva arduo all’adolescente Thomas Forsberg il reclutamento di musicisti per il suo progetto di musica estrema.
Il progetto aveva nome Bathory, dal cognome della sanguinaria contessa ungherese Erzsébet, e nel 1987 aveva all’attivo tre album dal discreto successo - oggi considerate vere e proprie pietre miliari iniziatrici del movimento Black Metal, di cui si tratterà in maniera approfondita nelle successive parti dell’articolo - dalle liriche che spaziavano dai già noti satanismo e anti-cristianesimo, ai film dell’orrore, all’occultismo ed esoterismo di stampo fumettistico. 
Il giovane Thomas però, che per tutta la sua troppo breve carriera adottò il criptico nome d’arte di Quorthon, incuriosito dalla storia e dalle tradizioni della propria terra, decise di dare una svolta significativa ai propri lavori, sia sul piano musicale che su quello ideologico; svolta riscontrabile sin dalla copertina del quarto album Blood Fire Death (1988), dove al posto delle solite grafiche horror, troviamo il maestoso dipinto Asgardsreien del pittore norvegese Peter Nicolai Arbo, raffigurante la mitologica tradizione europea della “Caccia Selvaggia”, qui capitanata dal dio Thòrr che brandisce il martello Mjollnir.
È facile individuare nei testi e nei titoli delle tracce le nuove tematiche pagane, che in questo primo esperimento affiancano solamente quelle anticristiane abituali.
Essendo Quorthon un artista dotato d’una intelligenza vivace, ha inoltre nascosto un’ulteriore sberleffo ai culti monoteisti nella tracce The Golden Walls of Heaven e Dies Irae: se si legge la prima lettera d’ogni verso dei due testi, nel primo si trova la parola SATAN (Satana) ripetuta otto volte, nel secondo si legge la frase CHRIST THE BASTARD SON OF HEAVEN (Cristo, il figlio bastardo del cielo).

 

Luca Russomanno, in collaborazione con le vie di Wodanaz 

venerdì 20 novembre 2020

Il paganesimo germanico nella musica Rock - parte IV

Ben altro discorso riguarda gli statunitensi Manowar, pressappoco contemporanei agli Heavy Load, e colleghi nello stile musicale, ma decisamente più famosi.
Appassionati di storia e mitologia, ed estimatori del compositore tedesco Richard Wagner, sin dai primi lavori dedicano numerosi testi alle battaglie del passato e all’onore guerriero.
Ispirati, per l’appunto, più da tematiche wagneriane che da artisti Rock passati e presenti, nei primi anni d’attività incidono brani come Gates of Valhalla e Thor (The Powerhead), che non credo necessitino d’approfondimento – anche qui è quantomeno obbligatorio segnalare che i Manowar porteranno avanti il discorso approfondendolo soprattutto nei lavori più recenti, ma anche qui ci troviamo di fronte a brani e dischi rilasciati in annate in cui le tematiche pagano-germaniche sono ampiamente consolidate nell’ambiente Metal.
Altro caso significativo riscontrabile sul suolo statunitense è quello dei Manilla Road, meno conosciuti dei Manowar ma egualmente affascinati dai conflitti bellici del passato e dalle culture europee.
Anche in questo caso, sin dalle primissime incisioni, gli esempi sono numerosi; in special modo l’amore per il mondo vichingo viene esternato dal fatto che in breve tempo, il simbolo più riconoscibile della band diverrà un evocativo quanto ingenuo (e un po’ pacchiano) elmo cornuto.

Tornando nella vecchia Inghilterra, patria indiscussa della musica Hard ‘n’ Heavy, si possono trovare altri sporadici riferimenti a battaglie ed incursioni vichinghe, meno palesi ma di sicuro non meno interessanti; utili per delineare quanto, all’epoca, determinati argomenti coinvolgessero anche artisti che in futuro non li avrebbero mai veramente approfonditi.
Come i Motörhead di Deaf Forever (1986), che al solito regalano versi essenziali e d’impatto:

“I cavalli urlano, sogno vichingo
eroi affogati in un lago di sangue.
Pugno armato, polso tagliato
lance spezzate in un mare di fango.”


o i Saxon di Warrior (1983) che ne parlano sotto una nuova, terrorizzata, ed anche un po’ stereotipata prospettiva:

“Attraccano sulla tua costa,
buttano giù la tua porta,
invasori da oltre il mare.
Stuprano e massacrano
tua moglie e tua figlia
[…]
vengono con il tuono
per uccidere e depredare,
saccheggiano le ricchezze della tua terra.”


Scavando sempre più a fondo nel sottobosco Heavy Metal di quegli anni, gli esempi diventano via via più frequenti e palesi.
Tra i più noti, possiamo citare: i brani Thor-Thunder Angel (1983) degli inglesi Battleaxe e Valhalla (1986) degli americani Crimson Glory; l’album The Son Of Odin (1986) dei londinesi Elixir; il risibile progetto musicale del culturista canadese Jon Mikl Thor – attivo addirittura dal 1977 - ed il gruppo statunitense Viking, formatosi nel 1986.
Dopo aver analizzato suddetti casi, si può affermare con tranquillità che, partendo dagli anni ’70, la storia e i culti delle antiche popolazioni germaniche hanno iniziato lentamente a prosperare all’interno del panorama Rock internazionale.
È unanimemente riconosciuto però, che la vera svolta la si avrà soltanto nella seconda metà degli anni ‘80, quando un (ormai) noto progetto musicale svedese, che trae il nome da una sanguinaria contessa ungherese, lascerà una traccia indelebile nella storia del Metal ed in quella della rinascita dei culti pagani, facendo sposare ufficialmente due mondi che hanno sempre amoreggiato in maniera più o meno clandestina.

 

Luca Russomanno, in collaborazione con le vie di Wodanaz

giovedì 19 novembre 2020

Il paganesimo germanico nella musica Rock - parte III

Il finire degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 hanno visto la trasformazione dell’Hard Rock in Heavy Metal. 
In quegli anni le differenze fra i due stili musicali erano minime e non degne di nota, eccezion fatta forse per la stoica opposizione di alcuni artisti Heavy Metal verso i culti giudaico-cristiani. 
È pur vero che, nei vari sottogeneri del Rock anni settanta, erano già presenti gruppi che dimostravano fascinazioni non indifferenti per la figura di Satana, principale avversario dei culti abramitici - esempi incontrovertibili sono gruppi come i Coven o i Black Widow – ma con l’affermarsi dell’Heavy Metal si è passati definitivamente alla fase successiva.
Riassumendo: il Rock ‘n’ Roll, da sempre etichettato come musica pericolosa e satanica, ha timidamente ammesso “Beh si, sono satanista…” e l’Heavy Metal ha aggiunto un fiero “…e me ne vanto!” a conclusione della frase.
Sul satanismo (o presunto tale) nella musica Rock si sono scritti innumerevoli testi ed articoli; è una parentesi che suscita ancora oggi stimolanti osservazioni e meriterebbe un discorso a parte, ciò che ci interessa è che parallelamente ad esso, in maniera forse più velata ma non meno forte, si è sviluppata nella musica Metal un altro tipo di opposizione ai summenzionati culti monoteistici.
 
Le prime liriche riguardanti il paganesimo germanico e la cultura nordica sono senz’altro imputabili agli svedesi Heavy Load, e dato il loro paese d’origine, non ci si stupisce più di tanto.
Tra i testi del loro album d’esordio del 1978 spicca sicuramente quello dell’ultima traccia, Son of the Northern Light, che è abbastanza eloquente:
 
“Thor cavalca nuovamente il cielo
ascolta il tuono, avverti il dolore.
Quando sentiamo i pagani piangere
estraiamo la spada, e i cristiani moriranno.
Avverti il dolore! Avverti il dolore!
 
Stanotte il Papa striscerà nel proprio sangue,
la testa di Gesù sta per rotolare,
i guerrieri cristiani hanno stuprato la terra
ed io sto piangendo da quando sono nato.
Avverti il dolore! Avverti il dolore!” 
 
Il risentimento verso il cristianesimo è palese, ed interessante è notare come i successivi versi sembrino riprendere il discorso dei Led Zeppelin, riproponendo addirittura quasi gli stessi versi del quartetto inglese:
 
“Valhalla, credo di star arrivando,
Valhalla, credo di star tornando da te.
Veniamo dalla terra del sole di mezzanotte
occhi blu e capelli biondi, meglio che fuggi.
Il vento sussurra racconti andati
su come abbiamo combattuto, su come abbiamo vinto.” 
 
Tale discorso prosegue rinforzandosi nei lavori successivi, con brani come, tra i tanti, Heathens from the North, Singing Swords e Roar of the North. La band adotta inoltre, sulle copertine dei propri dischi, quello che sembra essere un guerriero berserker – o un combattente vichingo generico secondo l’immaginario dell’epoca - come propria mascotte ufficiale. 
Sfortunatamente la proposta musicale degli Heavy Load non attecchisce più di tanto, portando la band a sciogliersi e riformarsi svariate volte durante la prima metà degli anni ottanta, senza riuscire a trovare una vera e propria stabilità o una qualche risonanza nel resto del mondo
 
 
Luca Russomanno, in collaborazione con le vie di Wodanaz 

mercoledì 18 novembre 2020

Il paganesimo germanico nella musica Rock - parte II

A prescindere dalle motivazioni, in breve tempo altri artisti seguirono l’esempio degli Zeppelin.
 
I loro amici, colleghi e compatrioti Jethro Tull composero, nel 1975, la gradevolissima Cold Wind to Valhalla, dove sembrano quasi alludere ad una pecunia di uomini valorosi e meritevoli nell’era moderna, in quanto - citando letteralmente il testo - raccontano di come le Valchirie tornino “a mani vuote” nella “desolazione del Valhalla”.
Proprio come gli Zeppelin, neanche i Tull hanno mai adottato una chiara e definita posizione religiosa; è interessante però notare come questi ultimi siano stati tra i primi e più rappresentativi esponenti del connubio tra Hard Rock a musica Folk, che si sarebbe evoluto svariati anni più tardi nel Folk Metal, sottogenere dell’Heavy Metal in cui le tematiche pagane fanno da padrone.

Rimanendo sul suolo inglese, ulteriore esempio è fornito dalla lunga ed articolata The Gates Of Delirium, vera e propria suite musicale la cui durata supera i venti minuti, incisa nel 1974 dal gruppo di Rock progressivo YES. Pur essendo anch’essi spiritualmente di larghe vedute, e pur avendo loro stessi ammesso che l’ispirazione principale nella stesura del brano è stato il libro “Guerra & Pace” di Lev Tolstoj, ascoltando versi come “i nostri Dèi si risvegliano in tonanti boati” è difficile non immaginarsi una battaglia vichinga.

Portando un ultimo esempio fuori tempo massimo, i Black Sabbath (altra formazione inglese) nei decenni successivi diedero alle stampe l’album TYR, disco ingiustamente sottovalutato ed interamente intitolato al Dio nordico del conflitto – è doveroso precisare che suddetto album è datato 1990, anno in cui le tematiche pagane nordico-germaniche erano già ampiamente utilizzate in svariati sottogeneri della musica Rock.
 
 
Luca Russomanno, in collaborazione con le vie di Wodanaz

martedì 17 novembre 2020

Il paganesimo germanico nella musica Rock - parte I

La seconda metà del Novecento ha assistito a due fenomeni d’incredibile portata: l’avvento della musica Rock e il risveglio dei culti europei precristiani, specialmente di quella frangia del paganesimo riguardante le credenze nordico-germaniche.
Questi fenomeni, entrambi troppo importanti per essere esclusi dagli eventi significativi della nostra epoca, sono inevitabilmente finiti per incontrarsi e fondersi, generando così un notevole e crescente interesse verso determinate tematiche negli amanti delle forme più estreme del Rock ‘n’ Roll.
Non a caso, gran parte dei pagani risvegliatisi negli ultimi anni, ha trovato la propria iniziazione spirituale proprio grazie alla musica.
Prima di dilungarsi trattando l’enorme parentesi dell’Heavy Metal - genere estremo della musica Rock che conta innumerevoli artisti che non solo hanno abbracciato gli antichi culti, ma ne hanno fatto il proprio vessillo e marchio di fabbrica - è bene spendere qualche parola sul Rock classico dei ruggenti anni ’70, dove si possono trovare i primi esempi dell’incontro tra musica moderna e credenze arcaiche.

Partiamo dall’esempio più noto, il brano Immigrant Song dei britannici Led Zeppelin, datato proprio 1970, che può essere considerato il primo palese apripista verso questo genere di tematiche, con le sue liriche che raccontano di paesaggi innevati e incursioni vichinghe:

“Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve
dal sole di mezzanotte dove le calde sorgenti sgorgano,
il martello degli Dèi guiderà le nostre navi verso nuove terre
a combattere le orde, cantando e piangendo
Valhalla sto arrivando.”


Le stesse tematiche saranno ancora affrontate dal quartetto nell’evocativa No Quarter del 1973:

“Chiudi la porta, spegni la luce
no, non torneranno a casa stanotte.
La neve cade forte e… non lo sai?
I venti di Thor soffiano gelidi.

Indossano acciaio tanto splendente e forte,
portano notizie che devono arrivare,
scelgono il sentiero che nessuno percorre,
non hanno nessuna pietà.”


La scelta del gruppo di trattare suddetti temi deriva non tanto da un interesse storico/religioso quanto da una fascinazione per il misticismo, l’occultismo e l’esoterismo; fascinazione confermata sia dal fatto che, nel 1971, ogni singolo componente della band adottò come proprio logo e firma un simbolo occulto (derivato da sigilli alchemici e runici) personalmente rivisitato, sia dalla forte passione del chitarrista Jimmy Page per gli scritti dell’esoterista Aleister Crowley.
 
 
Luca Russomanno, in collaborazione con le vie di Wodanaz

sabato 14 novembre 2020

Sul Male

Il Male viene anch’esso dagli Dèi? 


Tutti noi, almeno una volta, ci siamo posti questa domanda affrontando le avversità che la vita, in questo come altri tempi, ci pone innanzi. 

La risposta è tutt’altro che semplice, ma possiamo provare ad analizzarla nella maniera più chiara possibile. 

Partiamo da un presupposto: nessun Dio della nostra tradizione è malvagio, nemmeno lo spesso vituperato Loki, ma tutti contribuiscono al mantenimento dell’ordine cosmico ed in questo ordine vi è posto per ogni cosa del creato, per la gioia come per la tristezza, per il piacere come per il dolore. 

Possiamo quindi affermare che nessun Dio farebbe mai del male fine a se stesso ma potrebbe tramite questo compiere un’opera utile al mantenimento dell’ordine cosmico, e quindi fare del bene. 

Wodanaz potrebbe permettere, o addirittura favorire, la morte in battaglia di un suo prescelto perché questo possa unirsi ai ranghi degli Einherjar fra le aule del Valhöll, così facendo egli agisce in maniera giusta poiché porta a compimento il Wyrd dell’uomo prescelto per quanto, ad un occhio prettamente umano, questo possa sembrare difficile da capire. 

Esiste quindi il Male? Assolutamente si, ma non è dagli Dèi che viene, molte sono le entità e le creature che si muovono nel nostro mondo di mezzo, ed alcune di esse possono essere di natura malvagia o compiere, per proprie motivazioni, azioni di questo tipo. 

Rune, amuleti e segni sono protezioni valide contro queste minacce ma questo è un altro argomento che tratteremo, separatamente, in un altro articolo.


Gli Dèi, quindi, sono giusti. 

Essi sono i custodi dell’ordine e del caos necessari e vegliano sui mondi così come un padre ed una madre vegliano su una famiglia, agendo talvolta in maniera dura ma sempre, in definitiva, per un superiore bene.