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domenica 31 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte IX

 
   In conformità all’aspra natura della zona che, con le sue abbondanti precipitazioni e le sue aride terre, può solamente offrire ai coloni una vita dura e secondo lo stile di vita riservato e diffidente degli isolati agricoltori dei masi, l’ornamentazione delle Schwarzwaldhäuser è senza pretese; quest’ultima è limitata all’occasionale configurazione dei supporti così come pure alle iscrizioni, alle benedizioni, ai simboli di prosperità (Heilszeichen) cristiani e precristiani sugli architravi delle porte, sugli angolari e sui supporti. Tutto ciò fa fede alla forma mentis appena descritta come pure alla consapevolezza che ne deriva ma al tempo stesso rivela parte dell’immaginario di chi abita la Foresta Nera. L’ornamentazione non ha il solo scopo di abbellire l’ambiente ma anche quello di benedire sia l’edificio che i suoi occupanti e di scacciare ogni male. Ciò include anche quei misteriosi simboli magici, afferenti a remoti usi rituali, incisi sulle porte e sui muri delle aie che tanto affascinano e stregano quegli individui predisposti e propensi alla magia.
   Oltre a quei segni con tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici o dodici punte che null’altro sono se non croci complesse - i cosiddetti ‘nodi delle streghe’ o ‘del Diavolo’ - vi era il quadrato del Sator che, comparso sin dal primo secolo cristiano, fu spesso usato nella Foresta Nera come vettore magico sino all’ultimo secolo (leggasi fine XIX secolo). 
   Nel leggere questa enigmatica formula da in alto a sinistra verso destra o verso il basso, da in basso a destra verso verso sinistra o verso l’alto si otterrà sempre il termine “SATOR”. Leggendo quest’ultima parola al contrario, si ha “ROTAS”. Il termine “AREPO” che compone la seconda riga restituisce all’inverso “OPERA” e il termine “OPERA” della penultima colonna invece se letto al contrario dà “AREPO”. La parola “TENET” che si trova lungo gli assi mediani del quadrato magico è palindroma; i due “TENET” vanno a tracciare il simbolo cristiano di salvezza, la croce, attorno a cui si raggruppano le restanti lettere.
 


 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

sabato 30 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte VIII

 
   Un’altra eccezione è la Hotzenhaus. La differenza è però solamente esteriore in quanto l’edificio in legno veniva coperto da un cappotto in pietra che va a sottrarre alla vista dell’osservatore il suo stile tipico da Foresta Nera. Per via di ciò la Stube non andava ad appoggiarsi alle pareti perimetrali e l’edificio andava così a perdere l'Erker che solitamente è presente in ogni Schwarzwaldhaus.
   Inoltre, l’aspetto esterno e la struttura interna degli edifici nei pressi dell’area metropolitana del fiume Wiese differiscono, seppur di poco, da quelli delle „Heidenhäuser“. Le ragioni di ciò sono già state esposte in precedenza. Questa tipologia abitativa, che si presenta spesso all’escursionista con il suo maestoso profilo fra i pendii dello Schauinsland, è nota nella letteratura con il nome di „Schauinslandhaus“. È semplice da riconoscere dal posizionamento lungo la cresta di un pendio, dall’entrata posta lungo il Walmseite [16] dell’edificio e dalle lunghe falde del tetto a padiglione che sporgono al di sopra dell’ingresso
 
 
Note:
[16] Sezione spaziale sottostante l’estremità delle falde di un tetto a padiglione.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272. 

venerdì 29 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte VII

 
   Nel complesso, ogni Scharzwaldhaus degna di questo nome non è altro che un vero e proprio capolavoro d’ingegneria del legno per via della lucidità artistica e della completa armonia caratterizzanti sia la sua struttura esterna che la sua intrinseca essenza. L’osservatore avverte di come quest’edificio debba il suo aspetto non soltanto alla mera abilità tecnica dell’artigiano ma soprattutto alla sensibilità che questi ha per le forme. I carpentieri della Foresta Nera divennero maestri nella lavorazione del legno grazie a uno spirito d’osservazione che quasi rasenta la meraviglia e a un attento approccio alla forma del legno e alle sue proprietà. Tutto ciò che da questi venne creato è al tempo stesso spontaneo e semplice. 
   Posati su traversine supportate da montanti, i massicci pilastri venivano incastrati fra loro con gli assi a formare il telaio che, dopo esser stato avvolto dalle pareti e la copertura del tetto, andava a disegnare nello spazio - secondo le tecniche costruttive gotiche, vale a dire quelle medievali - l’imponente figura della Scharzwaldhaus.
   La Kinzigtäler Haus invece veniva realizzata secondo un metodo costruttivo che differiva da quello originario appena descritto. Nella suddetta tipologia abitativa erano solo le pareti ad essere erette secondo la prassi medievale e gli interni rivelavano, come già in precedenza indicato, una costruzione molto evoluta per il XV secolo. Persino un profano rimarrebbe colpito da questa nuova tipologia costruttiva. Quest’ultima raggiunge la sua massima espressione in quell’imponente copertura alta e spaziosa che è tipica della Kinzigtäler Haus il cui equilibrio fra carico e forza resistente era raggiunto tramite pochi e semplici accorgimenti, in un chiaro assemblaggio a regola d’arte.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.  

giovedì 28 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte VI

 
La suddetta abitazione è un qualcosa di più di un semplice riparo contro le intemperie o di una mera accozzaglia di locali da cui svolgere un’attività produttiva. Ponderando, riflettendo, pianificando e modellando, il contadino della Foresta Nera assieme con il carpentiere davano vita a un’opera d’arte lignea (Holzkunstwerk), a una „Holzwesen“ [11] come sono soliti definirla là nella Foresta Nera. La Schwarzwaldhaus è un’opera d’arte sia negli esterni - basti pensare ai ben assortiti rapporti di massa dell’intera struttura, come pure alla Milchhäusle [12] sul fontanile e agli splendidi motivi architettonici dell’Erker (Fenstererker) [13] e del portico (Laubengang) - che negli interni - basti pensare alla calda e spaziosa Stube dallo stile accogliente e al contemplativo „Herrgottswinkel“ [14], alla Stegenkasten [15] e soprattutto al soffitto a cassettoni della Stube posato sulla travatura così come al telaio audacemente eretto, impregnato dello spirito dei tempi passati. L’intera struttura e i particolari sono ben concepiti in quanto semplici e funzionali. È sufficiente dare un’occhiata alle porte: tasselli in legno con teste ben sagomate sono inchiodati nelle loro tavole con un’angolazione tale da mantenere quest’ultime in costante tensione per scongiurarne la deformazione. Si può poi porre l’accento su quanto sia efficace, e al tempo stesso economica, la struttura a ritti e panconi studiata in base alle specifiche del legno e alle necessità costruttive. Nella loro essenza disadorna e senza tempo, le pareti esterne appaiono ben fatte: conferiscono all’esterno quel senso di robustezza proprio di ogni Schwarzwaldhaus e danno al visitatore quella piacevole sensazione di autenticità locale e di intimità con il territorio e, una volta al loro interno, un forte senso di sicurezza.
 
 
Note:
[11] Holzwesen: sost. f. dialettale, lett. ‘creatura di legno’.
[12] Milchhäusle: sost. f. dialettale, lett. 'casetta del latte', elemento tipico del fontanile di un maso. Il fontanile spesso era realizzato in prossimità di una fonte sotterranea la cui acqua veniva convogliata nello stesso tramite l’ausilio di tubi in legno (Deucheln). Giunto nel fontanile tramite il Brunnenstock, il flusso d’acqua fredda (avente temperatura di 3-4° C) fluiva in una casupola chiusa, la Milchhäusle per l’appunto, allo scopo di creare un refrigeratore naturale dove poter conservare dal caldo estivo il latte, il burro, il formaggio, il sidro e altre pietanze:
 

 
 
[13] Erker: struttura aggettante alle pareti esterne di un edificio che crea lo spazio necessario a proiettare all’esterno della muratura una data finestra:
 

 
 
[14] Herrgottswinkel: sost. m. dialettale, lett. ‘angolo del crocefisso’, ossia una sorta di cantuccio realizzato nell’angolo fra due pareti della Stube che accoglie un crocefisso.
[15] Stegenkasten: stretta scalinata chiusa fra due pareti.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272. 

mercoledì 27 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte V

 
   Alcune fra le altre tipologie abitative prediligono invece una posizione più aperta - vuoi su di una collina o nei pressi di un’alta valle glaciale (Talschulter) - altre ancora si stringono alla cresta del pendio; eppure il contadino, usufruendo di una rampa, riesce sempre a entrare nella soffitta dell’abitazione con il suo carro ricolmo di fieno. Ciascuna tipologia di Schwarzwaldhaus offre, con le sue enormi sezioni triangolari - vuoi a scandole, vuoi in paglia - del tetto e le loro lunghe ombre, con le ricercate inglesine (Sprossenwerk) delle finestre che riflettono i raggi solari, con l’imponente struttura lignea unita alla sua costruzione tangibilmente solida, una magnifica vista per nulla facile da dimenticare. 
   Un maso della Foresta Nera era composto da un edificio principale avente una sezione abitativa, una stalla e un granaio siti sotto lo stesso tetto e spesso vi erano anche un magazzino, un forno o una distilleria, una macina, un ricovero per il bestiame (Viehhütte) o un piccolo rifugio (Berghäusle) e infine una segheria e una cappelletta. L’insieme comprendeva, assieme con i verdi prati e i campi coltivati a varie strisce di colore nel mezzo della scura foresta, tutto quel che visivamente poteva esser inteso come elemento tipico della Foresta Nera. Tutto ciò è frutto del lavoro ponderato del fiero e consapevole contadino della Foresta Nera: i campi, i prati, i pascoli e la porzione di foresta a questi prossima - il „Wun und Wayd, Trib und Tratt“, come un tempo veniva chiamato dagli antichi catasti [8] - appartenevano al „Lebsitzer“, ossia al ‘feudatario’ (Lehensbesitzer, qui inteso come 'possessore di feudo', ossia di un dato territorio economicamente produttivo), insomma al suddetto contadino. Il suo spiccato senso d’indipendenza personale e la sua refrattarietà a qualsivoglia ingerenza esterna spesso spingevano il contadino a non recarsi neppure dagli artigiani; erano quest’ultimi che invece gli si presentavano dinanzi quasi alla stregua degli ambulanti [9] e fra questi vi era anche lo Spannmeister, termine con cui a volte ancora oggi si designa il carpentiere. Se questi si fosse presentato al contadino, entrambi avrebbero attentamente deciso in perfetto accordo il da farsi; durante una „Herrenessen“ [10] il progetto di costruzione veniva infatti esposto ed esaminato. Proprio da ciò nasce l’abitazione del contadino, quel suo ‘mondo piccolo’ che, con la sua struttura semplice e limpida, diviene a buon diritto involucro della sua essenza; in essa si riflette appieno il carattere dell'agricoltore di un maso alpino.
 
 
Note:
[8] Güterverzeichnissen, ossia lett. 'cataloghi di beni (mobili e immobili)'.
[9] «[...] auf die „Stör“ [...]» (p. 266), dove Stör è ted. arch. per ‘spostarsi, viaggiare’.
[10] Ricevimento serale con annessa cena.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

martedì 26 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte IV

 
   Lo scopo di questo scritto non è quello di descrivere nel dettaglio le varie tipologie abitative quanto quello di concentrarsi sulle caratteristiche generali delle Bauernhäuser della Foresta Nera e alcune caratteristiche di forma e altre peculiarità. Le differenze, legate alla storia del paesaggio (Landschaftsgeschichte), al contesto economico e alla vicinanza spaziale con altre tipologie abitative, verranno solamente tratteggiate con accenni.
   Ciascuna Schwarzwaldhaus si erge solitaria nel mezzo del proprio podere, come un maniero (Edelsitz), tanto che il suo proprietario può trarre pieno vantaggio da un simile posizionamento, con la creazione - ad esempio - di brevi strade di servizio e una gestione e una progettualità rispetto al territorio libere dalle ingerenze di ipotetici vicini. Il sito di costruzione viene scelto sulla base di aspetti sia pratici che economici. L’edificio si trova per la sua maggior parte circa al di sotto di una roccia impermeabile da cui sgorga una sorgente (Quellhorizont), sul limitare fra i campi che si trovano a valle e i sovrastanti prati a pascolo che si susseguono fra loro. Questa ripartizione fra colture è data anche dalla presenza di una strada maggiore, al di sotto della quale le abitazioni si trovano allineate a intervalli irregolari; i suddetti edifici con i loro ‘fianchi’ imponenti - così vengon chiamate le sezioni triangolari del tetto lungo le pareti minori - a volte si trovano in prossimità del fondovalle, altre volte invece sbucano per metà dai profili delle montagne fra frassini, sorbi selvatici e tigli nostrali. Spesso le mura di queste abitazioni affondano un poco nel terreno dei declivi; per via di ciò le gronde del tetto seguono impercettibilmente il profilo del suolo e l’edificio si lega indissolubilmente alla terra, tanto da sembrare parte integrante della natura circostante. Nelle più antiche „Heidenhäusern“, come pure nei tipi Kinzigtäler e Gutacher, le linee di colmo del tetto corrono parallele al profilo dei declivi. Le „Heidenhäuser“, essendo più basse rispetto al resto dei tipi abitativi della Foresta Nera, appaiono tozze e pesanti, quasi fossero imprigionate al suolo, seppur all’interno siano calde ed accoglienti.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

lunedì 25 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte III

 
   Questa rassegna delle tipologie abitative proprie della Foresta Nera risulterebbe incompleta se fra le varie dimore degli ex-contadini, degli artigiani, dei ‘mercanti della foresta’ (Waldgewerbler) [5], dei taglialegna (Waldarbeiter) e dei braccianti giornalieri - ruoli che erano bastevolmente diffusi tempo fa - non menzionassimo le loro forme minori. Su modello della „Heidenhaus“ e della Kinzigtäler Haus, nell’areale delle suddette si vennero a creare edifici di dimensioni ridotte che quasi ricordano la casetta di marzapane di ‘Hansel e Gretel’. La versione ridotta dell’Hotzenhaus è pressoché scomparsa del tutto dal paesaggio della foresta; quest’ultima era una fedele riproduzione della Mutterhaus, seppur di proporzioni ridotte. Nel bacino idrografico del fiume Wiese [6] la versione ‘a grandezza naturale’ della Schauinslandhaus lì diffusasi, si conservò. Quest’ultima, secondo le nuove funzioni che assunse in quanto abitazione di taglialegna che allevavano anche bestiame, venne però a mutare in un edificio a più unità abitative (Mehrparteienhaus) seppure la sua massiccia copertura, a uno sguardo frettoloso, la facesse apparire come una semplice casa colonica. Anche la Gutacher Haus fu mutata in un edificio a due unità abitative (Doppelhaus) per piccoli agricoltori e non. Questa Doppelwohnhaus con la cucina nel mezzo del Walmseite [7], sulla base del profilo di quest’ultimo, divenne la prediletta dagli orologiai che all’incirca dal 1730 in poi fecero la loro comparsa nella struttura sociale della media Foresta Nera. 
 
 
Note:
[5] Il sost. m. plur. „Waldgewerbler“ va a indicare quegli individui, fra cui zattieri e carbonai, che ricevevano diretto sostentamento dalla foresta.
[6] Fiume che nasce nella Foresta Nera, dai monti Feldberg e Belchen, per poi sfociare nel Reno dopo 50 km c.ca.
[7] Sezione spaziale sottostante l’estremità delle falde di un tetto a padiglione.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

domenica 24 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte II

 
   Nella regione dell’Ortenau, verso il 1200, erano diffuse due tipologie abitative. Nella zona dei vecchi attraversamenti del Reno (Rheinübergänge), fra il fiume Selz e il comune di Gerstheim, rispettivamente a nord e a sud di Strasburgo, si diffusero le cosiddette Kniestockhäuser [3]. Nelle alture circostanti e nella stessa Strasburgo, così come in tutto l’Alto Reno, ad eccezione della zona antistante la suddetta zona di frontiera, primeggiava invece l’ancor più antica Firstsäulenhaus. Tuttavia fu proprio in quel periodo, a incominciare da Strasburgo, che la struttura a travatura massiccia (Firstsäulenbauweise) iniziò ad essere surclassata dall’armatura a telaio (Rahmenzimmerung); quest’ultima consentiva di fare a meno dei grandi pilastri portanti (Firstsäulen) e rendeva più semplice l’erigere la struttura. All’epoca, sia la struttura a parete portante perimetrale (Kniestockbauweise) che l’armatura a telaio (Rahmenzimmerung) erano una novità. Giunti nella loro nuova Heimat, nella foresta, queste due nuove concezioni furono fuse assieme dai coloni dell’Ortenau in un sistema costruttivo senza precedenti, che venne adattato alle imprescindibili necessità del luogo. Sulla base dell’areale di questo tipo costruttivo - si può parlare di ‘tipo’ in quanto il suddetto incarna con la sua struttura un nuovo concetto di edificio - l’Autore ha scelto per quest’ultimo il nome di „Kinzigtäler Haus“ [4].
   Sul margine orientale della Foresta Nera, in quel che un tempo fu il Ducato del Württemberg, il suddetto Stato saldamente retto contribuì nel XVI secolo, con i suoi stringenti regolamenti per l’edilizia e per la prevenzione degli incendi, alla creazione di una terza tipologia abitativa. Nacque da ciò la „Gutacher Haus“, così chiamata dalla valle in cui questo edificio si conquistò la nomea di „Schwarzwaldhaus“ per eccellenza.
   Nella sezione meridionale della Foresta Nera furono invece i rapporti di buon vicinato con la Confederazione Elvetica di un tempo a rendere antiquata la Firstsäulenhaus medievale, di cui però non mutò la struttura originaria. A ciò si lega la diffusione, lungo le pendici meridionali della Foresta Nera, dell’Hotzenhaus, di cui possiamo trovare un equivalente nella Strohhaus del Canton Argovia, e della Schauinslandhaus avente un equivalente originatosi nel Mittelland di Lucerna. Bisogna infatti tener da conto di come parti dell’odierno Canton Argovia e del Land di Hauenstein - vale a dire di quell’area che oggi siamo soliti chiamare Hotzenwald - appartenessero a una sezione amministrativa dell’Austria Anteriore. In più va ricordato di come al tempo delle lotte religiose e delle faide contadine elvetiche, così come pure al tempo della guerra dei Trent’anni, l’areale della Schauinslandhaus fosse divenuta meta prediletta di esuli provenienti dalla Confederazione Elvetica.
   La frammentazione territoriale che un tempo caratterizzava la Foresta Nera fu la causa della diversità delle leggi da cui la disuguaglianza del diritto successorio. Quanto sinora detto, in congiunzione con le aspirazioni culturali dei contadini e la natura del territorio, generò una serie di forme miste e transizionali in aggiunta ai cinque tipi base già citati, la cui bellezza va a coincidere con la loro estrema funzionalità ed economicità, con la conoscenza pratica e la fantasia artistica fuse assieme in una così naturale semplicità - in breve, esse sono l’ultimo frutto maturo dell’essenza di un’intera terra. 

 
Note:
[3] Tipologia abitativa così chiamata dal Kniestock, ossia ‘parete portante perimetrale’.
[4] Ossia ‘casa della valle del Kinzig’. Il fiume Kinzig scorre nel Land Baden-Württemberg.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

sabato 23 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte I

 
   La Schwarzwaldhaus è la componente più importante e iconica della Foresta Nera in quanto indissolubilmente legata al concetto di Foresta Nera. Se uno fotografasse qualche conifera su di un verde pascolo, magari accostata a qualche mucca, l’immagine che ne risulterebbe potrebbe essere stata scattata in qualsivoglia zona di media montagna tedesca. Se invece il fotografo, vuoi per caso vuoi di proposito, arricchisse la suddetta fotografia con una casa - un "maso" della Foresta Nera dal maestoso tetto a padiglione - composta da un granaio e da una macina, fors’anche da una cappelletta, non vi sarebbe più alcun dubbio, sia per i locali che per il visitatore di passaggio: è questo il tipico quadretto da Foresta Nera. Solamente la Schwarzwaldhaus conferisce a una simile veduta quell’intimo fascino che, agli occhi di uno straniero, la rende un’apprezzata meta turistica e che, agli occhi di chi vi abita, la rende veramente casa. 
   La Foresta Nera presenta molte particolarità. Là insolite sorprese attendono l’attento escursionista; vi si ritrova una ricchezza culturale che ha la sua più chiara espressione nelle svariate tipologie di Schwarzwaldhäuser, sviluppatesi a partire dalla natura e dalla storia del paesaggio della Foresta Nera. Per l’osservatore, scegliere la più bella fra le varie tipologie di case, sarebbe davvero difficile. In ciascuna di queste si sublimano allo stesso tempo il passato e il presente così come pure l’essenza del paesaggio e lo spirito del costruttore. 
   Tutte queste cose hanno contribuito alla strutturazione delle Schwarzwaldhäuser ché lo sviluppo di una data tipologia abitativa è un processo più che complesso, un processo che tutt’ora è in divenire. Ogni tipologia abitativa è in continuo rinnovamento, un rinnovarsi che ai giorni nostri, a differenza dei tempi passati, corre lungo strade avulse dalla tradizione a una velocità davvero preoccupante. Per quanto concerne la questione dei suoi abitanti, è necessario tenere conto del fatto che la Foresta Nera venne popolata soltanto verso la fine del XII secolo da quei coloni lì giunti dalla città di Brisgovia, dall’Ortenau [1] e dalle Gäulandschaften orientali.
   Quei coloni provenienti da Brisgovia e dalle estremità orientali della foresta portarono con loro la cosiddetta Firstsäulenhaus [2], tipologia abitativa che senza dubbio alcuno era comune a quelle zone almeno sin dall’inizio dello stanziamento nella Foresta Nera e che si sviluppò ulteriormente in quell’edificio, imponente per forma e dimensioni, conservatosi sino al tempo presente. La contezza di questo antico edificio rimase viva fra gli abitanti della Foresta Nera: i suddetti sono soliti raccontare di come questa tipologia abitativa fosse stata concepita dai pagani, per via di ciò gli diedero il nome „Heidenhaus“ ossia 'casa dei pagani'. Ovviamente agli abitanti della Foresta Nera è noto che questi edifici non vennero eretti da pagani, seppur il termine „Heidenhaus“ sembri sostenere ciò. Piuttosto, con il suddetto termine, intendono sottolineare la veneranda età e la singolarità di questo sistema costruttivo che invero risale ai tempi del primo stanziamento nella foresta.
 
 
Note:
[1] Regione a destra dell’Alto Reno e a ovest della Foresta Nera.
[2] Tipologia abitativa così chiamata dal Firstsäule (anche ted. Hochsäule. In svizzero e alemanno: Stud, Hochstud o Firststud), massiccia travatura in legno impostata su grandi pilastri tipica dell’architettura altomedievale tedesca che va a sorregerne la struttura.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da: 
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

domenica 3 gennaio 2021

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte III

Una domanda sorge spontanea: come mai la sua figura è stata oggetto di damnatio memoriae? Il “dono di Dio”, che durante la sua esistenza terrena passò dalla condizione di “semplice” thiudans (re) degli Ostrogoti a quella ben più onerosa di rex Italiae, ebbe l’incombenza di scontrarsi con due papi, e cioè Simmaco e Giovanni I, di cui il primo fu rimosso grazie a un sinodo di vescovi compiacenti e il secondo venne addirittura incarcerato.
Di fatto anticipò qualche vicenda di un altro gigante della Storia, ossia Federico II di Svevia: con lui ha condiviso, seppur in circostanze spazio-temporali diverse, il titolo di re d’Italia e l’antipatia del Papato (si ricordino a tal proposito le scomuniche contro il falco di Svevia e la definizione di “anticipatore dell’Anticristo” da parte del papa Gregorio IX).
In seguito alla sua morte e alla paranoia che l’ha contraddistinto negli ultimi anni, tale per cui a farne le spese fu lo sventurato Boezio di cui sopra, il papato organizzò un’efficace macchina del fango postuma oltraggiandone salma e memoria. Gregorio Magno arrivò a dire che il tiranno era stato fatto precipitare nel cratere dello Stromboli e il Carducci, secoli dopo, ne La leggenda di Teodorico, asseriva più o meno la stessa cosa.
“Quivi giunto il caval nero/ Contro il ciel forte springò/ Annitrendo; e il cavaliero/ Nel cratere inabissò.” (da La leggenda di Teodorico, libro VI delle Rime Nuove)

 

Articolo di Giulia Re

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte II

Ad ogni modo, lui dominava due popoli diversi per cultura, origini e indole ed era necessaria una convivenza civile ed armonica. Per questa ragione promulgò l’Edictum Theodorici che si componeva di 154 capitoli comprensivi di leges (costituzioni imperiali) e iura (massime giurisprudenziali). 

“Poiché i Goti con l’aiuto divino abitano fra voi, affinché non sorgano, come suole avvenire, liti, abbiamo creduto necessario mandare in mezzo a voi, in qualità di comes, un uomo egregio e notoriamente integro. Egli, secondo i nostri editti, giudicherà le liti per i Goti. Nel caso di liti fra Goti e Romani si aggregherà un magistrato romano e giudicherà con equità. Nelle liti fra i Romani, questi ubbidiscano ai giudici da noi inviati nelle province perché a ciascuno sia resa giustizia secondo un’unica legge. Così, con l’aiuto divino, tutti e due i popoli godranno insieme i benefici della pace. E sappiate che noi amiamo tutti indistintamente, ma prediligiamo coloro che più degli altri sono ossequenti alle leggi. Noi non tollereremo illegalità e violenza e appunto perché noi vogliamo eliminare gli odi noi paghiamo i giudici e manteniamo tanti uffici. Come comune è il governo che vi regge, così siano comuni i vostri sentimenti. E i vostri sentimenti siano quelli che noi desideriamo. Voi, Goti, siate vicini ai Romani nell’amore come loro vicini siete nei beni e voi, Romani, amate molti i Goti che in pace accrescono il vostro popolo e in guerra vi difendono. Perciò voi ubbidirete al giudice che vi è inviato e osserverete le sentenze che secondo il diritto pronunzierà. Così comportandovi, ubbidirete a me e insieme farete l’utile vostro.” 

Così si esprimeva Teodorico nella formula Comitiva Gothorum indirizzata ai Romani da cui si evince la sua road map
Si può parlare di convivenza multietnica durante il suo regno senza scadere in fuorvianti etichette come quelle del mondo moderno: ai Romani affidò la cultura e l’amministrazione, ai Goti l’ordine pubblico e la difesa e ai Greco-Bizantini le opere pubbliche e l’arte. Risolse egregiamente anche il problema religioso presente in Italia in quanto era forte la differenza fra i cristiani cattolici e i cristiani ariani, a cui lui peraltro apparteneva; divise chiese e battisteri fra le due confessioni.
Si meritò anche il titolo di amator fabricarum et restaurator civitatum in quanto si prese cura di parecchie città, tra cui Pavia, Verona, la stessa Roma e soprattutto Ravenna. In un’epoca erroneamente considerata come il tramonto di arti e lettere - vale a dire il Medioevo – lui ne fu protettore: a dimostrazione di ciò stanno le due figure di Cassiodoro (suo segretario e autore di una storia sui Goti) e Boezio (che si occupò di recuperare le teorie aristoteliche).

 

Articolo di Giulia Re

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte I

Spesso e volentieri si sente parlare di “vacanze intelligenti”; l’allusione, però, è più che altro dovuta agli orari di partenza ed arrivo. Tuttavia questi due termini possono avere un’altra accezione che è peraltro comprensibile risalendo all’etimologia (latina) della parola “intelligenza”: intelligĕre, contrazione di intus (dentro) e legĕre (leggere). “Leggere dentro” significa esplorare i propri orizzonti e studiare ciò che non si conosce. Potrebbe anche essere un invito alla riscoperta di certi luoghi del Bel Paese che i ritmi frenetici dell’anno, sia esso scolastico/accademico o lavorativo, hanno sistematicamente impedito assieme con il susseguirsi di restrizioni piovute sul nostro capo negli scorsi mesi. 

Una meta papabile per un’autentica “vacanza intelligente”, nonché un omaggio a un gigante della Storia, è a Ravenna: si tratta del Mausoleo di Teodorico, fatto costruire (probabilmente) da lui stesso quando era ancora in vita nel 520 d.C. 
Esso, assieme al Battistero degli Ariani, a Sant’Apollinare Nuovo e alla Cappella di Sant’Andrea, fu realizzato quando Ravenna non era ancora colonia bizantina ma la capitale degli Ostrogoti: combina uso romano della pietra e forme barbariche che richiamano le tende circolari dei Goti. 

Il vero nome del sovrano ivi presente era Thiudareicks (“Potente sul popolo”) e venne storpiato dai Bizantini, pertanto è per questo riadattamento se in italiano il suo nome risulta “Teodorico” (in greco voleva dire “dono di Dio”): in tedesco, invece, risulta Dietrich von Bern, dove Bern è la città di Verona. Fu re degli Ostrogoti, ossia i Goti dell’Est, in opposizione ai Visigoti che erano quelli “dell’Ovest”: la differenza fra le due genti si vede anche dalla presenza di un grande lago azzurro (Vättern) sito a sud-est di Stoccolma che divide le province dell’Östergötland e del Västergötland. 

L’invasione barbarica sotto l’egida di Teodorico/Thiudareicks fu la meno barbarica della Storia. Tanto per cominciare, egli era nato in Pannonia ma crebbe a Bisanzio ed ebbe modo di apprendere la cultura greco-romana. Nell’annus horribilis 476 l’Impero romano d’Occidente cadde in mano al famigerato sovrano degli Eruli, Odoacre, il quale, deposto il legittimo imperatore Romolo Augustolo e inviate le insegne imperiali a Νἐα Ῥώμη (ossia Costantinopoli), ottenne dal sovrano romano d’Oriente Zenone il titolo di Patricius e regnò per conto di questi sulla penisola italica. 
Zenone, divenuto insofferente alla figura di Odoacre, inviò lo stesso Teodorico, che aveva dunque tutti i tratti di un goto civilizzato, a ristabilire l’ordine. Egli eseguì quanto gli era stato ordinato dal 488 al 493 togliendo di mezzo Odoacre in data 15 marzo; Bisanzio, la capitale dell’Impero d’Oriente, ratificò la sua incoronazione a Re d’Italia nel 498. Si badi bene: lui era Rex e solo il suo monogramma campeggiava sulle monete, ma non era Augustus.

 

Articolo di Giulia Re