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sabato 24 aprile 2021

Speranza

Qualche tempo fa, un utente commentò così sotto un post della nostra pagina Facebook:

è proprio dalla lotta contro gli dei che nasce la speranza

Il post era il seguente:
 

La domanda che in me sorse spontanea nel leggere quel commento fu questa:
Quanto senso ha l’asserire che la speranza nasca e che essa nasca proprio dalla lotta contro gli Dèi?
Orsù, scopriamolo assieme.

A parer mio la speranza non nasce, la speranza la si possiede e basta. Anzi, il termine "speranza" presenta un'accezione vaga; è meglio utilizzare il termine "sentimento" dove con "sentimento" si va a definire quella pulsione irresistibile che ci spinge addentro il nostro futuro.
La speranza come viene oggi intesa è menzognera. Il sogno, di questi tempi spesso erroneamente legato al concetto contemporaneo di speranza, diviene ragione di vita e motore delle proprie aspettative e delle proprie azioni. Un tempo il sogno era inteso come esperienza rivelatrice del proprio fato e non come rifugio dalla realtà circostante. La realtà, fosse essa futura o passata, diveniva componente primaria del sogno, ne diveniva oggetto e al tempo stesso soggetto. Il reale e il metafisico erano fusi assieme indissolubilmente nella dimensione onirica del sogno tanto da rendere il confine fra i due indistinguibile.
Il sogno nella società moderna è legato invece al fantastico e all’immaginazione. Il sogno diviene dunque un qualcosa che non è né reale, né metafisico ma puro e semplice canovaccio su cui scrivere un finale alternativo, un esercizio narrativo nato da quella insoddisfazione per il proprio presente che spesso attanaglia l’uomo contemporaneo. Nascono così differenti desideri, differenti aspirazioni che distolgono l’individuo da quel sentire, da quella pulsione irresistibile che ogni individuo dovrebbe seguire.
Nel corso della vita, numerose volte ci siamo sentiti dire frasi all’apparenza fra loro differenti ma in realtà afferenti al tipo standard del «come fai a essere così sicuro del tuo essere?». In un mondo in cui tutto è incentrato sulla relatività del reale e sull’inesistenza del metafisico e dunque sul rigetto del concetto di “unica verità perseguibile ma spesso inconoscibile in quanto posta al di là di ciò che è tangibile”, l’innumerevole schiera di sensazioni e di desideri fa nascere nell’individuo il germe dell’insoddisfazione portandolo sempre più verso l’incertezza. Il “sentimento” di cui si era accennato in apertura viene così dai più confuso con la sensazione, una pulsione più bassa che esige e richiede soddisfazione.
Numerosi membri dell'intellighenzia contemporanea sono poi soliti ripetere che «gli archetipi decadono perché non più utili». Nulla di più sbagliato. Gli archetipi, ossia i valori fondanti di un popolo, vengono meno proprio perché la maggioranza di quel determinato popolo, con il progredire della tecnica e con il sorgere di comodità artificiali, rinuncia al suo essere, divenuto troppo scomodo da portare avanti se posto a confronto con il nuovo stile di vita che gli viene offerto. Gli archetipi vengono dai più abbandonati proprio per soddisfare quelle sensazioni, quelle bramosie passeggere che attanagliano l'uomo contemporaneo. Gli archetipi però restano immutati, sono gli uomini invece a cadere.
Ecco che il tendere verso il proprio fato, ossia il manifestare la propria volontà di potenza a scapito delle sensazioni, è un qualcosa che non ha più posto in un simile schema di pensiero dove la realtà fisica viene mutata in legge assoluta e dove la sua componente metafisica diviene mera superstizione da rimuovere allo scopo di poter meglio soddisfare quelle sensazioni che ci appaiono così reali e tangibili. Le sensazioni restano però semplice proiezione nel reale della propria insoddisfazione, ossia manifestazione delle proprie speranze dettate da un bisogno passeggero, individuale ed effimero, in quanto risultato del modus vivendi dell’individuo che lo prova.
Il Fato a cui sia gli Dèi che gli uomini sono soggetti è invece universale e ineluttabile in quanto fondamento di quel ciclo di eterni ritorni che è proprio del nostro mondo.
In questo ciclo, in questo moto di rivoluzione bisogna “sperare” e confidare.

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