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sabato 4 gennaio 2020

I longobardi, storia di un nome

Le antiche saghe ci insegnano che il nome è potere, spesso anche destino, il nome della nobile tribù longobarda non fa eccezione ed è anzi uno dei più nobili esempi di questo antico insegnamento, essendo il nome in questiono non solo assai nobile ma anche il frutta di una investitura divina.

Fu Godan, padre del tutto, a donarci un nuovo nome e, di conseguenza, un Destino.

Gæð a Wyrd swa hio scel, il Fato prosegue secondo la propria volontà, si legge nel Beowulf, poema di estremo valore educativo frutto della cultura anglosassone, assai affine a quella longobarda.

La storiografia della nostra penisola, complice una certa avversione per i popoli germanici, retaggio sociale della politica d’odio portata avanti dai Savoia in chiave anti-asburgica, spesso dimentica, o fa passare in secondo piano, il popolo longobardo. Questi biondi barbari, giganti del Nord, sono generalmente visti come un corpo estraneo, invasori poi scacciati e dimenticati.


Questo, ovviamente, non potrebbe essere più falso, i longobardi si sono insediati in lungo ed in largo per la penisola e moltissimi italiani, specialmente al Nord ed in alcune aree del Centro-Sud, hanno avi longobardi.

Ma la politica, si sa, si nutre di rancori e partigianeria e gloriosa storia del popolo longobardo, compresa quella relativa al suo nome è stata a lungo, se non dimenticata, quantomeno eclissata.


Quanto sappiamo sulle origini mitiche dei longobardi deriva da Paolo Warnefrido e dalla sua Historia Langobardorum, testo scritto quando ormai il dominio longobardo sulla penisola era al tramonto, ridotto ai soli ducati del Sud.

Si narra che un tempo la tribù  degli Winnili (che significa “cani vittoriosi” o “cani furiosi”), una parte di essa, intraprese una migrazione in armi dalle terre avite di Scania, non sappiamo con esattezza la motivazione di ciò, anche se è lecito ipotizzare che alla base vi fossero problematiche alimentari dovuti ad una crescita della popolazione. Essi, secondo l’uso germanico, si scelsero due capi, due fratelli di nome Ibor e Aio, che spiccavano fra i loro pari per forza, gagliardia e possanza e che godevano della guida di Gambara, loro madre, donna di grande saggezza, vicina agli Dèi per pratiche e sapienza.


Giunti sul continente, nella regione che aveva allora il nome di Scoringa, vennero in contatto con la tribù dei Vandali, più numerosa, comandata da Ambri e Assi, condottieri di fama che già avevano conquistato sul campo numerose vittorie. Questo popolo, imbaldanzito dalle numerose vittorie , domandò quindi ai Winnili, che già da alcuni anni abitavano quelle terre, il pagamento di un tributo.

 

Ben consci che ciò avrebbe significato fare atto di sottomissione, ammettendo la propria incapacità di difendere la propria gente, Ibor e Aio, ben consigliati dalla propria madre, decisero che era meglio difendere con le armi la propria libertà che piegarsi all’infamia pagando un tributo ad uno straniero.

Godan, padre del tutto, interpellato dai contendenti, asserì che avrebbe dato la vittoria al primo popolo che avesse visto, al sorgere del sole, sul campo di battaglia.

Gambara si rivolse quindi a Frea, signora degli Dèi e moglie di Godan, domandando la vittoria per il suo popolo e questa, nella sua grazia, diede alla sacerdotessa un saggio consiglio, di portare sul campo di battaglia, oltre agli uomini, anche le donne della tribù, e che queste portassero i capelli sciolti davanti al viso.

Così fecero e il giorno successivo, al sorgere del sole, Godan vide sul campo di battaglia lo schieramento degli Winnili e domando alla moglie chi fossero quei “longibardi” e questa gli rispose di dare la vittoria a coloro ai quali aveva appena fatto dono di un nome.

Fu così che la tribù ricevette un nuovo nome e, insieme a questo, un destino di vittoria e lotta che l’avrebbe portata, dopo secoli di conquiste e migrazioni, a stabilirsi nella nostra penisola adempiendo al proprio Wyrd.

 

 

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