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mercoledì 30 giugno 2021

Regnum Langobardorum, Regnum totius Italiæ

I longobardi hanno goduto per secoli di cattiva fama presso la storiografia italiana, fino a parte del secolo scorso di matrice generalmente cattolica. 

Troppo barbari, troppo pagani, troppo riottosi e con il vizio di bruciare e saccheggiare chiese, monasteri e compagine (vizio che, per amor di verità, va detto che non persero mai, nemmeno nelle fasi finali del regno quando dovevano essere, almeno in parte, più cristianizzati). 

Eppure, se analizziamo la storia del nostro paese con sguardo sincero e senza preconcetti più o meno filo-papali, possiamo trovare nei longobardi ben più che un mero popolo barbarico, capitato per caso in un mondo, quello tardo romano, che gli era completamente alieno. 

E non siamo i primi a farlo, ed anzi fortunatamente negli ultimi anni stiamo assistendo sempre più ad una riscoperta, e ad una conseguente rivalutazione, del prezioso apporto longobardo alla nostra Patria, apporto di sangue, che rimpolpò le campagne cisalpine e non dopo la disastrosa guerra greco-gotica, e di spirito con la prosecuzione, almeno per il primo secolo e mezzo di dominazione (e a livello popolare molto più a lungo), di sacri riti in onore degli Dèi immortali e della nostra terra. 

Perché i longobardi non furono un incidente nella storia d’Italia, si insediarono nella nostra penisola, la tennero, la protessero e vi rimasero facendo di essa la propria Patria, la terra alla quale il Fato e la volontà degli Dèi li aveva destinati. 


E qui taluni, probabilmente ancora preda di una visione manzoniana, ben più romanzata che veritiera, del Regnum Langobardorum (che ricordiamolo era anche detto Regnum totius Italiæ) potrebbero vedere in essi degli invasori, ma la cosa sarebbe forse veritiera per pochi decenni e non certo applicabile all’intera esperienza politica longobarda. 

Va infatti considerato che i Longobardi, a differenza dei bizantini, che furono in diverse occasioni realmente invasioni e ai quali si devono le peggiori distruzioni che la nostra terra abbia mai subito, non avevano altri centri di potere, altra “Patria” che non fosse quella in cui erano stanziati. 

Erano giunti per restare, e avevano bisogno dai nativi italici e questi ultimi, in breve tempo, si resero conto di avere bisogno di questo nuovo popolo al punto da preferirlo, e di gran lunga, alla presenza bizantina. 


È lo stesso Papa Gregorio a dircelo arrivando a lamentarsi, in alcune epistole dirette all’Imperatore Maurizio, che non solo gli italici preferivano la dominazione longobarda ma che addirittura molti abitanti di Corsica, Sicilia e Sardegna avevano abbandonato Bisanzio per unirsi alla “nefandissima nazione dei Longobardi”. 

Del resto il ricordo del buon governo ostrogoto, il cui regno ricordiamolo era caduto da soli quindici anni al momento dell’arrivo dei longobardi, era ancora vivo fra le genti d’Italia e il confronto con i nuovi dominatori, che vedevano nell’Italia poco più che una colonia, era impietoso. 

E sono le stesse fonti romee a dircelo, la corrispondenza fra l’Imperatore ed il Papa in primo luogo. 

Tasse arbitrarie, troppo alte per dei territori prostrati dalla trentennale e crudele guerra appena passata, ed eccessivo uso di truppe mercenarie, spesso mal pagate e comandate, alienarono velocemente a Bisanzio il supporto degli italici, se mai lo aveva avuto si intende. 

E cosa c’entra questo con il Regno Longobardo? Ben più di quanto non paia ad occhio profano, vi erano infatti forti legami fra i popoli, politici e di sangue, ed è quindi sempre più accettata l’idea che la conquista longobarda altro non fosse, agli occhi di Alboino e della nuova élite langobarda, una sorta di restaurazione del fu regno teodoriciano, legittimata dai legami di stirpe che univano il sovrano con il leggendario Teodorico il grande.

L’inizio di una nuova era, certamente, ma in continuità con un passato la cui grandezza era ancora scolpita nella memoria popolare delle genti d’Italia. 


I longobardi si insediarono quindi prima a Nord del fiume Po e successivamente in buona parte dell’Italia continentale, inizialmente come forza di occupazione finendo però con il fondersi, con percentuali diverse a seconda della zona geografica, con gli italici presenti sul territorio e dando alla nostra Patria nuova rilevanza, elevandola dallo stato di sudditanza ad una patria straniera, maledizione che purtroppo, caduti i longobardi come potenza militare autonoma, tormenterà per secoli queste terre. 


La stessa differenza fra autoctoni e nuovi dominatori diventa via via sempre più labile e già dopo cinquant’anni dalla conquista iniziano a comparire fra i ranghi degli Arimanni, gli uomini liberi membri dell’esercito, al fianco di nomi chiaramente longobardi, nomi latini, a testimoniare una avvenuta integrazione fra le nuova stirpe e quelle già presenti sul territorio italico. 


I longobardi divennero quindi più romani ed i romani più longobardi, al punto da arrivare, già dal tardo VII secolo, a definirsi longobardi anch’essi, e non solo nelle zone a più forte stanziamento longobardo. 

Vuoi per legami di sangue, dopo quasi un secolo e mezzo in molti avevano almeno un parente o due tali, vuoi per motivi giuridici (il diritto longobardo e quello romano convissero a lungo, e ciascuno aveva il diritto di essere giudicato secondo quello nel quale si riconosceva) fino ad arrivare a questioni identitarie (i romani, o più precisamente romei, erano a livello popolare identificati come i bizantini, visti sempre più come nemici dalla popolazione).


Del resto si viveva nel regno longobardo, il sovrano era il Re dei Longobardi oltre che Re d’Italia e divenne quindi naturale, per la maggior parte degli appartenenti a questo regno, ritenersi tali. 

In definitiva di può quindi affermare senza eccessiva difficoltà che lo scambio fu proficuo e condiviso, e che andò a plasmare l’Italia per come la conosciamo, con il suo insieme di genti, differenze e tradizioni che ne fanno la nostra comune Patria. 







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