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venerdì 5 novembre 2021

Apologia della storia? - parte II

È qui a mio parere l’errore principe di tutto questo odierno ragionare sulle origini, su come queste siano meno importanti per la definizione dell’identità di un individuo; nel momento in cui il concetto di “origini” viene trasportato su di un piano perfettamente storiografico, le stesse origini divengono così ingabbiate in un dato tempo e in un dato spazio - vuoi il passato remoto, vuoi il presente attuale. In realtà le origini di un individuo e di qualsiasi processo storico sono paradossalmente a-storiche dacché trascendono la storia temporale nella quale si muovono e danno così vita a una dimensione altra, che è quella degli antenati. Per meglio spiegare quest’ultimo concetto, riprendo un breve scritto di un mio conoscente:

Tu sei qua grazie a
2 genitori
4 nonni
8 bisnonni
16 trisnonni
32 quadrisavi
64 quintavi
128 esavi
256 eptavi
512 ottavi
1024 nonavi
2048 decavi

Per nascere oggi, partendo da dodici generazioni precedenti, hai avuto bisogno di un totale di 4094 antenati negli ultimi 400 anni. Pensa per un istante quante lotte, quante battaglie, quante malattie, quante difficoltà, quanta tristezza, quanta felicità, quante storie d’amore, quante speranze per il futuro i tuoi antenati hanno attraversato per farti esistere oggi. Onora sempre le tue radici.

Il mito del Sangue - del Sangue come veicolo di tutto ciò che è stato prima di un dato individuo e che trasporterà quest’ultimo nel futuro, rendendolo così parte di un flusso generazionale che sempre si rimesta nell’avanti e nell’indietro - definisce l’individuo nel suo presente come vessillo vivente di tutti i suoi avi passati. È sulla base di ciò che ogni individuo dovrebbe conformare il suo stile di vita, in altre parole “in alto la bandiera!”.

Gli storici tendono ad ascrivere il tempo in grandi categorie di sentimenti, strappando questi ultimi dalla loro Urheimat che è l’uomo - exempli gratia:
Che il rimpianto del passato perduto sia appannaggio della sola epoca romantica, oppure sia espressione principe dell’epoca romantica è quanto di più assurdo si possa asserire: ciascuno di noi è solito piangere chi di a lui caro non è più su questa terra e la lontananza è un qualcosa che strugge, e a volte distrugge, gli animi. Così è sempre stato, così sempre sarà. Se una data corrente storico-ideologica esaspera determinati temi rendendoli manierismo atto a costruire una differente sovrastruttura, ciò non ha nulla, e sottolineo, nulla a che fare con l’essenza dell’uomo che da sempre eterna viaggia al di là della storia attraversandone il flusso.

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