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venerdì 5 novembre 2021

Apologia della storia? - parte III

È da questa ricerca, il più delle volte involontaria[5], di un razionale incasellamento temporale che sono nati quei mostri di pensiero che attanagliano il nostro nuovo secolo.
Ecco che l’identità diviene un qualcosa di slegato dal proprio sangue e va a legarsi a sovrastrutture come la cultura e il cibo senza tener da conto che entrambi questi fattori sono legati al territorio che plasma l’individuo rendendolo portatore di dati geni. È proprio il territorio, la natura che ha in sé scintilla creatrice in quanto prodotto diretto del divino, che norma il Sangue degli individui e ne definisce l’essenza fisica e anche metafisica in vaste parentele familiari, in parentele così allargate da traversare le nazioni - non a caso si può parlare di indoeuropei.
Si è soliti pensare alla natura come un blocco monolitico che, passatemi il termine dialettale, stazza fissa nel mondo; vi sono invece più nature, fra loro totalmente differenti. Gli estremi della terra divengono estremi del variegato numero di nature possibili. Dalle nevi e i ghiacci dei poli, alle grandi foreste della Mitteleuropa, alla taiga, alla tundra, ai laghi della finnica e dunque magica Karelia, ogni cosa è espressione di quella particolare natura che imprime la scintilla divina sull’uomo che a sua volta ne diviene prodotto.

In conclusione allego il mito nordico della creazione di Búri, prima creatura dalle fattezze umane che generò Borr che poi a sua volta, unitosi alla gigantessa Bestla, genererà i tre fratelli Óðinn, Víli e Vé:

Allora disse Gangleri: “Dove dimorava Ymir? di che cosa viveva?”
Hár rispose: “Non appena la brina si sciolse, da essa prese forma una vacca, chiamata Auðhumla; quattro fiumi di latte sgorgavano dalle sue mammelle e in questo modo essa nutrì Ymir”.
Allora disse Gangleri: “Di che cosa si nutriva la vacca?”
Hár rispose: “Leccava le rocce brinate, che erano salate, e nel primo giorno in cui essa le leccò, da quelle pietre spuntarono a sera i capelli di un uomo, il giorno dopo la testa e il terzo giorno vi fu l'uomo intero. Il suo nome era Búri. Era di bell'aspetto, grande e possente. Generò un figlio chiamato Borr; questi prese in moglie quella donna che si chiamava Bestla, figlia del gigante Bǫlþorn ed ebbero tre figli. Il primo si chiamava Óðinn, il secondo Vili, il terzo Vé, e io so per verità, che Óðinn e i suoi fratelli saranno i signori del cielo e della terra. Noi questo crediamo, che così debba chiamarsi colui che sappiamo essere il maggiore e il supremo, e anche voi potete chiamarlo così”.

- S. Sturluson, Snorra Edda - Gylfaginning paragrafo 6.


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