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martedì 10 settembre 2019

Il Bushidō - parte I

Il codice di condotta morale (anche se sarebbe meglio definirla la Via) del guerriero giapponese (Il Samurai) suscita da sempre una grande e giustificata attrattiva nei confronti dei popoli occidentali, percepita molto probabilmente con esotismo e come un ritorno alle qualità e alle virtù dei cavalieri medievali.
Per inquadrare in linee generali la questione sarà necessario fissare dei punti fermi etici, storici e terminologici: prima di tutto va sottolineato come nell’universo marziale giapponese sia impossibile dividere la pratica fattuale (Es: allenamento con la spada/arco) dalla sua controparte etica e spirituale; obbiettivo principale di ogni maestro di Bujutsu dovrebbe essere quello di formare il suo allievo in modo completo, maturo ed equilibrato dimostrando come la spada che toglie la vita sa anche come salvaguardarla, difenderla e restituirla.
La stessa terminologia del Bushidō starebbe a segnalare ciò: dividendo infatti la parola vediamo come Bushi significhi Guerriero e dō significhi Via, intesa però non come linea retta da percorrere in modo sterile ma come vera e propria fede, sentiero mistico, visione immanente che tutto pervade e tutto comprende.

Per dare un’idea generale a livello precettistico e sintetizzare brevemente la visione occidentale del Bushidō possiamo citare i 7 principi dello stesso cosi come riportati da Nitobe Inazo nel suo celebre best-seller internazionale “Bushidō: The Soul of Japan”:

1)GI: Onestà e Giustizia
2)Yu: Eroico Coraggio
3)Jin: Compassione
4)Rei: Gentile cortesia
5)Makoto: Completa sincerità
6)Meiyo: Onore
7)Chugi: Dovere e Lealtà

Ora, com’è evidente, questa lista di valori è più stereotipica che attuale.
Prima di tutto va sottolineato come il codice d’onore guerriero dei Samurai non era una rigida e codificata lista di regole secolarizzata e uniformemente rispettata in tutto il territorio nazionale Giapponese (anche per una semplice questione storica e politico-geografica); inoltre lo stesso subì nel corso della storia l’influsso di numerose dottrine filosofico-religiose che via via ne mutarono le caratteristiche e la prassi fino ad arrivare ai secoli di isolamento dovuti ai Tokugawa e alla celeberrima pubblicazione dell’Hagakure da parte di Yamamoto Tsunemoto, vera e propria summa in chiave di aforismi dell’epopea della casta guerriera Giapponese.

Saverio Diomedi, in collaborazione con "Le vie di Wodanaz"

1 commento:

  1. La cosa essenziale da tenere sempre a mente quando ci si accosta alla teoria e alla pratica del Bushidō, ma anche a qualsiasi altro concetto pratico/filosofico/sociale/etico nipponico, come il Wabi/Sabi, la natura Omote/Ura del nostro esistere, il buddhismo Zen, ecc... , è che la pratica è per noi occidentali inattingibile, essendo queste nozioni create dai Giapponesi per i Giapponesi. La natura dei loro insegnamenti morali, spirituali e pratici (in Giappone la pratica È la sola teoria possibile) è per un'etica etnica. Noi non potremo mai conseguirne il cuore profondo non essendo Giapponesi. Occorre accettare umilmente la presenza di questo filtro, di questa barriera, al meglio potremo avvicinarci al cuore (kokoro) dello spirito nipponico come un lettore ben intenzionato si accosta a una poesia straniera tradotta. Per non fare la figura poco più che di scimmie strepitanti è senza dubbio utile non solo conoscere il già citato ottimamente da Diomedi "Hagakure", ma "Il Libro dei Cinque Anelli", "Lezioni Spirituali per Giovani Samurai" e "Sole e Acciaio" di Yukio Mishima (tra l'altro ilpiù "occidentale" degli autori nipponici), le opere sullo Zen di Taisen Deshimaru o di Kodo Sawaki Roshi, "Il Crisantemo e la Spada" di Ruth Benedict; chi fa pratica di un'arte marziale nipponica in un Dojo seguito da maestri giapponesi è senza dubbio avvantaggiato. A ogni modo non perdete mai di vista l'idea che in Giappone "fare" come il Sensei è la sola strada per trovare la Via.

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