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domenica 24 maggio 2020

Sentieri Selvaggi: un punto di vista identitario - parte IV

Il deserto di Sentieri Selvaggi è una forma sublime che allontana da ogni socievolezza, da ogni sentimentalità, da ogni sessualità e, a mio avviso, funge come fuga dalla storia umana, dalla nascente civiltà urbana e industriale, da un'esistenza meccanizzata, dalle strettoie economiche, dalle crisi sociali, da infelici relazioni personali, dall'ingiustizia sociale.
Nonostante il film sia stato girato tra Colorado, Utah e Alberta (Canada), è ambientato in Texas, nel 1868, quando la guerra civile è ormai finita da tre anni. E' probabile che in questo lasso di tempo, Wayne/Ethan sia stato un guerrigliero di Quantrill, il generale sudista che ha continuato la sua personale disfida con l'Unione, anche dopo la capitolazione. Wayne è il reduce sconfitto ma non arreso («non credo nelle capitolazioni»). Tutto questo è una miscela infinitamente complessa di trasformazioni storiche e psicologiche.
Ad un certo punto, per bocca di un'anziana colona, si esprime il pensiero comune della comunità: «questo luogo sarà un luogo meraviglioso per viverci, ma noi ci stenderemo le cuoia prima». Ed è proprio ciò che è avvenuto. Dopo aver tenuto testa agli indiani, i coloni verrano spazzati via da quel progresso in cui sono stati i primi a credere. Il futuro sembra appartenere, già nel film, a gente come il reverendo Clayton o ai trafficanti senza scrupoli come l'ebreo Futterman. L'epopea più autentica, infatti, copre gli anni dal 1835 al 1885; lo affermo molto personalmente, ma trovo diverse conferme anche tra gli stessi studiosi del West. In quel mondo di impermanenza cronica i coloni europei sono spariti dal giorno alla notte.
Nel 1956, Sentieri Selvaggi prende atto della loro sparizione, pur mostrandoli al pubblico nella loro romantica vitalità, protagonisti di un mondo che molto presto li relegherà ai margini. Insieme al cowboy, all'indiano, al trapper, al cercatore d’oro anche il colono anglosassone diventa un frammento vivente nel mirino prismatico della storia del West.

Alessandro Rossolini, in collaborazione con le vie di Wodanaz   

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