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lunedì 4 maggio 2020

Stirpe

Buio.
Mi sveglio di soprassalto, scosso da un sogno tremendo, il mio cuore torna a battere ad un ritmo normale mentre, nella tiepida oscurità, riannodo i fili di quanto ho visto.
Una dama bianca, sia giovane che matura, mi porgeva una lancia ed uno scudo, oggetti di foggia antica ma consunti dal tempo, mentre le sue ancelle intonavano un dolce canto.
Non so interpretarlo pur sapendolo un segno. “Il sogno viene dagli Dèi” soleva ripetere mia madre; ora come ora da loro ho più che mai bisogno di istruzione e guida. Mi alzo e raggiungo a tentoni l’uscita della tenda. Una pallida luna splende nel sereno cielo notturno ed una lieve brezza mi accarezza il viso, cancellando così ogni traccia di torpore.
Raggiungo una delle sentinelle, Wulfhere, uno dei miei tanti fratellastri, e lo spedisco a dormire. Io non vi riesco quindi tanto vale rendersi utile in qualche maniera permettendo ad altri di riposare.
Siamo partiti nel giorno di Woden, ormai tre notti fa, in cerca di tracce del nemico.
Quattordici uomini a cavallo sotto il comando di Eowa, figlio secondogenito del nostro signore Pybba.
Non è un cattivo signore Eowa e pur avendo avuto lui la fortuna di nascere da un paio di reali cosce rimane sempre sangue del mio sangue ma è fin troppo cauto per i miei gusti.
Suo fratello, Penda, è uomo di tutt’altra pasta, burrascoso, pieno di sé e sempre pronto all’azione; è il genere di nobile che gli uomini servono volentieri.
Un suono ovattato, come di passi mi distoglie da questi pensieri, estraggo il seax che porto alla cintola e mi avvicino alla fonte del rumore.
Un cervo, bianco come la prima neve del mondo, cammina tranquillo a mezzo tiro di freccia. I suoi passi sono lenti ed una pallida luce sembra irradiarsi dalle sue membra.
Non ho mai visto nulla di simile nella mia intera vita.
Tocco il martello che porto al collo, l’amuleto che mi accompagna fin dall’infanzia, e come in un sogno inizio a seguire l’animale che a passi sicuri si inoltra nel bosco giù per la collina. Vuole che lo segua, ne sono certo, e più volte rallenta il passo quando a causa di rovi o fossati devo deviare dal percorso.
Proseguo ancora, non saprei dire per quanto. Ore, mesi, millenni? Il tempo non sembra avere lo stesso valore in questa arcana foresta, di questo si tratta. Gli alberi sono diventati più fitti e l’aria più pesante, pregna di odori selvatici.
Poi, come proveniente dagli alberi stessi, un canto.
Una nenia malinconica, estranea e familiare ad un tempo. Parole di bosco e pietra, di albero e foglia, più antiche di quanto la memoria dei figli degli uomini possa serbare memoria.

D’un tratto una freccia corre ad un soffio dalla mia testa, graffiandomi una guancia e finendo la sua corsa nell’occhio del pallido cervo; seguono delle risate e poco dopo due giovani donne sbucano dalla boscaglia alle mie spalle.
“Sei rumoroso, Aethelric figlio di Pybba!” esclama ridendo una delle due. Ha lunghi capelli ramati e porta una tiara d’argento variamente decorata con simboli di luna crescente. Sia lei che la sua compagna portano ricche vesti, seppur di fogge differenti, e lunghi archi come mai ne ho visti prima. Sono entrambe belle, di una bellezza altra, come mai ne avevo visto prima. L’una è più esile, l’altra di maggiore stazza ma entrambe molto alte.
Sorrido, pur essendo quanto meno sorpreso dall’incontro. “Mie signore” pronuncio a mezza voce inchinandomi; si tratta certamente di due nobili fanciulle e la situazione inconsueta non è una scusa sufficiente per non offrire loro il rispetto dovuto.
“Vedo con piacere che la cortesia non è stata ancora dimenticata dalla tua stirpe, e ne sono lieta - commenta la seconda ragazza, scuotendo la testa bionda - è una caratteristica che vi accompagna da sempre ed è buona cosa che essa viva ancora nel vostro sangue.”
Parla tranquillamente, ed in maniera cortese, tuttavia non posso ignorare il fatto che sembrino conoscere ogni cosa su di me, perfino il mio nome.
Non sono un nobile, non sono noto al di là delle pareti dell’aula del mio signore e la mia fama in battaglia non è tale da giustificare una tale conoscenza.
“Sei ferito figlio di Pybba - la prima fanciulla mi indica il graffio che ho sul viso - sono stata io a provocare questa ferita, non è vero?”
Sarei tentato di negare ma qualcosa dentro di me mi dice che sarebbe del tutto inutile:
“È solo un graffio mia signora, niente per cui dovrebbe darsi pena.”
Lei scuote la testa, sorridendo debolmente. “Non è così” afferma sfiorandomi appena il viso che sento particolarmente freddo.
“Prepara le tue armi Aethelric, il tuo destriero è già pronto. Si va a caccia. Il Sire già aspetta!”
Un nero destriero mi si affianca, sbucando dal bosco, e molti altri sembrano sfilare poco distante.
Una donna mi porge una lancia ed uno scudo. Guardo il cielo: Luna calante.
Salgo a cavallo e saluto il padre del tutto, padre della mia stirpe.
Ecco che la caccia selvaggia può di nuovo ancor cominciare.

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