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lunedì 25 maggio 2020

Sentieri Selvaggi: un punto di vista identitario - parte V


Sul piano iconografico, il film è una miniera di immagini e corrispondenze simboliche dove queste giocano tra inquadrature di chiari/scuri e di sguardi, e non solo nei “tempi morti” del film. La finalità, secondo me, è fare arrivare il messaggio di ciò che si vuol sottolineare ancora prima che questo venga spiegato dallo svolgimento della trama. La pellicola è ricca di cavità oscure, che rimandano consciamente all'utero, e non a caso sono teatro di fatti importanti. Le ho spesso collegate all'esplosione della selvatichezza che tratteggia Wayne. Si cerca il luogo chiuso, riparato, ovattato, ma poi, proprio per nostra natura si tende a finire per esplodervi dentro.
A proposito di ciò, una delle sequenze più significative dell'intero film, è quando Wayne penetra con violenza a cavallo in un teepee Indiano. Egli pianta una speronata nel ventre della bestia costringendola (i cavalli sono fortemente claustrofobici) ad entrare a forza nella tenda. In questa manciata di secondi Wayne, con un impulso violento è come se onorasse la parte selvaggia di sé. Questo atto prepotente è un tratto preponderante e peculiare nelle persone aggressive e abituate a comandare. Una volta all'interno, Ethan trova l'indiano Scar morto e lo scalpa. Questo è l'apice supremo della scena, quando l'adrenalina di chi comprende questa simbologia speciale va a toccare il picco massimo. L'accostamento alla sessualità dell'eroe viene quasi automatico durante questa sequenza; la ricerca, la bramosia, la violenza della penetrazione per il raggiungimento della protezione.
Ho contato cinque differenti luoghi chiusi, oscuri, uterini all'interno del film. Questi vanno a ritmare l'itinerario psicologico del maschio bianco che viene costantemente associato ad essi. Sono luoghi in cui maggiore può essere la sua “regressione” a uno stato di selvatichezza bestiale, ma anche quelli dove può trovare una nuova linfa rigenerante. La caverna è un potente simbolo (specie presso i popoli “lunari” mediterranei, ma anche per gli indiani d'America) di rientro nel grembo materno, un'anticamera misteriosa, di un mondo sotterraneo.
Il viaggio di Wayne, tra peripezie e pericoli, del tutto simile ad un'Odissea, fa tappa in una caverna oscura; quindi egli realizza un tuffo nell'oscurità, desiderata e oscura, della vita prenatale.
Scendendo nell'ombra ci si cala nel mondo notturno dell'indistinto. Non esiste tempo, non c'è ieri né domani, poiché in essa anche il giorno e la notte sono indivisi. Il paragone che mi sovviene è quello con i morti, nell'aldilà.
Fuori dalla caverna, dopo il caos dell'oscurità originaria, l'eroe è atteso dalla luce, come in un'antica saga indo-germanica in piena regola.
Sentieri Selvaggi può essere interpretato con questa dicotomia luce/tenebra; il principale e primigenio sistema dualistico ario. Ethan si dibatte tra le due, facendo i conti con il proprio IO che è riflesso, essendo egli un eroe, sugli altri; ma può essere anche interpretato come l’eterna spinta ad ovest delle genti indo-germaniche, quasi come fosse un destino scritto nelle stelle, ai quali loro inconsciamente ubbidiscono.

Da questa spinta, 3000 e più anni fa, nacque l’Europa e - 300 anni fa - nacque l’America.

Alessandro Rossolini, in collaborazione con le vie di Wodanaz

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