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giovedì 25 giugno 2020

Ketillsaga - parte IV

Il primo ad arrivare è un uomo corpulento, sulla trentina, si ripara con un grosso scudo che viene subito fatto a pezzi dai nostri colpi. La sua testa viene subito dopo, aperta in due da un colpo d’ascia. Stessa sorte tocca ad un altro frisone, meno alto ma ancor più prestante; questi però riesce a resistere abbastanza a lungo da permettere a tre dei suoi di mettere piede sulla barricata.
Spingiamo con tutte le nostre forze per tentare di respingerli e farli cadere e vi riusciamo. Nella foga del momento uno dei nostri cade con loro e viene subito trucidato.
Styrkar intanto, con una vecchia ascia a due mani, uccide un’altro dei loro.

Un grido alla mia destra attira la mia attenzione; uno dei miei figli corre giù dalla palizzata seguito da alcuni compagni.
“Alla porta, la stanno facendo a pezzi!”
Sento urlare indistintamente e subito dopo un rumore di ferro e legno.
Lascio i miei uomini sulle mura e mi dirigo insieme al mio secondo alla porta.

Ketill è lì, lo vedo quel vecchio caprone. È vecchio il cane ma ancora vigoroso e c’è gente più forte di lui fra i suoi parenti.
“Skjaldborg!” urlo quasi inutilmente. Tutti sanno già cosa fare. Le due formazioni vengono a contatto, i nostri nemici appena impacciati dai resti del cancello fatto a pezzi.
Iniziano a piovere colpi da entrambe le parti ed il sordo rumore del ferro contro il legno unito ai grugniti degli uomini aleggia tutto intorno, vera musica di guerra. Arrivano anche le prima grida dolore, i primi colpi arrivano infatti a segno e le armi iniziano il proprio macabro mestiere.

Colpisco lo scudo del nemico che ho di fronte e, quando una piastra di questo cede, affondo la mia spada in direzione del suo viso ma il colpo viene deviato verso l’alto da un movimento dello scudo del suo vicino. Ritento inutilmente l’assalto mentre un nemico, probabilmente armato di ascia, martella il mio scudo aprendovi due grossi squarci. Lo intravedo, attraverso questi, mentre una cuspide di lancia gli cancella bocca e denti ponendo finalmente fine al suo operato.
Stiamo indietreggiando lentamente ma inesorabilmente. I miei uomini migliori sono sulla barricata, a contenere i mercenari frisoni. Coloro che ho al mio fianco sono per lo più liberi contadini e pescatori; fanno la loro parte ma non resisteranno ancora a lungo.

Improvvisamente sento un forte dolore al polpaccio destro. Mi accascio riparandomi istintivamente con lo scudo. Ketill il porco è davanti a me, la lunga spada di foggia francone insanguinata. Ridacchia il cane, convinto com’è di avere la vittoria in pugno e ancora ride quando nell’avanzare per darmi il colpo di grazia un’ascia gli tronca di netto il braccio sinistro infilandosi in una piccola apertura fra due scudi. Subito dopo due lance provenienti dalla seconda linea lo trafiggono con le proprie cuspidi argentate, lo colpiscono al petto ed al viso ponendo così fine alla vita del mio rivale. Il nemico inizia a sbandarsi.
Provo a rialzarmi per riprendere il combattimento ma sento le forze venirmi meno.
Guardo verso il mio piede e scopro con orrore che questo non è più attaccato al mio corpo. La spada del mio nemico ha spaccato carne, nervi ed ossa. Se così deve essere sarà, la morte non sarà certo più lieta un altro giorno.

Stringo la mia spada mentre osservo i nostri nemici disperdersi e sorrido nell’udire le grida di giubilo, grida di vittoria.
Improvvisamente sento qualcuno chiamarmi dietro di me, è Styrkar.
“Alzati mio signore!” mi dice rispettosamente passandomi un corno.
“Non posso - rispondo - non ho che una gamba.”
“Ricuci in fretta l’altra Sire ed alzati. Ci attendono.”

Vedo intorno a me una gran moltitudine. Un uomo vigoroso mi aiuta a rialzarmi. Vedo Ketill, vecchio maiale, poi ancora mio padre che sorride ed il padre di mio padre che mi domanda se il suo vecchio idolo fosse lì ancora in piedi.
Comprendo solo ora e sorrido anch’io.
È tempo di bere, di ascoltare e di narrare

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