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lunedì 7 dicembre 2020

Lo scisma dei tre Capitoli. Ostrogoti e Longobardi - parte IV

Intanto, fra il 560 ed il 561, il patricius Narsete, stabilitosi a Roma, fu posto al vertice del governo civile[10] in Italia mantenendo il comando dell’esercito.
Fra i suoi ruoli civili vi era quello di vigilare sui culti e di curare le relazioni con la Chiesa di Roma che ancora si scontrava con gli aquileiesi; eppure Narsete, sottostando alla volontà non dichiarata di Giustiniano, si mostrò tollerante con gli scismatici.
Dopo aver riportato i confini della Præfectura Italiciana sino al Norico, strappandone il controllo ai Franchi nel 564, il patricius Narsete assegnò le tre diocesi ecclesiastiche dell’alta valle della Drava, del Gail e del Rienza - ossia quelle di Teurnia, di Agunto e quella dei Breoni - «alla giurisdizione metropolitica della scismatica Aquileia» (G. Arnosti, Venanzio Fortunato, nel contesto dello scisma aquileiese, in «Il Flaminio» n.15, Novembre 2006, p. 82) vanificando così l’intervento del re austrasiano Clotario I che sotto Pelagio I le aveva portate sotto la sua giurisdizione[11] riavvicinandole a Roma.
Così facendo, Narsete guadagnò per Giustiniano le simpatie degli scismatici tricapitolini; solo con la salita al soglio imperiale di Giustino II, il quale perseguiva la distensione fra Roma e Bisanzio, e la fine dell’insurrezione erula del 566 nella Venetia venne messa in campo una vera e propria reazione militare contro gli scismatici. Narsete, spinto dal pontefice e dal nuovo imperatore, fece così “estradare” il vescovo tricapitolino Vitale di Altino dalla città di Aguntum, dove si era rifugiato, esiliandolo in Sicilia.
Lo scopo di Giustino II era duplice ed in totale opposizione alla politica del suo predecessore Giustiniano: evitare di dare l’idea agli scismatici, tramite concessioni di libertà, d’essere indipendenti dalla giurisdizione romea ed evitare, tramite prese di posizione religiose precarie, di destabilizzare ulteriormente un territorio già a lungo provato da guerre e cambi di potere.
Giustino scelse dunque di «[...] indulgere ai contestatari sia in Oriente che in Occidente. Tale era la percezione che se ne ebbe in Occidente sul nuovo sovrano, tanto che Venanzio Fortunato, in un suo carme del 568-69, lo celebra per aver revocato molti vescovi dall’esilio, e per aver accettato tutto quanto stabilito nel controverso concilio di Calcedonia». (G. Arnosti, Venanzio Fortunato, p. 83)


Note

[10] Nell’opera degli storici romei Giovanni Malàlas e Teofane il Confessore, Narsete viene citato con l’appellativo di ‘exarchus’ e dunque per questo risulterebbe il primo esarca d’Italia.

[11] Le suddette diocesi gravitavano nella sfera d’influenza merovingia sin dai primi anni delle guerre greco-gotiche. 

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