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martedì 2 febbraio 2021

Le case della Foresta Nera - parte XI

 
   Invece, nell’areale della Kinzigtäler Haus, i simboli a sgraffio non erano molto comuni; lì al loro posto venivano usati dei mascheroni in pietra allo scopo di tener lontano lo „Schrecksle“ [18]. Questi mascheroni (Schreckköpfe) erano in origine un elemento decorativo dell’arte rinascimentale, elemento decorativo che nella valle del Kinzig mutò chiaramente in simbolo protettivo. Nell’epoca barocca furono invece le effigi angeliche, con la loro vivacità, a ricoprire questo ruolo. 
   L’autore ritiene dunque che quel pentacolo, inciso sulla lastra del maso Mühlstein di cui sopra, sia solamente un marchio di possesso (Hofzeichen). Il modo in cui questi simboli - che tutt’ora possono essere scorti nelle valli dei fiumi Kinzig, Wolfach e Rench - venivano incisi, certifica un simile uso. Si potrebbe poi far riferimento a quelle firme di cinquantatré contadini - riportate qualche tempo fa sul „Badischen Heimat“ - che vennero apposte in calce a una petizione risalente alla seconda metà del secolo XVII e rivolta al tribunale di Oppenau. Trentun richiedenti firmarono quest’ultima con i loro marchi di possesso -  delle linee spezzate chiuse, semplici da tracciare, molto simili al pentacolo di cui sopra. Da quest’uso si allontana però Anton Muser, il “Vogts-Toni” di Hansjakob, il quale - dopo il suo matrimonio che ebbe luogo nel 1759, quindici anni prima dell’affissione della lastra sulla parete del maso Mühlstein di sua proprietà - firmò il registro matrimoniale del comune di Zell am Harmersbach con una croce latina. La cosa però non ha molta importanza. È molto probabile che il pastore officiante, forse un padre del convento di Gengenbach, ignorasse l’uso dei marchi di possesso, visto che la valle dell’Harmersbach è sita proprio sul margine occidentale dell’areale d’uso dei suddetti marchi. Conseguentemente il pastore fece sì che la coppia sottoscrivesse l’atto con una croce e una "X", com'era consuetudine fare in un tempo in cui si faceva largo uso della scrittura pur essendovi ancora ampie sacche di popolazione non avvezze al leggere e allo scrivere. 
 
Mascherone in pietra dal maso Aberlhof


 
Effige angelica dal maso Geismannhof
 
 
 
 
Note:
[18] Allotropo locale del sost. ted. alemanno Schrättele.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.  
 

lunedì 1 febbraio 2021

Le case della Foresta Nera - parte X

 
   Anche quei crani mummificati di buoi e cavalli che venivano appesi ai pali di supporto nell’aia e che tutt’ora dovrebbero allontanare dall’abitazione malattie ed epidemie, appartengono al contesto di cui sopra.
   I segni a sgraffio tipici delle Kinzigtäler Häuser, simili ai simboli magici di cui sopra, avevano invece una più “tangibile” ragione d’essere. Questi venivano usati dai contadini della valle del fiume Kinzig alla stregua di sigilli: venivano apposti sull’edificio come marchi di possesso e ancora oggi contrassegnano il proprietario degli attrezzi agricoli e dei tronchi d’albero tagliati su cui vennero posti.
   Esempio tangibile è la lastra in pietra che riporta i nomi dei proprietari del maso Mühlstein [17] nell’Oberharmersbach intorno al 1774 - maso che è noto ed è caro a molti lettori per via del racconto di Hansjakob intitolato „Der Vogt auf Mühlstein“. La lastra presenta alla sommità i nomi dei proprietari e, al sotto di questi, vi sono incisi un pentacolo - forse il loro marchio di famiglia - e la data in cui il maso venne ristrutturato. Simili lastre venivano spesso installate in edifici ristrutturati o di nuova costruzione lungo tutto il bacino idrografico della media e dell’alta valle del Kinzig. La forma di quel marchio potrebbe tuttavia gettare momentaneamente in confusione un osservatore dacché il pentacolo può benissimo avere una valenza magica. Se presente in qualsivoglia Schwarzwaldhaus al di fuori della valle del Kinzig, il suddetto pentacolo diverrebbe marchio di protezione contro lo „Schrättele“, quella creatura maligna che fra le altre cose genera incubi. Questi marchi, assieme al simbolo mostrato in Fig. 11, erano in assoluto gli incantesimi a sgraffio più utilizzati nelle restanti zone della Foresta Nera.
 
Lastra del maso Mühlstein

 
 
Note:
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.  

domenica 31 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte IX

 
   In conformità all’aspra natura della zona che, con le sue abbondanti precipitazioni e le sue aride terre, può solamente offrire ai coloni una vita dura e secondo lo stile di vita riservato e diffidente degli isolati agricoltori dei masi, l’ornamentazione delle Schwarzwaldhäuser è senza pretese; quest’ultima è limitata all’occasionale configurazione dei supporti così come pure alle iscrizioni, alle benedizioni, ai simboli di prosperità (Heilszeichen) cristiani e precristiani sugli architravi delle porte, sugli angolari e sui supporti. Tutto ciò fa fede alla forma mentis appena descritta come pure alla consapevolezza che ne deriva ma al tempo stesso rivela parte dell’immaginario di chi abita la Foresta Nera. L’ornamentazione non ha il solo scopo di abbellire l’ambiente ma anche quello di benedire sia l’edificio che i suoi occupanti e di scacciare ogni male. Ciò include anche quei misteriosi simboli magici, afferenti a remoti usi rituali, incisi sulle porte e sui muri delle aie che tanto affascinano e stregano quegli individui predisposti e propensi alla magia.
   Oltre a quei segni con tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici o dodici punte che null’altro sono se non croci complesse - i cosiddetti ‘nodi delle streghe’ o ‘del Diavolo’ - vi era il quadrato del Sator che, comparso sin dal primo secolo cristiano, fu spesso usato nella Foresta Nera come vettore magico sino all’ultimo secolo (leggasi fine XIX secolo). 
   Nel leggere questa enigmatica formula da in alto a sinistra verso destra o verso il basso, da in basso a destra verso verso sinistra o verso l’alto si otterrà sempre il termine “SATOR”. Leggendo quest’ultima parola al contrario, si ha “ROTAS”. Il termine “AREPO” che compone la seconda riga restituisce all’inverso “OPERA” e il termine “OPERA” della penultima colonna invece se letto al contrario dà “AREPO”. La parola “TENET” che si trova lungo gli assi mediani del quadrato magico è palindroma; i due “TENET” vanno a tracciare il simbolo cristiano di salvezza, la croce, attorno a cui si raggruppano le restanti lettere.
 


 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

sabato 30 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte VIII

 
   Un’altra eccezione è la Hotzenhaus. La differenza è però solamente esteriore in quanto l’edificio in legno veniva coperto da un cappotto in pietra che va a sottrarre alla vista dell’osservatore il suo stile tipico da Foresta Nera. Per via di ciò la Stube non andava ad appoggiarsi alle pareti perimetrali e l’edificio andava così a perdere l'Erker che solitamente è presente in ogni Schwarzwaldhaus.
   Inoltre, l’aspetto esterno e la struttura interna degli edifici nei pressi dell’area metropolitana del fiume Wiese differiscono, seppur di poco, da quelli delle „Heidenhäuser“. Le ragioni di ciò sono già state esposte in precedenza. Questa tipologia abitativa, che si presenta spesso all’escursionista con il suo maestoso profilo fra i pendii dello Schauinsland, è nota nella letteratura con il nome di „Schauinslandhaus“. È semplice da riconoscere dal posizionamento lungo la cresta di un pendio, dall’entrata posta lungo il Walmseite [16] dell’edificio e dalle lunghe falde del tetto a padiglione che sporgono al di sopra dell’ingresso
 
 
Note:
[16] Sezione spaziale sottostante l’estremità delle falde di un tetto a padiglione.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272. 

venerdì 29 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte VII

 
   Nel complesso, ogni Scharzwaldhaus degna di questo nome non è altro che un vero e proprio capolavoro d’ingegneria del legno per via della lucidità artistica e della completa armonia caratterizzanti sia la sua struttura esterna che la sua intrinseca essenza. L’osservatore avverte di come quest’edificio debba il suo aspetto non soltanto alla mera abilità tecnica dell’artigiano ma soprattutto alla sensibilità che questi ha per le forme. I carpentieri della Foresta Nera divennero maestri nella lavorazione del legno grazie a uno spirito d’osservazione che quasi rasenta la meraviglia e a un attento approccio alla forma del legno e alle sue proprietà. Tutto ciò che da questi venne creato è al tempo stesso spontaneo e semplice. 
   Posati su traversine supportate da montanti, i massicci pilastri venivano incastrati fra loro con gli assi a formare il telaio che, dopo esser stato avvolto dalle pareti e la copertura del tetto, andava a disegnare nello spazio - secondo le tecniche costruttive gotiche, vale a dire quelle medievali - l’imponente figura della Scharzwaldhaus.
   La Kinzigtäler Haus invece veniva realizzata secondo un metodo costruttivo che differiva da quello originario appena descritto. Nella suddetta tipologia abitativa erano solo le pareti ad essere erette secondo la prassi medievale e gli interni rivelavano, come già in precedenza indicato, una costruzione molto evoluta per il XV secolo. Persino un profano rimarrebbe colpito da questa nuova tipologia costruttiva. Quest’ultima raggiunge la sua massima espressione in quell’imponente copertura alta e spaziosa che è tipica della Kinzigtäler Haus il cui equilibrio fra carico e forza resistente era raggiunto tramite pochi e semplici accorgimenti, in un chiaro assemblaggio a regola d’arte.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.  

giovedì 28 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte VI

 
La suddetta abitazione è un qualcosa di più di un semplice riparo contro le intemperie o di una mera accozzaglia di locali da cui svolgere un’attività produttiva. Ponderando, riflettendo, pianificando e modellando, il contadino della Foresta Nera assieme con il carpentiere davano vita a un’opera d’arte lignea (Holzkunstwerk), a una „Holzwesen“ [11] come sono soliti definirla là nella Foresta Nera. La Schwarzwaldhaus è un’opera d’arte sia negli esterni - basti pensare ai ben assortiti rapporti di massa dell’intera struttura, come pure alla Milchhäusle [12] sul fontanile e agli splendidi motivi architettonici dell’Erker (Fenstererker) [13] e del portico (Laubengang) - che negli interni - basti pensare alla calda e spaziosa Stube dallo stile accogliente e al contemplativo „Herrgottswinkel“ [14], alla Stegenkasten [15] e soprattutto al soffitto a cassettoni della Stube posato sulla travatura così come al telaio audacemente eretto, impregnato dello spirito dei tempi passati. L’intera struttura e i particolari sono ben concepiti in quanto semplici e funzionali. È sufficiente dare un’occhiata alle porte: tasselli in legno con teste ben sagomate sono inchiodati nelle loro tavole con un’angolazione tale da mantenere quest’ultime in costante tensione per scongiurarne la deformazione. Si può poi porre l’accento su quanto sia efficace, e al tempo stesso economica, la struttura a ritti e panconi studiata in base alle specifiche del legno e alle necessità costruttive. Nella loro essenza disadorna e senza tempo, le pareti esterne appaiono ben fatte: conferiscono all’esterno quel senso di robustezza proprio di ogni Schwarzwaldhaus e danno al visitatore quella piacevole sensazione di autenticità locale e di intimità con il territorio e, una volta al loro interno, un forte senso di sicurezza.
 
 
Note:
[11] Holzwesen: sost. f. dialettale, lett. ‘creatura di legno’.
[12] Milchhäusle: sost. f. dialettale, lett. 'casetta del latte', elemento tipico del fontanile di un maso. Il fontanile spesso era realizzato in prossimità di una fonte sotterranea la cui acqua veniva convogliata nello stesso tramite l’ausilio di tubi in legno (Deucheln). Giunto nel fontanile tramite il Brunnenstock, il flusso d’acqua fredda (avente temperatura di 3-4° C) fluiva in una casupola chiusa, la Milchhäusle per l’appunto, allo scopo di creare un refrigeratore naturale dove poter conservare dal caldo estivo il latte, il burro, il formaggio, il sidro e altre pietanze:
 

 
 
[13] Erker: struttura aggettante alle pareti esterne di un edificio che crea lo spazio necessario a proiettare all’esterno della muratura una data finestra:
 

 
 
[14] Herrgottswinkel: sost. m. dialettale, lett. ‘angolo del crocefisso’, ossia una sorta di cantuccio realizzato nell’angolo fra due pareti della Stube che accoglie un crocefisso.
[15] Stegenkasten: stretta scalinata chiusa fra due pareti.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272. 

mercoledì 27 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte V

 
   Alcune fra le altre tipologie abitative prediligono invece una posizione più aperta - vuoi su di una collina o nei pressi di un’alta valle glaciale (Talschulter) - altre ancora si stringono alla cresta del pendio; eppure il contadino, usufruendo di una rampa, riesce sempre a entrare nella soffitta dell’abitazione con il suo carro ricolmo di fieno. Ciascuna tipologia di Schwarzwaldhaus offre, con le sue enormi sezioni triangolari - vuoi a scandole, vuoi in paglia - del tetto e le loro lunghe ombre, con le ricercate inglesine (Sprossenwerk) delle finestre che riflettono i raggi solari, con l’imponente struttura lignea unita alla sua costruzione tangibilmente solida, una magnifica vista per nulla facile da dimenticare. 
   Un maso della Foresta Nera era composto da un edificio principale avente una sezione abitativa, una stalla e un granaio siti sotto lo stesso tetto e spesso vi erano anche un magazzino, un forno o una distilleria, una macina, un ricovero per il bestiame (Viehhütte) o un piccolo rifugio (Berghäusle) e infine una segheria e una cappelletta. L’insieme comprendeva, assieme con i verdi prati e i campi coltivati a varie strisce di colore nel mezzo della scura foresta, tutto quel che visivamente poteva esser inteso come elemento tipico della Foresta Nera. Tutto ciò è frutto del lavoro ponderato del fiero e consapevole contadino della Foresta Nera: i campi, i prati, i pascoli e la porzione di foresta a questi prossima - il „Wun und Wayd, Trib und Tratt“, come un tempo veniva chiamato dagli antichi catasti [8] - appartenevano al „Lebsitzer“, ossia al ‘feudatario’ (Lehensbesitzer, qui inteso come 'possessore di feudo', ossia di un dato territorio economicamente produttivo), insomma al suddetto contadino. Il suo spiccato senso d’indipendenza personale e la sua refrattarietà a qualsivoglia ingerenza esterna spesso spingevano il contadino a non recarsi neppure dagli artigiani; erano quest’ultimi che invece gli si presentavano dinanzi quasi alla stregua degli ambulanti [9] e fra questi vi era anche lo Spannmeister, termine con cui a volte ancora oggi si designa il carpentiere. Se questi si fosse presentato al contadino, entrambi avrebbero attentamente deciso in perfetto accordo il da farsi; durante una „Herrenessen“ [10] il progetto di costruzione veniva infatti esposto ed esaminato. Proprio da ciò nasce l’abitazione del contadino, quel suo ‘mondo piccolo’ che, con la sua struttura semplice e limpida, diviene a buon diritto involucro della sua essenza; in essa si riflette appieno il carattere dell'agricoltore di un maso alpino.
 
 
Note:
[8] Güterverzeichnissen, ossia lett. 'cataloghi di beni (mobili e immobili)'.
[9] «[...] auf die „Stör“ [...]» (p. 266), dove Stör è ted. arch. per ‘spostarsi, viaggiare’.
[10] Ricevimento serale con annessa cena.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.