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martedì 26 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte IV

 
   Lo scopo di questo scritto non è quello di descrivere nel dettaglio le varie tipologie abitative quanto quello di concentrarsi sulle caratteristiche generali delle Bauernhäuser della Foresta Nera e alcune caratteristiche di forma e altre peculiarità. Le differenze, legate alla storia del paesaggio (Landschaftsgeschichte), al contesto economico e alla vicinanza spaziale con altre tipologie abitative, verranno solamente tratteggiate con accenni.
   Ciascuna Schwarzwaldhaus si erge solitaria nel mezzo del proprio podere, come un maniero (Edelsitz), tanto che il suo proprietario può trarre pieno vantaggio da un simile posizionamento, con la creazione - ad esempio - di brevi strade di servizio e una gestione e una progettualità rispetto al territorio libere dalle ingerenze di ipotetici vicini. Il sito di costruzione viene scelto sulla base di aspetti sia pratici che economici. L’edificio si trova per la sua maggior parte circa al di sotto di una roccia impermeabile da cui sgorga una sorgente (Quellhorizont), sul limitare fra i campi che si trovano a valle e i sovrastanti prati a pascolo che si susseguono fra loro. Questa ripartizione fra colture è data anche dalla presenza di una strada maggiore, al di sotto della quale le abitazioni si trovano allineate a intervalli irregolari; i suddetti edifici con i loro ‘fianchi’ imponenti - così vengon chiamate le sezioni triangolari del tetto lungo le pareti minori - a volte si trovano in prossimità del fondovalle, altre volte invece sbucano per metà dai profili delle montagne fra frassini, sorbi selvatici e tigli nostrali. Spesso le mura di queste abitazioni affondano un poco nel terreno dei declivi; per via di ciò le gronde del tetto seguono impercettibilmente il profilo del suolo e l’edificio si lega indissolubilmente alla terra, tanto da sembrare parte integrante della natura circostante. Nelle più antiche „Heidenhäusern“, come pure nei tipi Kinzigtäler e Gutacher, le linee di colmo del tetto corrono parallele al profilo dei declivi. Le „Heidenhäuser“, essendo più basse rispetto al resto dei tipi abitativi della Foresta Nera, appaiono tozze e pesanti, quasi fossero imprigionate al suolo, seppur all’interno siano calde ed accoglienti.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

lunedì 25 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte III

 
   Questa rassegna delle tipologie abitative proprie della Foresta Nera risulterebbe incompleta se fra le varie dimore degli ex-contadini, degli artigiani, dei ‘mercanti della foresta’ (Waldgewerbler) [5], dei taglialegna (Waldarbeiter) e dei braccianti giornalieri - ruoli che erano bastevolmente diffusi tempo fa - non menzionassimo le loro forme minori. Su modello della „Heidenhaus“ e della Kinzigtäler Haus, nell’areale delle suddette si vennero a creare edifici di dimensioni ridotte che quasi ricordano la casetta di marzapane di ‘Hansel e Gretel’. La versione ridotta dell’Hotzenhaus è pressoché scomparsa del tutto dal paesaggio della foresta; quest’ultima era una fedele riproduzione della Mutterhaus, seppur di proporzioni ridotte. Nel bacino idrografico del fiume Wiese [6] la versione ‘a grandezza naturale’ della Schauinslandhaus lì diffusasi, si conservò. Quest’ultima, secondo le nuove funzioni che assunse in quanto abitazione di taglialegna che allevavano anche bestiame, venne però a mutare in un edificio a più unità abitative (Mehrparteienhaus) seppure la sua massiccia copertura, a uno sguardo frettoloso, la facesse apparire come una semplice casa colonica. Anche la Gutacher Haus fu mutata in un edificio a due unità abitative (Doppelhaus) per piccoli agricoltori e non. Questa Doppelwohnhaus con la cucina nel mezzo del Walmseite [7], sulla base del profilo di quest’ultimo, divenne la prediletta dagli orologiai che all’incirca dal 1730 in poi fecero la loro comparsa nella struttura sociale della media Foresta Nera. 
 
 
Note:
[5] Il sost. m. plur. „Waldgewerbler“ va a indicare quegli individui, fra cui zattieri e carbonai, che ricevevano diretto sostentamento dalla foresta.
[6] Fiume che nasce nella Foresta Nera, dai monti Feldberg e Belchen, per poi sfociare nel Reno dopo 50 km c.ca.
[7] Sezione spaziale sottostante l’estremità delle falde di un tetto a padiglione.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

domenica 24 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte II

 
   Nella regione dell’Ortenau, verso il 1200, erano diffuse due tipologie abitative. Nella zona dei vecchi attraversamenti del Reno (Rheinübergänge), fra il fiume Selz e il comune di Gerstheim, rispettivamente a nord e a sud di Strasburgo, si diffusero le cosiddette Kniestockhäuser [3]. Nelle alture circostanti e nella stessa Strasburgo, così come in tutto l’Alto Reno, ad eccezione della zona antistante la suddetta zona di frontiera, primeggiava invece l’ancor più antica Firstsäulenhaus. Tuttavia fu proprio in quel periodo, a incominciare da Strasburgo, che la struttura a travatura massiccia (Firstsäulenbauweise) iniziò ad essere surclassata dall’armatura a telaio (Rahmenzimmerung); quest’ultima consentiva di fare a meno dei grandi pilastri portanti (Firstsäulen) e rendeva più semplice l’erigere la struttura. All’epoca, sia la struttura a parete portante perimetrale (Kniestockbauweise) che l’armatura a telaio (Rahmenzimmerung) erano una novità. Giunti nella loro nuova Heimat, nella foresta, queste due nuove concezioni furono fuse assieme dai coloni dell’Ortenau in un sistema costruttivo senza precedenti, che venne adattato alle imprescindibili necessità del luogo. Sulla base dell’areale di questo tipo costruttivo - si può parlare di ‘tipo’ in quanto il suddetto incarna con la sua struttura un nuovo concetto di edificio - l’Autore ha scelto per quest’ultimo il nome di „Kinzigtäler Haus“ [4].
   Sul margine orientale della Foresta Nera, in quel che un tempo fu il Ducato del Württemberg, il suddetto Stato saldamente retto contribuì nel XVI secolo, con i suoi stringenti regolamenti per l’edilizia e per la prevenzione degli incendi, alla creazione di una terza tipologia abitativa. Nacque da ciò la „Gutacher Haus“, così chiamata dalla valle in cui questo edificio si conquistò la nomea di „Schwarzwaldhaus“ per eccellenza.
   Nella sezione meridionale della Foresta Nera furono invece i rapporti di buon vicinato con la Confederazione Elvetica di un tempo a rendere antiquata la Firstsäulenhaus medievale, di cui però non mutò la struttura originaria. A ciò si lega la diffusione, lungo le pendici meridionali della Foresta Nera, dell’Hotzenhaus, di cui possiamo trovare un equivalente nella Strohhaus del Canton Argovia, e della Schauinslandhaus avente un equivalente originatosi nel Mittelland di Lucerna. Bisogna infatti tener da conto di come parti dell’odierno Canton Argovia e del Land di Hauenstein - vale a dire di quell’area che oggi siamo soliti chiamare Hotzenwald - appartenessero a una sezione amministrativa dell’Austria Anteriore. In più va ricordato di come al tempo delle lotte religiose e delle faide contadine elvetiche, così come pure al tempo della guerra dei Trent’anni, l’areale della Schauinslandhaus fosse divenuta meta prediletta di esuli provenienti dalla Confederazione Elvetica.
   La frammentazione territoriale che un tempo caratterizzava la Foresta Nera fu la causa della diversità delle leggi da cui la disuguaglianza del diritto successorio. Quanto sinora detto, in congiunzione con le aspirazioni culturali dei contadini e la natura del territorio, generò una serie di forme miste e transizionali in aggiunta ai cinque tipi base già citati, la cui bellezza va a coincidere con la loro estrema funzionalità ed economicità, con la conoscenza pratica e la fantasia artistica fuse assieme in una così naturale semplicità - in breve, esse sono l’ultimo frutto maturo dell’essenza di un’intera terra. 

 
Note:
[3] Tipologia abitativa così chiamata dal Kniestock, ossia ‘parete portante perimetrale’.
[4] Ossia ‘casa della valle del Kinzig’. Il fiume Kinzig scorre nel Land Baden-Württemberg.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da:
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

sabato 23 gennaio 2021

Le case della Foresta Nera - parte I

 
   La Schwarzwaldhaus è la componente più importante e iconica della Foresta Nera in quanto indissolubilmente legata al concetto di Foresta Nera. Se uno fotografasse qualche conifera su di un verde pascolo, magari accostata a qualche mucca, l’immagine che ne risulterebbe potrebbe essere stata scattata in qualsivoglia zona di media montagna tedesca. Se invece il fotografo, vuoi per caso vuoi di proposito, arricchisse la suddetta fotografia con una casa - un "maso" della Foresta Nera dal maestoso tetto a padiglione - composta da un granaio e da una macina, fors’anche da una cappelletta, non vi sarebbe più alcun dubbio, sia per i locali che per il visitatore di passaggio: è questo il tipico quadretto da Foresta Nera. Solamente la Schwarzwaldhaus conferisce a una simile veduta quell’intimo fascino che, agli occhi di uno straniero, la rende un’apprezzata meta turistica e che, agli occhi di chi vi abita, la rende veramente casa. 
   La Foresta Nera presenta molte particolarità. Là insolite sorprese attendono l’attento escursionista; vi si ritrova una ricchezza culturale che ha la sua più chiara espressione nelle svariate tipologie di Schwarzwaldhäuser, sviluppatesi a partire dalla natura e dalla storia del paesaggio della Foresta Nera. Per l’osservatore, scegliere la più bella fra le varie tipologie di case, sarebbe davvero difficile. In ciascuna di queste si sublimano allo stesso tempo il passato e il presente così come pure l’essenza del paesaggio e lo spirito del costruttore. 
   Tutte queste cose hanno contribuito alla strutturazione delle Schwarzwaldhäuser ché lo sviluppo di una data tipologia abitativa è un processo più che complesso, un processo che tutt’ora è in divenire. Ogni tipologia abitativa è in continuo rinnovamento, un rinnovarsi che ai giorni nostri, a differenza dei tempi passati, corre lungo strade avulse dalla tradizione a una velocità davvero preoccupante. Per quanto concerne la questione dei suoi abitanti, è necessario tenere conto del fatto che la Foresta Nera venne popolata soltanto verso la fine del XII secolo da quei coloni lì giunti dalla città di Brisgovia, dall’Ortenau [1] e dalle Gäulandschaften orientali.
   Quei coloni provenienti da Brisgovia e dalle estremità orientali della foresta portarono con loro la cosiddetta Firstsäulenhaus [2], tipologia abitativa che senza dubbio alcuno era comune a quelle zone almeno sin dall’inizio dello stanziamento nella Foresta Nera e che si sviluppò ulteriormente in quell’edificio, imponente per forma e dimensioni, conservatosi sino al tempo presente. La contezza di questo antico edificio rimase viva fra gli abitanti della Foresta Nera: i suddetti sono soliti raccontare di come questa tipologia abitativa fosse stata concepita dai pagani, per via di ciò gli diedero il nome „Heidenhaus“ ossia 'casa dei pagani'. Ovviamente agli abitanti della Foresta Nera è noto che questi edifici non vennero eretti da pagani, seppur il termine „Heidenhaus“ sembri sostenere ciò. Piuttosto, con il suddetto termine, intendono sottolineare la veneranda età e la singolarità di questo sistema costruttivo che invero risale ai tempi del primo stanziamento nella foresta.
 
 
Note:
[1] Regione a destra dell’Alto Reno e a ovest della Foresta Nera.
[2] Tipologia abitativa così chiamata dal Firstsäule (anche ted. Hochsäule. In svizzero e alemanno: Stud, Hochstud o Firststud), massiccia travatura in legno impostata su grandi pilastri tipica dell’architettura altomedievale tedesca che va a sorregerne la struttura.
 
 
Traduzione e note de 'le vie di Wodanaz' (M. Alimandi) da: 
H. Schilli, Das Schwarzwaldhaus, in «Bad. Heimat» Nr. 40, 1960, pp. 259-272.

domenica 3 gennaio 2021

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte III

Una domanda sorge spontanea: come mai la sua figura è stata oggetto di damnatio memoriae? Il “dono di Dio”, che durante la sua esistenza terrena passò dalla condizione di “semplice” thiudans (re) degli Ostrogoti a quella ben più onerosa di rex Italiae, ebbe l’incombenza di scontrarsi con due papi, e cioè Simmaco e Giovanni I, di cui il primo fu rimosso grazie a un sinodo di vescovi compiacenti e il secondo venne addirittura incarcerato.
Di fatto anticipò qualche vicenda di un altro gigante della Storia, ossia Federico II di Svevia: con lui ha condiviso, seppur in circostanze spazio-temporali diverse, il titolo di re d’Italia e l’antipatia del Papato (si ricordino a tal proposito le scomuniche contro il falco di Svevia e la definizione di “anticipatore dell’Anticristo” da parte del papa Gregorio IX).
In seguito alla sua morte e alla paranoia che l’ha contraddistinto negli ultimi anni, tale per cui a farne le spese fu lo sventurato Boezio di cui sopra, il papato organizzò un’efficace macchina del fango postuma oltraggiandone salma e memoria. Gregorio Magno arrivò a dire che il tiranno era stato fatto precipitare nel cratere dello Stromboli e il Carducci, secoli dopo, ne La leggenda di Teodorico, asseriva più o meno la stessa cosa.
“Quivi giunto il caval nero/ Contro il ciel forte springò/ Annitrendo; e il cavaliero/ Nel cratere inabissò.” (da La leggenda di Teodorico, libro VI delle Rime Nuove)

 

Articolo di Giulia Re

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte II

Ad ogni modo, lui dominava due popoli diversi per cultura, origini e indole ed era necessaria una convivenza civile ed armonica. Per questa ragione promulgò l’Edictum Theodorici che si componeva di 154 capitoli comprensivi di leges (costituzioni imperiali) e iura (massime giurisprudenziali). 

“Poiché i Goti con l’aiuto divino abitano fra voi, affinché non sorgano, come suole avvenire, liti, abbiamo creduto necessario mandare in mezzo a voi, in qualità di comes, un uomo egregio e notoriamente integro. Egli, secondo i nostri editti, giudicherà le liti per i Goti. Nel caso di liti fra Goti e Romani si aggregherà un magistrato romano e giudicherà con equità. Nelle liti fra i Romani, questi ubbidiscano ai giudici da noi inviati nelle province perché a ciascuno sia resa giustizia secondo un’unica legge. Così, con l’aiuto divino, tutti e due i popoli godranno insieme i benefici della pace. E sappiate che noi amiamo tutti indistintamente, ma prediligiamo coloro che più degli altri sono ossequenti alle leggi. Noi non tollereremo illegalità e violenza e appunto perché noi vogliamo eliminare gli odi noi paghiamo i giudici e manteniamo tanti uffici. Come comune è il governo che vi regge, così siano comuni i vostri sentimenti. E i vostri sentimenti siano quelli che noi desideriamo. Voi, Goti, siate vicini ai Romani nell’amore come loro vicini siete nei beni e voi, Romani, amate molti i Goti che in pace accrescono il vostro popolo e in guerra vi difendono. Perciò voi ubbidirete al giudice che vi è inviato e osserverete le sentenze che secondo il diritto pronunzierà. Così comportandovi, ubbidirete a me e insieme farete l’utile vostro.” 

Così si esprimeva Teodorico nella formula Comitiva Gothorum indirizzata ai Romani da cui si evince la sua road map
Si può parlare di convivenza multietnica durante il suo regno senza scadere in fuorvianti etichette come quelle del mondo moderno: ai Romani affidò la cultura e l’amministrazione, ai Goti l’ordine pubblico e la difesa e ai Greco-Bizantini le opere pubbliche e l’arte. Risolse egregiamente anche il problema religioso presente in Italia in quanto era forte la differenza fra i cristiani cattolici e i cristiani ariani, a cui lui peraltro apparteneva; divise chiese e battisteri fra le due confessioni.
Si meritò anche il titolo di amator fabricarum et restaurator civitatum in quanto si prese cura di parecchie città, tra cui Pavia, Verona, la stessa Roma e soprattutto Ravenna. In un’epoca erroneamente considerata come il tramonto di arti e lettere - vale a dire il Medioevo – lui ne fu protettore: a dimostrazione di ciò stanno le due figure di Cassiodoro (suo segretario e autore di una storia sui Goti) e Boezio (che si occupò di recuperare le teorie aristoteliche).

 

Articolo di Giulia Re

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte I

Spesso e volentieri si sente parlare di “vacanze intelligenti”; l’allusione, però, è più che altro dovuta agli orari di partenza ed arrivo. Tuttavia questi due termini possono avere un’altra accezione che è peraltro comprensibile risalendo all’etimologia (latina) della parola “intelligenza”: intelligĕre, contrazione di intus (dentro) e legĕre (leggere). “Leggere dentro” significa esplorare i propri orizzonti e studiare ciò che non si conosce. Potrebbe anche essere un invito alla riscoperta di certi luoghi del Bel Paese che i ritmi frenetici dell’anno, sia esso scolastico/accademico o lavorativo, hanno sistematicamente impedito assieme con il susseguirsi di restrizioni piovute sul nostro capo negli scorsi mesi. 

Una meta papabile per un’autentica “vacanza intelligente”, nonché un omaggio a un gigante della Storia, è a Ravenna: si tratta del Mausoleo di Teodorico, fatto costruire (probabilmente) da lui stesso quando era ancora in vita nel 520 d.C. 
Esso, assieme al Battistero degli Ariani, a Sant’Apollinare Nuovo e alla Cappella di Sant’Andrea, fu realizzato quando Ravenna non era ancora colonia bizantina ma la capitale degli Ostrogoti: combina uso romano della pietra e forme barbariche che richiamano le tende circolari dei Goti. 

Il vero nome del sovrano ivi presente era Thiudareicks (“Potente sul popolo”) e venne storpiato dai Bizantini, pertanto è per questo riadattamento se in italiano il suo nome risulta “Teodorico” (in greco voleva dire “dono di Dio”): in tedesco, invece, risulta Dietrich von Bern, dove Bern è la città di Verona. Fu re degli Ostrogoti, ossia i Goti dell’Est, in opposizione ai Visigoti che erano quelli “dell’Ovest”: la differenza fra le due genti si vede anche dalla presenza di un grande lago azzurro (Vättern) sito a sud-est di Stoccolma che divide le province dell’Östergötland e del Västergötland. 

L’invasione barbarica sotto l’egida di Teodorico/Thiudareicks fu la meno barbarica della Storia. Tanto per cominciare, egli era nato in Pannonia ma crebbe a Bisanzio ed ebbe modo di apprendere la cultura greco-romana. Nell’annus horribilis 476 l’Impero romano d’Occidente cadde in mano al famigerato sovrano degli Eruli, Odoacre, il quale, deposto il legittimo imperatore Romolo Augustolo e inviate le insegne imperiali a Νἐα Ῥώμη (ossia Costantinopoli), ottenne dal sovrano romano d’Oriente Zenone il titolo di Patricius e regnò per conto di questi sulla penisola italica. 
Zenone, divenuto insofferente alla figura di Odoacre, inviò lo stesso Teodorico, che aveva dunque tutti i tratti di un goto civilizzato, a ristabilire l’ordine. Egli eseguì quanto gli era stato ordinato dal 488 al 493 togliendo di mezzo Odoacre in data 15 marzo; Bisanzio, la capitale dell’Impero d’Oriente, ratificò la sua incoronazione a Re d’Italia nel 498. Si badi bene: lui era Rex e solo il suo monogramma campeggiava sulle monete, ma non era Augustus.

 

Articolo di Giulia Re