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domenica 3 gennaio 2021

Vacanze intelligenti: istruzioni per l’uso - parte III

Una domanda sorge spontanea: come mai la sua figura è stata oggetto di damnatio memoriae? Il “dono di Dio”, che durante la sua esistenza terrena passò dalla condizione di “semplice” thiudans (re) degli Ostrogoti a quella ben più onerosa di rex Italiae, ebbe l’incombenza di scontrarsi con due papi, e cioè Simmaco e Giovanni I, di cui il primo fu rimosso grazie a un sinodo di vescovi compiacenti e il secondo venne addirittura incarcerato.
Di fatto anticipò qualche vicenda di un altro gigante della Storia, ossia Federico II di Svevia: con lui ha condiviso, seppur in circostanze spazio-temporali diverse, il titolo di re d’Italia e l’antipatia del Papato (si ricordino a tal proposito le scomuniche contro il falco di Svevia e la definizione di “anticipatore dell’Anticristo” da parte del papa Gregorio IX).
In seguito alla sua morte e alla paranoia che l’ha contraddistinto negli ultimi anni, tale per cui a farne le spese fu lo sventurato Boezio di cui sopra, il papato organizzò un’efficace macchina del fango postuma oltraggiandone salma e memoria. Gregorio Magno arrivò a dire che il tiranno era stato fatto precipitare nel cratere dello Stromboli e il Carducci, secoli dopo, ne La leggenda di Teodorico, asseriva più o meno la stessa cosa.
“Quivi giunto il caval nero/ Contro il ciel forte springò/ Annitrendo; e il cavaliero/ Nel cratere inabissò.” (da La leggenda di Teodorico, libro VI delle Rime Nuove)

 

Articolo di Giulia Re

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