Ovvero dell’importanza della comunità nella vita e formazione dell’uomo.
Fra i molti inganni a cui sono sottoposti di questi tempi malati i figli degli uomini ve n’è uno che, più di ogni altro, risalta agli occhi di un osservatore attento: l’atomizzazione della nostra società, sempre più composta da individui isolati, persi in sé e nella proiezione del sé, svincolati da ogni legami duraturo.
Il ritratto di questi vagabondi 2.0 è però assai desolante: uomini deboli, persi in vizi e perversioni, incapaci di controllarsi e preda di ogni moda effimera. Uomini sradicati, quindi, privi di guida e scopo, soli e pronti a piegarsi ad ogni capriccio dei padroni del vapore di turno.
Ma è l’unica scelta possibile? No, non lo è. Fra i molti insegnamenti che la storia dei nostri antenati vi ha dato vi è quello relativo alle formazioni militari, dalla falange greca al muro di scudi germanico l’insegnamento che si può trarre è uno: l’uomo solo cade, la formazione resiste.
Anche spiritualmente la questione non è diversa, a tutti noi, alla maggior parte di noi in realtà, è capitato di cominciare la pratica di fede in maniera solitaria, seguendo un impulso sano teso a qualcosa di più alto della mera dimensione umana, chiamati dagli Dèi all scoperta degli antichi misteri. È normale che sia così, di questi tempi, questo però non deve convincerci che non vi sia alternativa alla pratica individuale. Non è certo facile, ma sta a noi ricostruire ogni cosa, siamo la prima generazione ad avere mezzi ed opportuni per restaurare la dimensione comunitaria e pubblica della nostra fede, è una responsabilità che può essere solo ed esclusivamente nostra.
Rinunciare a farlo significa lasciare questa dimensione nelle mani di mercanti di anime, monolatri o meno che siano, e questo rappresenta una colpa nei confronti degli Dèi e del culto.
Fate la vostra parte, lottate come potete, ed il culto degli Dèi immortali tornerà a fiorire in questa terra di mezzo.
Hailaz Wodanaz!
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