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sabato 4 aprile 2020

Il mito di Shambala - parte II

Tornando ora alla Shambala Tibetana sarà interessante notare come il suo stadio di esistenza e/o ubicazione sia molto spesso stato dibattuto dai monaci e che le interpretazioni siano decisamente numerose e spesso contrastanti tra di loro; tralasciando le sue possibili (e spesso fantasiose) ubicazioni ci concentreremo su una sua possibile descrizione:

“Una prima catena circolare di alte montagne ricoperte di ghiaccia ne costituisce la difesa esteriore, inaccessibili e perdute nelle nuvole le alte cime formano un’immensa corona scintillate intorno al santo Regno. All’interno di questo cerchio sorge un immenso mandala naturale composto da montagne ancora più alte, separate fra loro da fiumi ed altipiani, il cui insieme ha la forma di un loto a otto petali regolari. Ciascuno di questi petali contiene dodici principati che in tutto formano settantasei piccoli reami i cui principi sono signori al servizio del re di Shambala. Un terzo occhio di montagne di Ghiaccio immacolato circonda il centro di questo immenso loto, li si trova Kalapa, la capitale di Shambala” 
(J.M. Riviere – Kālacakra, iniziazione tantrica del Dalai Lama, pg 31) 

Non è difficile comprendere come questa descrizione favolosa si appelli principalmente al lato spirituale/meditativo del praticante e del ricercatore spirituale e di come, ovviamente, Shambala non vada ricercata in un senso strettamente fisico e geografico; a controprova di ciò è possibile analizzare la descrizione delle varie vie utilizzate per arrivare nella città sacra, tutte ricolme di potenti metafore e di interventi divini/magici.

Saverio Diomedi, in collaborazione con le vie di Wodanaz

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