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giovedì 6 giugno 2019

La sacralità nel mondo Germanico precristiano, parte I

E. Polomé – ÉTUDES INDOEUROPEENNES 1996 Traduzione a cura di Andrea Anselmo pubblicata sul terzo numero della rivista “Polemos” (http://polemos.info/)

L’opera magistrale di Rudolf Otto sul sacro (1917) è servita da base ad una dicotomia proposta da W Baetke nel suo lavoro classico sull’espressione verbale della sacralità nelle lingue germaniche (1942).
Egli vi oppone i termini germanici *wîhaz e *hailagaz, considerando il primo come esprimente specificatamente il concetto di sottrarre dal profano e integrare nel divino [ad esempio “consacrare” = weihen] mentre il secondo come designazione della pienezza del dominio favorevole del soprannaturale.

Il termine *hailagaz derivato dal sostantivo rappresentato per l’antico norreno heill “saluto, benedizione, felicità”; si applica anche agli oggetti provvisti di un potere magico, come l’idromele mischiato con le incisioni lignee runiche, helgi mjodr. Designa anche la sacralità propria alla costruzione di un tempio, [hofshelgi nel caso della saga di Eric]. Può anche riferirsi al periodo durante il quale si riunisce l’assemblea popolare come nel norreno thinghelgi. Il germanico *wîhaz non si è conservato in antico inglese se non nel termine idolo [wfg, weoh]; in antico sassone, wih designa un santuario, un tempio, e in vecchio alto germanico il termine ricopre quasi tutti gli aspetti del sacro, tanto che in antico norreno vé si applica indifferentemente anche [come nel toponimo OdinsVé]. Il fatto che il suo senso primo sia “consacrare” emerge anche dalla formula eddica brudi at vigja applicata al martello di Thor che santifica i matrimoni.
Queste nozioni furono in seguito integrate nel quadro della comparatistica indoeuropea descritto da Emile Benveniste (1973) e Harriet Lutzky (1993). In effetti la nozione di sacralità sopravanza ampiamente questo quadro come mostrano i sostanziali articoli di Carsten Colpe sul “sacro e profano”, di Joel Brereton sullo spazio sacro e di Barbara Sproul sul tempo sacro nella Enciclopedia delle Religioni di Mircea Eliade.

Particolarmente importante è la sacralizzazione dello spazio: dato che le popolazioni germaniche veneravano le loro divinità all’aperto, il tempio, come lo spazio consacrato agli auguri nell’Italia antica, doveva essere delimitato e ritualmente separato dal resto della natura.
Similarmente, durante le assemblee popolari, i sacerdoti di Tyr tracciavano i contorni e circondando d’una separazione simbolica il terreno ove il thing doveva riunirsi, salvaguardandolo da tutte le interferenze esteriori. I sacerdoti che garantivano tale pace erano denominati ewarto “protettori della legge” in alto germanico.

Come suggerisce Eliade (1978) una delle funzioni essenziali del sacerdote officiante era di misurare il terreno e di stabilire dei punti precisi per lo spazio da consacrare al culto. Che si conservano anche nella toponimia di molte vestigia dei luoghi sacrificali e di venerazione,come Godesberg presso Bon, un tempo Wodensberg.

I luoghi della sepoltura, di preferenza collinari, entrano anche in considerazione, poiché i luoghi elevati sono frequentemente associati a degli importanti atti rituali: è lì che il tulr recita le sue declamazioni sacre; le seidkona si isolano sulle alture seidhjhjallr per formulare le loro incantazioni magiche e anche gli dei vi si installano sui loro rokstölar.
Certe pietre assumono anche una importanza particolare: vi si presta giuramento, e l’Edda menziona il giuramento prestato at inom hvfta helga steini ovvero presso la “sacra pietra bianca”; dobbiamo ricordare l’importanza delle pietre nelle cerimonie nuziali?
La giovane sposa rompeva le relazioni con la sua comunità paterna e il suo clan familiare camminando sulla tomba ancestrale dei suoi e cercava un buon riparo presso la famiglia del marito calpestando la pietra tombale dei suoi antenati.

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