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giovedì 13 giugno 2019

Culto eterno

I cristiani ci accusano di essere un culto di rottura, di rompere quindi la tradizione.
Loro, che hanno rinnegato tutto ciò che vi è di più sacro e vero per abbracciare una monolatria estranea alle nostri genti, loro che hanno distrutto templi, perseguitato culti antichi quanto il mondo e insozzato qualunque cosa finisse sotto le loro manacce.
Sostengono di incarnare la tradizione, millantando una non meglio specificata continuità con i culti romani.
Inutile dire quanto le loro roboanti parole suonino vacue alle nostre orecchie, vuote come sono di significati profondi e buone appena per appestare l’aria.
Se tutto ciò che è stato costruito dall’uomo dovesse venire meno, se ogni edificio dovesse scomparire, se ogni scrittura venir meno, se tutto, in definitiva, tornasse a come è sempre stato cosa rimarrebbe del culto del Dio cristiano? Nulla, nemmeno il ricordo.
Quando il mondo dei primordi tornerà ad essere, l’uomo celebrerà ancora il sole nascente e onorerà in lunghe notti gli astri roteanti e gli Dèi immortali, danzando intorno al fuoco al ritmo ossessivo di tamburi di pelle di renna.
I cristiani sostengono di avere una tradizione lunga duemila anni, noi ne abbiamo una di centinaia e centinaia di migliaia.
Qualunque cosa facciano hanno già perso.

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