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sabato 8 giugno 2019

La sacralità nel mondo Germanico precristiano, parte III

E. Polomé – ÉTUDES INDOEUROPEENNES 1996 Traduzione a cura di Andrea Anselmo pubblicata sul terzo numero della rivista “Polemos” (http://polemos.info/)

La sacralità del matrimonio è illustrata da diverse azioni rituali: i matrimoni sono celebrati di preferenza il martedì (giorno di *Tiwaz) e il giovedì (giorno di Donar) ; in Scandinavia il martello di Thor è deposto nel grembo della giovane sposa, e talvolta un sacrificio viene offerto a Freyr. E’ ugualmente un costume possibile quello di celebrare gli sposalizi sia presso tombe ancestrali sia presso l’altare della famiglia.

Il matrimonio è stabilito dalla religione e dalla legge: antico alto germanico Ewa (tedesco Eheh) “significa diritto, legge, ordine” (antico inglese aew “legge, costume, fede”).
La sacralità del vincolo matrimoniale è ugualmente sottolineata dalle dure sanzioni che vengono inflitte in caso di adulterio: un sposo che sorprende la propria sposa in flagrante delitto ha il diritto di uccidere il suo rivale impunemente sul campo; la donna è privata di ogni diritto e perde tutta la protezione da parte del suo clan.

Lo sposo può ucciderla o mutilarla (le fonti scandinave e anglosassoni menzionano che il naso e le orecchie vengono tranciate). Diverse fonti ci precisano le umiliazioni alle quali le mogli adultere venivano esposte: secondo la Lex Burgundiorum Gundebaudi “si qua muller maritum suum, cui legitime esr iuncta, dimiseril, necetur in luto”

L’affogamento nella palude era già stato descritto da Tacito come la punizione riservata ai traditori e agli infami e sono state infatti così scoperti nelle torbiere del nord Europa i cadaveri di femmine così annegate.

Prima di questa suprema punizione veniva loro rasato il cranio e infatti numerose capigliature femminili sono state ritrovate in prossimità di tali cadaveri.
In effetti nel capitolo 19 del De Germania Tacito fornisce una descrizione esplicita della sorte riservata alle spose adultere: accisis crinibus nudatam coram propinquis expellit domo maritus ac per omnem vicum verbe re agit.

La sacralità del matrimonio è ugualmente confermata dalle restrizioni che circondano gli sposi: spettacoli impudici, scambio di lettere amorose, convivialità moralmente dubbia sono altrettanti usi banditi dalla società germanica dove la verginità della sposa al momento delle nozze era richiesta.
Il matrimonio non è questione di scelte personali ma il risultato di negoziazioni tra le diverse famiglie; già Cesare insiste sulla castità e le reticenze sessuali dei Germani e la loro pudicizia è lodata nei secoli.

Non che fossero degli angeli, e le numerose concubine menzionate nella letteratura lo confermano, ma almeno inizialmente le pressioni sociali imponevano un profondo rispetto della donna.
Come sottolinea Tacito, inesse quin etiam sanctum aliquid et providum putant, e questa sacralità il loro dono della profezia abbondantemente attestato (gli stessi imperatori romani si circondavano di divinatrici germaniche; conosciamo inoltre il ruolo svolto dalla veggente Veleda nella rivolta dei Batavi.
Per questo i Romani, consci dell’importanza che i Germani attribuivano alle loro giovini, preferivano queste giovani vergini come ostaggi.

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