Questo articolo nasce come riflessione personale durante una discussione, e come tale va presa, abbiamo deciso di pubblicarla sul blog in quanto potrebbe motivare, o almeno far riflettere.
Sulla questione sopravvivenza in periodi di crisi ho seguito una conferenza molto interessante cinque o sei anni fa, era riferita in particolare all’area lombarda ma con le dovute differenze sulla conformazione del territorio può essere applicata a buona parte dell’Eurasia.
Durante le guerre gotiche che straziarono queste zone vi fu un generale spopolamento di tutta la zona cisalpina, pestilenze, carestie e azioni belliche furono una piega che durò decenni ma che colpì in misura nettamente maggiore le popolazioni urbane, pur essendo queste assai meno esposte ad azioni di razzia rispetto alla loro controparte urbana. Perché? Innanzitutto perché la città è per sua stessa natura “parassitaria” per quanto riguarda L’approvvigionamento alimentare, ed al primo sentore di crisi i mercanti hanno la brutta tendenza allo scomparire lungo le strade, vuoi perché evitano viaggi considerati troppo rischiosi, vuoi perché finiscono spesso e volentieri privati del loro carico, quando non della loro stessa vita, lungo la strada. Strozzato il commercio nel giro di qualche settimana, anche senza nessun assedio effettivo, il cibo nella cerchia urbana inizia a scarseggiare e diventa appannaggio delle classi più abbienti, che sono disposte a pagare molto di più rispetto a quelle popolari. Ciò porta rapidamente a disordini, quando non a veri e propri assalti a forni, magazzini militari e palazzi, una persona affamata diventa capace di tutto.
Molti decidono poi di abbandonare la città, contando sulla relativa abbondanza di cibo delle campagne, ma qui entrano in gioco un‘altra serie di fattori importantissimi: la conoscenza del territorio e le capacità di adattamento e approvvigionamento del singolo individuo o del suo gruppo.
Al tempo, come oggi, capitava ben difficilmente che i cittadini si recassero fuori dalla città lontano dalle strade più battute, ne consegue che quasi nessuno sapesse nulla del territorio limitrofo. Le strade, in periodo di crisi, diventano pericolosissime, battute da bande di razziatori, ladri e semplici disperati in cerca di una facile preda, sono quindi da evitare, ma per chi non conosce il territorio muoversi è difficilissimo, quella che sembra una “innocua” macchia od un boschetto potrebbe velocemente diventare una trappola, tra animali selvatici e malintenzionati.
Gli abitanti delle campagne al contrario, alla prima avvisaglia di presenza nemica, scappano nei boschi con la propria famiglia e magari un poco di bestiame, e questo scoraggiava non poco gli aggressori, puoi essere il soldato più preparato del mondo ma seguire dei locali nel fitto di un bosco, tra spiriti a te ostili e possibile trappole, è sempre pericoloso.
Un contadino che difende la sua casa, protetto da un bosco, può avere la meglio sul soldato meglio addestrato (Teutoburgo insegna), oltretutto la maggior parte del possibile bottino rimaneva comunque nel villaggio disabitato. Semplicemente non ne valeva la pena.
La maggior parte dei massacri nei villaggi avveniva dopo attacchi a sorpresa, all’alba o da parte di truppe a cavallo.
Le genti rurali, grazie alle loro abilità, superarono i periodi di crisi, nascondendosi nei boschi e sopravvivendo con ciò che la natura poteva offrire loro.
Io non ho le competenze di un professionista in termini di sopravvivenza, pur avendo frequentato un corso base anni fa, ma conosco molto bene il mio territorio, lo giro spesso, a piedi, sia di notte che di giorno.
Non c’è albero, canale o macchia che non conosca, so dove si possono trovare cinghiali (pericolosi quando hanno con loro i piccoli), dove con la pioggia il terreno diventa melmoso, dove nella giusta stagione trovare fichi, noci, ghiande, funghi o giuggiole. Saprei, in definitiva, cavarmela per qualche giorno anche senza cibo e acqua.
Ciò che un uomo dovrebbe domandarsi è: “se per una qualunque ragione il nostro mondo dovesse andare in pezzi, e fidati che di ragioni ve ne possono essere a palate, sarei in grado di provvedere alle persone a me care? Sarei in grado di far sopravvivere chi mi è vicino, la mia compagna, i miei figli? Ed i miei amici, coloro che mi sono scelto come compagni d’esistenza, saprebbero fare altrettanto o lottare con altrettanto accanimento?”
Il resto, a parer mio, sono tutte chiacchiere.
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