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mercoledì 24 luglio 2019

Il Santuario, l'Albero e la Fonte - parte III

L'ALBERO e la FONTE

Nello scholion 138 vi è la descrizione dei dintorni del tempio di Ubsola; affianco a questo vi era l’albero sempreverde e la fonte dove venivano effettuati sacrifici umani. Anche in questo caso le somiglianze con l’universo mitologico sono fortissime; basti pensare al frassino Yggdrasill, axis mundi, ed alle varie fonti che zampillano vicino alle sue radici.
Il ritratto che Snorri Sturluson ne fa nel Gylfaginning è d’importanza primaria. Stando a Snorri, il frassino Yggdrasill è il più grande ed il migliore fra tutti gli alberi ( “Askrinn er allra tréa mestr ok beztr” ) dacché le sue fronde si elevano verso il cielo e si estendono yfir heim allan ( i.e. “sull’intera terra” con heim accusativo del sostantivo heimr ); tre delle sue radici affondano profonde per supportarlo e sotto ciascuna di queste vi è una fonte, quella che ha nome Hvergelmir, quella di Mímir ( i.e. “Mímis brunnr” è questa la fonte dove Óðinn sacrificò il suo occhio per poter bere alla conoscenza contenuta in quella fonte ) legata alla radice che si protende verso i giganti di ghiaccio ed infine la fonte di Urðr ( i.e. “Urðar brunnr” ) che è la più importante ed è sita sotto quella terza radice che si protende verso il cielo degli Asi.
Anche se nel suo racconto Snorri distinse queste tre fonti, esse sono dagli studiosi contemporanei assimilate ad una sola fonte che è quella cosmica; è importante notare come la tradizione antecedente a Snorri della Vǫluspá ( i.e. “profezia della veggente” Edda poetica ) nomini solo una di queste tre fonti, quella di Urðr, che stando all’Hávamál ( i.e. “il carme di Hár” Edda poetica, Hár ossia “l’Altissimo” è uno dei numerosi epiteti di Óðinn ) si troverebbe affianco alla Valhǫll.

La presenza di alberi e di fonti è comune a tutti i siti sacri germanici tanto che il binomio latino arbor et fons ( i.e. “albero e fonte” ) divenne il leitmotiv dei resoconti polemici dell’ecclesia contro i luoghi di culto politeisti; in un documento dal concilio di Tours del 567 sono riportate le punizioni da infliggere a color che pur essendosi convertiti di recente avessero indugiato ancora in ritualità precristiane volte alla ‘superstiziosa venerazione di montagne, di alberi e di fonti’ ( “[...] ut, quoscumque in hac fatuitate persistere viderint vel ad nescio quas petras aut arbores aut ad fontes” Concilium Turonense ). In una lettera del 597 che Gregorio I inviò alla regina merovingica Brunhilde questi tronfiamente narra di come il culto pagano degli alberi fosse stato estirpato ( “ut [...] cultores arborum non existant” Registrum Epistolarum ) senza tener conto del fatto che nel 727 sotto il regno del re longobardo Liutprando, a ben più di un secolo di distanza, fu emanata una legge restrittiva con penali contro coloro che avessero indugiato ancora nel venerare alberi e fonti, segno che la natura precristiana delle genti germanico - longobarde fosse tutt’altro che sopita ( “Simili modo et qui ad arbore, quam rustici sanctum vocant, atque ad fontanas adoraverit” ).
Dal Concilium germanicarum del 743 tenuto dal monaco anglosassone Wynfrith su concessione della corte carolingia ed incentrato sulle campagne di evangelizzazione che sarebbero partite da lì a poco alla volta dei territori di Frisia e Turingia ne nacque l’opera Indiculus superstitionum et paganiarum ( i.e. “Indice delle superstizioni e delle pratiche pagane” ) nella quale nuovamente si ritrova il venerare selve e fonti da parte pagana ( “De sacris silvarum, quæ nimidas vocant” cap. VI e “De fontibus sacrificiorum” cap. XI ). Stessa canzone si levò dalla Capitulatio de partibus Saxoniæ del 769 con la quale venne proibito il culto delle fonti e degli alberi.

Bisogna tener presente il fatto che non sempre la rappresentazione dell’axis mundi fosse un vero e proprio albero; spesso era un tronco di un albero. Nel santuario precristiano di Eresburg, secondo la descrizione di Rudolf di Fulda, vi era un largo tronco ligneo esposto al cielo chiamato dai locali Irminsul, termine che in latino - stando alla traduzione operata dallo stesso Rudolf di Fulda - verrebbe a significare proprio axis mundi od universali columna. Secondo il monaco Widukind di Corvey, autore delle Rerum gestarum Saxonicarum ( i.e. “Gesta sassoni” secolo X), l’etimologia del termine Irminsul è legata al fatto che i locali vedessero nel tronco una rappresentazione del dio Irmin.
Inutile dire che la traduzione fornita da Rudolf di Fulda sia quella che più si avvicina alla realtà delle cose dacchè il composto *jǫrmun- súla dal quale deriva con buone probabilità il termine Irminsul vuol dir proprio “grande pilastro”; tralasciando gli studi etimologici e tornando in ambito storico l’Irminsul venne distrutto nel 772, anno di inizio della prima campagna di Karolus Magnus contro i Sassoni.

Oltre alle testimonianze letterarie si hanno anche testimonianze archeologiche, basti pensare ai resti rivenuti sotto l’altare della chiesa di Frösön ( i.e. “isola dell’Ase Freyr” ) di vittime sacrificali assieme con un frammento di legno di betulla entrambi datati al secolo X o a quella fonte della tarda età del ferro a sudovest di Tuna ( Vendel ) che va sotto il nome di Odensbrunn. Per quanto concerne la fonte di Ubsola di cui parla Adam Bremensis non vi sono sinora attestazioni archeologiche valide nel sito di Gamla Uppsala che rispecchino la descrizione nelle Gesta Hammaburgensis.


Note:
Essendo questa una tesina universitaria svolta per il corso di Filologia Germanica 1A (2018 - 2019) tenuto dalla professoressa Carla del Zotto, ne sono vietati l'utilizzo e la condivisione da parte di terzi non affiliati a questo sito

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