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mercoledì 24 luglio 2019

Il Santuario, l'Albero e la Fonte - parte I

La seguente tesina tratterà della struttura dei templi della Scandinavia precristiana e delle loro caratteristiche che li rendono volontaria rappresentazione degli elementi cosmici propri della religione germanica precristiana.

Il tempio di UBSOLA

Scarse sono le fonti affidabili riguardanti i santuari nella Scandinavia precristiana; fra queste risalta un’opera di Adam Bremensis in quattro volumi, le Gesta Hammaburgensis Ecclesiæ Pontificum redatta intorno al 1075.
Appartenente al genere cronachistico delle gesta episcoporum, l’opera narra la campagna d’evangelizzazione portata avanti dall’arcivescovato di Hamburg-Bremen ai danni delle popolazioni slave e scandinave non ancora convertitesi al culto del hvíti-Kristur ( i.e. islandese per “Cristo bianco” ). Essa è riportata in numerosi manoscritti d’epoca medievale che Schmeidler in Monumenta Germaniæ Historica divise in tre classi ( i.e. classe A, classe B, classe C ) ed il più antico fra questi è il A2; risalente al secolo XII, è altrimenti noto come ‘manoscritto di Leiden’ ed è in esso e soltanto in esso che si può ritrovare la descrizione completa del tempio di Ubsola ( i.e. originale latino per ‘Uppsala’ ) con i vari scholia.

Nella Descriptio insularum aquilonis - nome del quarto libro del manoscritto A2 - Adam Bremensis parla di come il tempio di Uppsala fosse l’ultimo ostacolo alla totale cristianizzazione della terra degli Svear e ne rende una dettagliata fotografia. Sito nei pressi della città di Sictona, il tempio presentava vaste decorazioni in oro ed al suo interno vi erano poste le statue lignee ( il fatto che fossero lo si può dedurre dal verbo usato nel seguente passo “Wodanem vero sculpunt armatum” ) di tre Asi; Þórr ( nel manoscritto è riportato come ‘Thor’ ) era assiso su di un trono al centro della sala ed ai suoi lati vi erano Óðinn ( nel manoscritto è riportato come ‘Wodan’ ) e Freyr ( nel manoscritto è riportato come ‘Fricco’ ).
Lo scholion 138 restituisce più informazioni riguardanti l’area attorno all’edificio; vi sarebbero un albero sempreverde ( “semper viridis in hieme et æstate” ) con rami molto estesi di specie sconosciuta - secondo alcuni studiosi potrebbe essere un Taxus baccata dacché stando alla Hervarar saga ok Heiðreks ( i.e. “Saga di Hervör e Heidrek” secolo XIII, Islanda ) sotto quell’albero si era soliti svolgere sacrifici di sangue ed avere visioni mistiche forse dovute al polline del Taxus che è notoriamente allucinogeno - ed una fonte dove si immergevano degli individui come forma di sacrificio ( “ubi etiam est fons, ubi sacrifica paganorum solent exerceri et homo vivus inmergi” ).
Lo scholion 139 descrive invece nel dettaglio la struttura e la posizione del tempio che viene definito da Adam Bremensis con il sostantivo latino delubrum ( i.e. “santuario” ); il tempio è cinto da una catena dorata che getta i suoi riflessi su chiunque vi si avvicini ( “Catena aurea [...] lateque rutilans advenientibus” ) ed è posto fra delle montagne che lo cingono come gli spalti di un teatro - secondo Olof Sundqvist queste coincidono con i tumuli funerari reali di Gamla Uppsala.
Nel paragrafo 27 del quarto libro Adam Bremensis descrive il modus operandi dei sacrifici che si tenevano, solamente in Estate, nel boschetto nei pressi del tempio; nove “teste” di sesso maschile venivano offerte per placare le potenze celesti ( “[...] quod masculinum est, novem capita offeruntur” il numero nove è carico di misticismo nel mondo germanico, ad esempio nove sono i mondi che si sviluppano lungo l’axis mundi che coincide con Yggdrasill ) i cui corpi venivano appesi agli alberi del boschetto, di cui ogni albero era considerato sacro per il sangue versato ( “Is enim lucus tam sacer est gentilibus, ut singulae arbores eius ex morte vel tabo immolatorum divinae credantur” ). Il paragrafo si conclude riportando la testimonianza di un cristiano che lì vide ben settantadue corpi, di uomini come di animali. Questo breve passo è indice delle fonti alle quali attinse Adam Bremensis, il quale mai si recò di persona sul luogo ma si avvalse di testimonianze oculari come quella del re danese Svein Ástriðarson; nella sua giovinezza, durante il regno del re svedese Anund Jacob della prima metà del secolo XI, Svein visse in esilio nella terra degli Svear e lì rimase per ben dodici anni divenendo esperto delle usanze del luogo. Stando a quanto afferma Olof Sundqvist, altro testimone chiave sarebbe stato il vescovo della diocesi di Sictona, Adalvard il Giovane.

Studi recenti sembrano però rinnegare la validità storiografica di questa descrizione dacché presenterebbe troppi tópoi ascrivibili alla dimensione mitico epica del mondo germanico ed identificabili nella triade ‘santuario - albero - fonte’ che va a coincidere con quella ‘Valhǫll - Yggdrasill - fonte di Urðr’. Una simile valutazione è però fuorviante, dacché è proprio la presenza nel resoconto di Adam Bremensis di simili rimandi mitologici a validare quest’ultimo; secondo Olof Sundqvist il santuario, l’albero e la fonte vennero posizionati in loco proprio per rispecchiare quegli elementi cosmici della religione degli Svear sulla base di un principio imitativo del quale lo stesso Mircea Eliade è teorizzatore.
Essendo Ubsola sede del potere politico ed economico degli Svear, i regnanti che lì vi risiedevano forse realizzarono un simile complesso sacro per ricevere il plauso della popolazione come anche il favore delle potenze celesti di cui erano discendenti per tradizione ( e.g. si diceva che gli Ynglingar fossero diretti discendenti del dio Freyr ).
La presenza in loco della suddetta triade non è ristretta alla sola Ubsola ma anche ad altri siti in Scandinavia e nella Mitteleuropa germanica; segue ora un’analisi dei suddetti siti in base agli elementi ‘santuario - albero - fonte’.


Note:
Essendo questa una tesina universitaria svolta per il corso di Filologia Germanica 1A (2018 - 2019) tenuto dalla professoressa Carla del Zotto, ne sono vietati l'utilizzo e la condivisione da parte di terzi non affiliati a questo sito

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