Cerca nel blog

venerdì 15 marzo 2019

Considerazioni sulla funzione sovrana, parte II

Estratto dal saggio introduttivo a J. Haudry – “Loki” in corso di pubblicazione per Polemos Forgia Editoriale


Andando più in profondità è noto che Odino, notoriamente detto anche Wotan – da *wuot colui che possiede estaticamente e infatti definito «id est furor» da Adamo da Brema nel suo Storia degli arcivescovi della chiesa di Amburgo - percorreva i cieli in occasione della temibile e notturna Wilde Jagd, la Caccia selvaggia; così come percorre il cielo in sella a Sleipnir mentre soccorre il succitato Hadingus. Odr è lo stato di intensa esaltazione mistica da cui il nome Odhinn. Il tema del furore che “entusiasma” il guerriero, il bardo, il poeta è centrale in una certa lettura della spiritualità antica. Il furore è un elemento non umano che la divinità dona al pari della saggezza e dell’ispirazione poetica in un tutt’uno di estasi, ispirazione, scatenamento e fusione all’interno di una schiera. Come nota Quirino Principe, in una sua conferenza, l’entusiasmo guerriero è formato infatti da “en” e “theos”, rimanda quindi alla possessione da parte del demone del coraggio, quindi da Odino stesso in ambito germanico, che rigenera attraverso il sacrificio e l’incontro con la morte, come se la stessa attività guerriera fosse un’esperienza iniziatica e di deificazione.

Le schiere ferali dell’Oskorei che per la tradizione scandinava – ed europea in generale - attraversano il cielo nel periodo di Jul sono possedute da tale entusiastico ardore estatico. Così come i loro corrispondenti umani, legati in confraternite guerriere e iniziatiche come le Mannerbunde dei Berserker (pelle di orso) e degli Ulfednar (pelle di lupo). Evidente il parallelo con i Luperci della tradizione latina.

Come vedremo, per una sorta di coincidenza degli opposti, questi guerrieri estatici possono rappresentare sia una risorsa che una calamità per la comunità alla quale appartengono.

«Vedo nella scoperta di quelle particolarissime forme eroiche e demoniche del culto della morte proprie alle società di uomini (Mannerbunde) un punto centrale della vita germanica, una fonte religiosa, una forza etica e storico politica di immensa potenza.
Qui trovo sia già da evitare un malinteso: la parola “Estasi” lascia forse inizialmente pensare agli uomini moderni a qualcosa di volgarmente inebriante, una qualche soluzione che obbliga a ricadere nel rabbioso degradare nel caotico. Questo punto è attualmente di una incalcolabile importanza; rilevo come le tradizioni germaniche della masnada “Selvaggia” o “Wotanica” e il suo capo siano di una essenza completamente differente rispetto al concetto di estasi come degradazione: questo tipo di culti non aumentano un piacere passeggero.
Questi culti sono mezzi per aumentare non l’essenza caotica, ma l’Ordine; non la frenesia anarchica ma l’impegno; non la degradazione sociale ma piuttosto la costruzione del collante della società con gli antenati.» (Otto Hofler, Kultische Geheimbünde der Germanen, traduzione nostra)

Ad esempio, presso la fortezza di Jomsborg, presso Wollin alla foce dell’Oder, una mannerbunde di vichinghi seguiva una regola di ferrea disciplina.

Dalla mannerbunde di Jomsborg erano escluse le donne e solo uomini in età adulta vi potevano accedere. Legati tra di loro da vincoli di lealtà e votati alla rappresaglia e alla vendetta, dividevano il bottino tra loro costituendo un esempio di forte disciplina guerriera, come riportato dalla Saga dei Vichinghi di Jomsborg.

«Se la città natia intorpidisce in una lunga pace o nell'ozio la maggioranza degli adolescenti nobili va verso quelle nazioni che stanno facendo la guerra, poiché odiando la quiete, essi sono convinti di coprirsi di gloria fra i pericoli e di conservare un grande seguito soltanto in una vita forte e nella guerra» Tacito – De Germania (trad. F.T. Marinetti)

Al tempo stesso, tali Mannerbunde dei Berserker e degli Ulfednar, guerrieri sacri di Odino e figure ricorrenti nelle saghe, erano posti ai limiti della società, così come le oscene processioni degli adepti di Dioniso e delle Menadi.

«I suoi uomini andavano senza corazza, selvaggi come cani e lupi. Mordevano gli scudi ed erano possenti come orsi e tori. Facevano eccidio di uomini e ferro e acciaio nulla potevano contro di loro. Ciò era detto furore di berserker» (Snorri Sturluson, Ynglinga saga)

Le consorterie di berserker e ulfednar si distinguono spesso dal loro latrare durante i banchetti, oppure formano compagnie di sette, nove o dodici guerrieri con nomi simili, ad esempio riferentesi a Bjorn, l’orso. Si veda in tal senso le note avventure contro i Berserker compiute dall’eroe Starcaterus.

«I Longobardi fingono adunque d’aver nei loro alloggiamenti certi cinocefali, cioè uomini colla testa di cane, e fanno correre la voce tra i nemici, essere costoro nella guerra pertinacissimi, e talmente sitibondi di umano sangue, che se non poteano giungere l’inimico, col proprio si dissetavano.» (Paolo Diacono, Storia dei Longobardi)

Forse una lontana eco di queste schiere terrificanti si trova persino nella vicenda dell’eroe danese Amleto che mette in scena in una battaglia narrata nelle Gesta danorum un esercito tremendo composto da morti sostenuti artificialmente, per mettere paura ai nemici e far sembrare ampissime le sue truppe.

Le schiere di guerrieri estatici vestiti di pelli di animale erano considerati comunque un pericolo oltre che una risorsa, soprattutto nei tempi di pace. Avere un Berserker tra i propri antenati – come nel caso dell’ero islandese Egill - portava con se predisposizioni e retaggi oscuri, inquietanti e spesso di autentica instabilità. Come nel caso dei dodici figli di Vestmaro, nel quinto libro del già citato Gesta Danorum di Saxo Grammaticus, i quali essendo dei berserker in tempo di pace, sfogano il loro “temperamento focoso” in pratiche “oscene” e “degeneri”, violentando ogni donna che capitava loro a tiro, facendo dimenticare l’amore a favore “dell’amplesso violento” ma non solo, si esercitavano anche nell’appendere con funi le loro povere vittime per torturarle. Istituirono addirittura una sorta di ius primae noctis per il quale ogni vergine finiva per essere loro vittima.

Articolo di Andrea Anselmo che ringraziamo per il prezioso contributo

Nessun commento:

Posta un commento