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lunedì 12 ottobre 2020

Seið hòn leikin - parte II

Fig. 1: "Odin and the Völva" (1895) by Lorenz Frølich

Fonti letterarie


Il principale biasimo che si fa alle fonti letterarie come l'Edda e le Saghe è la loro composizione tardiva, nel migliore dei casi 100-200 anni successiva ai periodi di cui trattano. 

Non è certamente l'unico caso nella storia della letteratura antica, ed è risolto piuttosto semplicemente, almeno nel caso della poesia: i kenning (il complesso arrangiamento delle strofe tipico della poesia dell'età Vichinga) possono essere datati in base alla loro metrica e all'uso di alcune particolari figure retoriche, dando un'indicazione piuttosto accurata del periodo della loro composizione. E' grazie a questa tecnica che possiamo discriminare quali porzioni dei poemi Eddici sono originali e quali aggiunte tardive certe (la fine della Vǫluspá ad esempio) o presunte, e confermare che si tratta effettivamente di trascrizioni medievali di una più antica tradizione orale.

Siamo meno fortunati per quanto riguarda la prosa, ma l'utilizzo di alcuni termini – e soprattutto la loro traslitterazione – possono darci un'indicazione di come si datino nella storia della transizione tra il proto-norreno, il norreno antico e l'islandese: un esempio emblematico è il Vǫlsa þáttr, contenuto in un testo talmente tardivo (il Flateyjarbók, circa 1400) che la sua data di composizione avrebbe portato a scartarlo immediatamente da questa trattazione, ma che contiene invece dei marker filologici molto più antichi.

A questo si aggiunge il fatto che rari, ma significativi episodi sono riportati in più testi che non possono essersi influenzati fra loro o trovano conferma archeologica.

In definitiva, già dalle fonti letterarie possiamo farci un'idea di come venisse praticato il Seiðr, per cosa venisse usato e come apparissero e venissero percepite le völur.

Edda poetica: 

Lokasenna: nella sua invettiva contro Odino, Loki lo accusa di ergi (omosessualità passiva), stigma sociale attaccato alla pratica del Seiðr da parte di un uomo. "Ma tu, dicono, hai praticato il Seiðr a Samsö e hai battuto sul vètt (tengo questa parola originale perchè ci tornerà utile nella discussione sugli strumenti del Seiðr) come le volur, come un vitka (stregone) e questo, per me, è ergi";

Vǫluspá: nel famosissimo poema eddico Odino si rivolge a Heiðr, völva di incredibile saggezza, per essere ragguagliato riguardo l'origine e la fine del mondo. A sua volta Heiðr invoca la porzione della sua anima che è nel regno dei morti, o il suo doppio (la frasazione è dubbia a riguardo) lasciandoci la descrizione sia di un complesso Seiðr a scopo divinatorio che dell'elevatissima considerazione in cui era tenuta la figura della völva. Qui compaiono i versi che danno il titolo a questo saggio: "seið hon kunni - seið hòn leikin". L'uso al passivo di "leika" descrive qualcosa o qualcuno che "gioca con" Heiðr, per cui i versi possono essere tradotti come: "conosceva il Seiðr - attraverso il Seiðr era mossa" indicando che Heiðr profetizzasse in uno stato di trance;

Hindluljod (porzione datata filologicamente ca. 1100): "tutte le volur discendono da Viðjolfr, tutti i vitkar discendono da Vilmeiðr, tutti i seðberendr discendono da Svarthofti come tutti i giganti da Ymir". Le ultime due definizioni sono riferite ai praticanti di sesso maschile e non le tratterò qui, ma si è ipotizzato che Viðjolfr (lett. "dente di lupo", Odino?) potesse essere una figura corrispondente o ispirata a Vitulfo, leggendario guerriero che aveva imparato ad utilizzare la magia per curarsi o confondere il nemico (anche qui il parallelismo con Odino è evidente).


Loreta Fasano

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