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martedì 16 aprile 2019

Alaksandu - Parte terza

Mentre i carri si ritirano, rischierandosi alla destra delle fanterie, il signore della guerra osserva i suoi uomini: tutti, dal più umile contadino al più benestante dei guerrieri, hanno un’espressione fiera sul volto.
Sono orgogliosi di quanto stanno facendo, di difendere con bronzo e pelle le proprie famiglie e la propria terra.
Ne osserva gli scudi lucidi e i calzari rattoppati, le armi splendenti e le umili vesti.
Non sono mai state ricche le sue genti, ma hanno sempre avuto coraggio e buona volontà, e la pazienza tipica di chi coltiva.
Dà poi un’occhiata al nemico, a quella marmaglia indistinta di razziatori, irrispettosi degli Dèi, incapaci di concepire qualcosa che vada al di là della propria cupidigia e di vedere più lontano della punta del proprio cazzo.
Si lascia trascinare dal disgusto verso quella feccia, lascia cavalcare a ruota libera il proprio odio per poi imbrigliarlo come un cavallo davanti ad un carro. Osserva i propri schermagliatori infastidire il nemico con frecce, sassi e giavellotti e nota, fra le fila nemiche, un fremito.
Un uomo armato di frusta, riccamente vestito, colpisce a caso fra i propri uomini nella speranza, evidentemente, di tenere i ranghi uniti.
Era il segnale che aspettava, impugnata la lunga lancia dal cuspide dorata suona poi il corno, tre squilli brevi ed intensi, il segnale che tutti aspettavano.
I carri manovrano portandosi sul fianco del nemico mentre la fanteria ne impegna le linee, è uno scontro breve e brutale, un’ecatombe per il nemico il cui comandante, l’unico in grado di mantenere un briciolo di disciplina, viene ucciso nella prima fase dello scontro, colpito al petto da un fante armato di lancia.
La battaglia, se è ancora definibile tale, si divide in una serie di piccoli scontri ed inseguimenti, fra pochi gruppi decisi a vendere cara la pelle e le centinaia di fuggiaschi, in preda al panico, preda perfetta per i carri.
Poi, così come tutto è iniziato, lo scontro si conclude, e gli uomini festeggiano, dividendosi le ricchezze e le armi conquistate.
Ognuno, dal contadino al nobile, riceve la sua giusta parte, commisurata al proprio valore, e grida di gioia si diffondono fra i vincitori, vengono infatti presi molti schiavi che renderanno meno dura la fatica della stagione a venire. Viene poi il momento di onorare i propri morti, poco più di trenta, e di bruciare sulle pire i cadaveri dei nemici, molto più numerosi.
E poi birra e canzoni, fuochi e racconti prima del ritorno al focolare, tanto caro e per ora al sicuro.

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