Essi adoravano gli Dèi indoeuropei, nelle figure di Diwo (signore supremo), Divia sua sposa, Atana potinija, Atemitos signora della caccia e molti altri.
Nei loro culti, nella loro fede, è possibile vedere il riflesso più arcaico, puro e legato ai primordi dei culti di epoca classica, pur con alcune differenze.
Manca Apollo, probabilmente al tempo onorato dagli Ittiti e dai popoli a loro affini quali gli abitanti di Ilio, non è infatti da ritenere casuale il ruolo del Dio nella famosa guerra, egli era infatti protettore della città in questione.
Altre differenze si possono notare nelle divinità guerriere, Ares e Enyalius sono infatti due divinità differenti e non, come in epoca classica, una sola entità.
Verranno comunque pubblicati a breve articolo di carattere divulgativo sulla fede arcaica micenea, che andranno ad approfondire affinità e divergenze fra il culto Miceneo e quello della Grecia classica.
L’apogeo di queste genti avvenne sotto il comando del Re Agamennone, capo di una confederazione tribale che univa tutti gli Achei continentali, poco prima del cosiddetto “collasso dell’età del bronzo”.
Questa ultima fase è caratterizzata da un forte stato di guerra che oppone, alla numerosa e combattiva coalizione a guida micenea, la città di Īlĭŏn (Ilio, altro none della antica Troia) ed i suoi alleati.
Molta letteratura, specialmente ottocentesca, tentò di vedere in questo scontro una prima rappresentazione del perenne scontro fra Occidente ed Oriente, fra popoli indoeuropei e genti del levante.
In realtà le fonti dicono tutt’altro, Ilio, chiamate Wilusa dai propri abitanti, era infatti popolata da indoeuropei, principalmente Ittiti ma con una forte componente egea (torneremo, comunque, spero abbastanza presto, con un articolo dedicato proprio a questi popoli, ramo anatolico delle genti indoeuropee).
L’enorme scontro fu quindi fra affini, popoli fratelli destinati dal Fato e dal volere degli Dèi immortali ad affrontarsi per conquistare gloria eterna e fama immortale, adempiendo quindi pienamente al proprio destino di uomini.
I loro nomi e le loro gesta, che conosciamo grazie ad Omero e alla trasmissione orale prima di lui, siano quindi guida sicura per coloro che vivono ora e per coloro che verranno nei tempi a venire.
Cosa ne fu, quindi, di queste genti?
Intorno al 1200 ante era comune tutte le società del mediterraneo entrarono in profonda crisi, un crollo generalizzato pose le basi per l’avvento di una nuova era.
Gli Achei, minacciati dalle incursioni dei popoli del mare e dalla calata dei Dori, patirono innumerevoli distruzioni ma sopravvissero al cosiddetto “medioevo ellenico” in villaggi fortificati e cittadelle che formarono poi il nucleo fondante delle future póleis, le città stato di epoca classica.
Mantennero a lungo la propria libertà ed i propri costumi, difendendosi dalle forze persiane (coadiuvati dai Dori di Sparta, ormai membri a pieno titolo delle genti dell’Ellade) per poi perdere limitatamente la propria indipendenza sotto le armi macedoni prima e completamente sotto quelle romane poi.
L’età del lupo nella quale viviamo cova però sotto la cenere che tutto ricopre una scintilla di ciò che fu e non è detto che essa non possa tornare a divampare fra le genti dell’Ellade riportando i Danai ai fasti di un tempo.
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