Il termine licantropo è di origine greca e significa “uomo-lupo”. È composto da lýkos (lupo) e ànthropos, (uomo). Lupo mannaro invece è un termine più tardo, che deriva dal latino volgare “lupus hominarius” (Lupo umano/Lupo mangiatori di uomini). Questo termine non denota un licantropo in senso stretto, il quale viene usato in riferimento a storie e leggende, spesso locali, di enormi lupi mangiatori di uomini, non necessariamente sovrannaturali.
Il licantropo, nell'immaginario collettivo, è un uomo che si trasforma nelle notti di luna piena (Eccezione è fatta per la tradizione popolare sarda, in cui troviamo L'erchitu. Un uomo che a causa di un maleficio, avvenuto per grave colpa, si trasforma in bue nelle notti di luna piena).
Interessante è come per la maggior parte delle popolazioni, geograficamente anche lontane, il lupo sia scelto come animale totemico. Questa scelta non è affatto casuale. Il lupo era l’animale più diffuso sia nel continente-Euroasiatico sia in America e viveva in stretto rapporto con l’uomo.
Nel saggio “Ecological and cultural diversities in the evolution of wolf-human relationships” di Luigi Boitani, viene ricostruito totalmente e fedelmente il rapporto tra lupo, uomo e società.
Le antiche comunità di uomini, vedevano il lupo con profonda ammirazione. Erano società di uomini dedite alla caccia ed alla raccolta, mentre quando si evolsero in società pastorali e dedite all'allevamento, venne cacciato e ripudiato.
Si delineano i primi aspetti di profonda ammirazione che l’uomo ha per il lupo, agli albori della civiltà dell’uomo. Uomo come cacciatore, costretto a procurarsi il cibo con le proprie forze, come un animale predatore. Nel farlo, il confronto con il lupo è inevitabile, un confronto da cui l’uomo esce sconfitto, inferiore rispetto all'animale in termini di velocità, scaltrezza, acutezza dei sensi e potenza. Il lupo è quindi il rivale eccellente/cacciatore visto con ammirazione e rispetto poiché possiede quelle caratteristiche che a lui mancavano, caratteristiche che doveva saper ricreare per essere alla pari. Ecco quindi l’intervento dello sciamano, finalizzato a realizzare questa fusione tra uomo e lupo tramite ben precisi rituali estatici, che permettono all'uomo di catturare lo spirito, l’essenza, del lupo e farlo proprio, indossandone la pelle (non solo e non limitato esclusivamente alla pelle) e identificandosi con lui.
Questo rapporto di venerazione e rispetto viene meno con l’evoluzione dell’uomo in una società diversa, più sviluppata e con il passaggio dalla società di caccia e raccolta a quella pastorale e, successivamente, a quella contadina. L’uomo, divenuto un allevatore, e poi un contadino, mal sopporta i continui interventi dei lupi, etichettando gli animali non più come rivali bensì come pericolo (Questa la prima demonizzazione). Nasce in questa fase il primo stereotipo di lupo cattivo, e di conseguenza il cacciatore di lupi (luparius).
Nelle scienze etno-antropologiche, si definiscono società di cacciatori-raccoglitori quelle popolazioni il cui sistema di sostentamento alimentare non si basa su alcuna forma di agricoltura o allevamento ma fa leva unicamente su acquisizione e prelievo di cibo e risorse alimentari dalla natura selvatica. Queste comunità si procurano il cibo cacciando animali e raccogliendo frutti selvatici, senza far ricorso, a fini alimentari, a specie domesticate vegetali o animali. Si tratta di una caratteristica tipica di società primitive, che non realizzano un sistema economico di produzione in senso stretto ma di sola acquisizione o di prelievo.
Nel ciclo epico Gilgamesh (incentrato sul re sumero di Uruk, composto tra il 2600 a.C. e il 2500 a.C.), la Dea Ishtar, Signora della Bellezza e della Fecondità, trasforma un pastore in lupo, mettendogli contro la propria famiglia e gli amici, al punto da essere cacciato dal suo stesso villaggio e dai suoi cani (un breve accenno per capire da quando è lontana la demonizzazione del lupo. Altre testimonianze di questo genere le abbiamo nella bibbia e nella cultura greca).
Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz
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