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lunedì 13 maggio 2019

Monachesimo innaturale, parte III

Evangelizzazioni forzose

Con l’avvento nell’universo monastico europeo della ‘Sancta Regula’ (i.e. regola benedettina) dettata da Benedetto da Norcia nel 534, fondamento principe della vita monacale divenne il principio della ‘stabilitas loci’ (latino per “permanenza in un luogo”) andando così a colpire quella serie di movimenti girovaghi che imperversavano in occidente.
La ‘Sancta Regula’ si diffuse in tutto l’occidente sotto l’accezione di “regola romana” arrivando a toccare l’isola dell’Irlanda la quale divenne centro di irraggiamento della vita monastica di tipo irlandese. Alla base di questo monachesimo “celtico” che nel sinodo di Withby del 664 si scontrò con quello “romano” e dunque benedettino sulla questione della datazione della Pasqua vi era la ‘peregrinatio pro amore Christi’ ossia l’evangelizzazione di genti lontane per amore di Cristo.
Fu così che nella metà del VI secolo dei monaci irlandesi fondarono il monastero di Iona sull’omonima isola di fronte alle coste occidentali della Scozia. Da lì partirono varie missioni con lo scopo di evangelizzare Pitti, Scoti ed i regni dell’eptarchia anglosassone; alcune di queste verso il 635 raggiunsero il regno di Northumbria e con l’appoggio del sovrano Oswald fondarono su un’isola della costa nord orientale il monastero di Lindisfarne, gemello di Iona.
Verso il VII secolo la confessione in forma privata - un tempo appannaggio dei soli membri dei cenobi - andò a sostituirsi a quella in forma pubblica tipica del continente su ispirazione di un sistema penitenziale del tutto nuovo proveniente dall’Irlanda alla cui base vi erano i cosiddetti libri penitenziali, opere ispirate ai codici giuridici incentrati sul principio dell’arbitrato e della compensazione. Ai penitenziali i cenobi irlandesi facevano riferimento per la confessione dei propri confratelli ed ad ogni violazione (e.g. infrangere la regola del silenzio durante i pasti, sorridere durante il servizio divino, usare le parole “mio” e “tuo”, contraddire un confratello etc.) corrispondeva una severa penitenza. Il fine di questa durissima disciplina era quella di arrivare a soffocare l’orgoglio e la sensualità per conseguire il pieno controllo di sé e la sottomissione della volontà all’unione con Dio. Fu questo il maggior contributo del monachesimo “celtico” alla diffusione del Cristianesimo.
Sempre in quegli anni, fra la fine del VII secolo e gli inizi del secolo VIII, il monachesimo dei regni merovingici, plasmato sull’esempio del monastero di Luxeuil fondato dall’irlandese Colombano, si rese protagonista di quella prima stagione d’evangelizzazione che colpì le regioni immediatamente ad est del regno franco; a differenza di quanto sostengono per ovvie ragioni propagandistiche le fonti dell’epoca le popolazioni che lì vivevano già erano entrate in contatto con il Cristianesimo date le numerose testimonianze archeologiche.
Il principale protagonista di questa operazione fu l’anglosassone Wynfrith; monaco animato da una assoluta devozione alla chiesa di Roma ed alla regola benedettina si recò a Roma nel 719 per ricevere dal pontefice Gregorio II istruzioni e sostegno per la missione evangelizzatrice in Frisia, in Turingia e negli altri territori ad est del Reno quali ad esempio l’Assia. Nel 722 venne consacrato vescovo di Germania e ribattezzato dallo stesso pontefice con il nome di Bonifacio. Nel 725, tornato in Assia con il nome di Bonifacio, fece abbattere a Geismar quella quercia che era stata consacrata a Donar. Nell’ultimo dei suoi viaggi missionari in Frisia venne giustiziato dagli autoctoni assieme ai suoi cinquanta compagni sul fiume Borne nei pressi di Dokkum il 5 Giugno 754 per i vari soprusi e le vessazioni perpetrate ai danni dei seguaci dell’antica via. Il suo operato ricevette il beneplacito dei sovrani merovingi il cui ultimo esponente, Childerico III, fu deposto nel 751 per opera del ‘maior domus’ Pipino il Breve; questi riconfermò l’appoggio della corona franca alle missioni di evangelizzazione ad est con il duplice scopo di accattivarsi il favore del pontefice e di ottenere tramite la fondazione in quelle terre tedesche ancora da conquistare di grandi cenobi (e.g. Reichenau, Echternacht e la stessa Fulda fondata dallo stesso Bonifacio), vere e proprie teste di ponte per le future conquiste.
Fra il 772 ed l’804 la Sassonia fu conquistata ed evangelizzata con la forza sotto la guida di Karolus Magnus, primo sovrano carolingio. Esemplare fu l’abbattimento nel 773 ad opera dei monaci al seguito delle armate carolingie dell’albero sacro Irminsul ed il massacro del 782 di quattromilacinquecento prigionieri sassoni nei pressi di Verden.

Fonti:
- Storia del monachesimo medievale, Anna M. Rapetti
- Manuale di storia medievale, Andrea Zorzi

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