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sabato 4 maggio 2019

Lupi/guerrieri lupo (Úlfheðnar), parte III

Altro metodo di trasformazione sta nell'utilizzare oggetti particolari (una pelle di lupo che fa perdere la ragione). Nella saga dei Volsungar (opera in prosa scritta in Islanda nel tardo XIII secolo, un classico dell’epoca germanica) Sinfjotli e il padre Sigmund trovano due pelli di lupo in una casa in mezzo alla foresta, le indossano e diventano lupi per dieci giorni, correndo e parlando proprio come lupi. Per fortuna, allo scadere del decimo giorno, il maleficio si esaurisce e recuperano forma umana, bruciando le pelli e interrompendo la maledizione.
Olaus Magnus compì un lungo viaggio (1518), come legato pontificio, nel Nord della Svezia, in visita alle esigue comunità cristiane dell'epoca, immerse in un ambiente ancora essenzialmente pagano. Come Arcivescovo di Uppsala, scrisse che i licantropi della Livonia diventassero tali dopo aver bevuto un preparato speciale a base di birra e aver pronunciato un incantesimo specifico (“Historia de gentibus septentrionalibus" - 1533).

[…]la notte medesima con meravigliosa ferocità incrudeliscono, e contro la generatione humana, e contro a gl’altri animali, che non son di feroce natura, che gl’habitatori di quelle regioni patiscono molto più danno da costoro, che da quei che naturali Lupi sono, non fanno. Percioche, come s’è trovato, impugnano con meravigliosa ferocità a le case de gl’huomini, che stanno nelle selve, e sforzansi di romperle le porte, per poter consumare gl’uomini e le bestie che vi son dentro[…].
(traduzione dal latino di Remigio Fiorentino, Venezia, 1561) E' interessante notare come la trasformazione volontaria è innescata anche senza luna piena.
Quando l’intervento non è divino e non legato alla figura negativa del lupo e ad una maledizione, troviamo l’intervento degli sciamani e il grande rispetto che hanno per questo animale totemico e le radici profonde per cui è venerato e ammirato.
Gli uomini-lupo rivestono grande importanza nella mitologia e nella cultura germanico scandinava. È necessario rimarcare la differenza tra licantropi in senso stretto (ossia uomini che, come Licaone, mutano il proprio corpo fino a divenire lupi), in norreno noti come vargulfr (varulfur-Licantropo), e gli ulfhednar, che, nonostante l’atteggiamento aggressivo e bestiale che li domina, rimangono comunque uomini.
Nella saga di Egill (XIII sec.) e nel Landnámabók (manoscritto sulla colonizzazione islandese) troviamo, Kveldulfr (“lupo della sera”), un personaggio noto e ricorrente in altre saghe islandesi. La sera si incupiva sempre ed andava a letto presto; venne così considerato un mutaforma.
È interessante notare che l’attivazione della trasformazione è dovuta a stregoneria (la saga dei Volsungar) o all'indossare delle pelli di lupo, un chiaro riferimento agli ulfhednar, il cui nome significa proprio “casacche di lupo”(G.C. Isnardi: “corto capo di vestiario senza maniche con cappuccio di pelle”), un clan di guerrieri che, che riprende antiche pratiche sciamaniche diffuse nelle società di caccia e raccolta. La connotazione negativa della trasformazione in lupo, con tutte le efferatezze compiute dall'animale, risente delle politiche missionarie messe in atto dal Cristianesimo per convertire i nordici pagani, deridendo, infamando e criticando le loro tradizioni giudicate barbare.
Vedi anche la piastra di bronzo, che probabilmente decorava un elmo, rinvenuta a Torslunda in Oland (Svezia), risalente al V-VI secolo, dove è raffigurato un guerriero con un corpo umano su cui è innestata una testa di lupo.
L’indossare pelli di lupo non è prerogativa di questi gruppi guerrieri nordici, lo sappiamo. Basta ricordare Aita, Dio etrusco, i druidi, gli Hirpi Sorani o il troiano Dolone che, nell'Iliade, prima di un combattimento indossa la pelle di un lupo canuto, per assumere le caratteristiche dell’animale.
Ciò che è singolare, e unico di questi clan, è il livello di convinzione raggiunta, nonché l’efferatezza delle loro azioni, probabilmente indotta dalle bevande che assumevano e amplificata successivamente dalla letteratura cristiana.

Hrafnsmal, la ballata del corvo, antica saga del X secolo attribuita a Thorbjǫrn Hornklofi, li descrive così: Wolf-skinned they are called. In battle They bear bloody shields. Red with blood are their spears when they come to fight. They form a closed group.

(Estratto da “Chronicles of the Vikings”, di R.I.Page, Toronto, Canada: University of Toronto Press, 1999)

Le origini di questa classe di guerrieri-belva affondano nei loro antenati germani. Basta leggere un passo del De origine et situ Germanorum di Tacito (libro XLIII):
“Truci di aspetto, accrescono la loro naturale ferocia con l’arte e con la scelta del tempo. Hanno scudi neri, corpi tinti; per combattere scelgono le notti oscure; il solo orrore di questo esercito di fantasmi semina lo spavento, poiché non vi è nemico che sostenga il loro aspetto straordinario e quasi infernale.” (conosciuti anche come guerrieri ombra/fantasma).
Il passaggio dalla “Germania” alle terre nordiche è naturale, come la commistione a tradizioni sciamaniche di provenienza finnica. Giovanni Pagogna in un interessante articolo analizza la società finnica “ancora fortemente tribalizzata e legata alla natura da un rapporto simbiotico, dato che le difficili condizioni della loro terra ostacolavano l’agricoltura e spingevano a uno stile di vita basato su pastorizia nomade di renne e caccia, raccolta e baratto”, per cui gli sciamani “credevano infatti di potersi trasformare in orsi, lupi, renne o pesci, similmente a ciò che tramandano alcune saghe sui primi berserkir e ulfhednar, che combattevano sotto le sembianze del loro animale sacro”. Questo furore i romani lo battezzarono “furore teutonico” e lo disprezzavano, in quanto la furia era opposta all'insieme dei loro valori di disciplina, controllo di sé e impeccabilità. La furia rendeva gli uomini delle bestie, azzerando la loro dignità e sprofondandoli verso gli istinti più primordiali e incontrollati, anche grazie al loro addestramento psicofisico per resistere al dolore. La loro efferatezza dipendeva anche dalle capacità dello sciamano di istillare tale convinzione nella mente degli iniziati. Inizialmente questi clan erano guardati con ammirazione, quasi fossero i depositari della sapienza guerriera e del furore divino, poi con l’avvento del Cristianesimo le genti del nord mutarono il loro atteggiamento verso i “consacrati a Odino”, che vennero etichettati come pazzi indemoniati, malati di mente o addirittura servi del demonio. - Considerazioni finali La figura dell’uomo lupo e della sacralità che riveste l’animale totem per questi guerrieri è stata totalmente stravolta. L’evoluzione della società ha iniziato a demonizzare la figura del lupo non più ammirata ed imitata ma bensì scacciata, ed il cristianesimo ha finito per distruggere l’importanza che la figura del lupo ricopriva per le antiche popolazioni e tutti gli scritti che ci sono arrivati (vedi i nomi dei lupi di Odino) sono stati totalmente stravolti nel periodo in cui il cristianesimo si era affermato in quei territori.
L’uomo lupo nelle antiche popolazioni è molto più nobile di un cane rabbioso.

Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz




Nota dell'autore:

La parte da sottolineare, è il fatto che per essere affini allo spirito lupo - e non necessariamente guerriero nel vero senso della parola - non è obbligatorio uccidere un lupo ed indossare la pelle; ovviamente se ci si definisce guerriero, bisogna allenarsi come un guerriero.
Un individuo che pesa 300kg ed il massimo sforzo che riesce a compiere è quello di mangiare ciambelle sul divano, o è un lottatore di Sumo - ed anche se fosse un lottatore di Sumo, dubito che fisicamente potrebbe essere assimilato ad un lupo - o è un pagliaccio; stesso è il ragionamento da farsi se un individuo pesa 50kg bagnato.
Alcune cerimonie - anche moderne, ma che rimangono abbastanza segrete per evitare i curiosi, "per dirla in maniera gentile" - decretano il proprio spirito animale, a seguito di interventi dell'animale stesso o comportamenti anomali (e.g. la persona torna accompagnato per una parte di strada dall'animale, o viene aiutato a sopravvivere dall'animale - sottolineo sopravvivere nel vero senso della parola, poiché si sta nei boschi anche mesi - o in generale, c'è un forte intervento dell'animale stesso).
Quanto avete appena letto è ovviamente detto in modo semplicistico; non confondiamo simili manifestazioni con accadimenti del tutto banali che spingono ad un triviale logicismo (e.g. "il lupo al Bioparco mi ha guardato, allora sono un lupo").
Scrivo questo perchè è giusto comprendere che queste "regole" sono rigide ma al tempo stesso variabili e spero che le persone non le interpretino banalmente.

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