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mercoledì 15 maggio 2019

Monachesimo innaturale, parte V

Bernardo di Clairvaux

“Gualtiero, conte di Nevers, morì alla Certosa, e lì venne sepolto. Bernardo accorse allora al sepolcro e poiché era rimasto a lungo prostrato a pregare, il priore lo pregò di andare a pranzare dato che era l’ora. Bernardo gli rispose: Non mi smuoverò da qui finché frate Gualtiero non mi parlerà. Ed esclamò a voce alta: Gualtiero, vieni fuori! Ma Gualtiero, che non sentiva la voce di Gesù, non ebbe le orecchie di Lazzaro e non uscì.”
- Walter Map, Svaghi di Corte

Bernardo di Fontaines (o ‘di Clairvaux’) fu il campione della riforma cistercense nel secolo XII.

Nato a Fontaine-lès-Dijon nel 1090, otto anni prima della fondazione di Cîteaux ad opera di Roberto di Molesme, vi entrò come novizio ventidue anni più tardi assieme ad una schiera di giovani cavalieri da lui convinti ad intraprendere la carriera monastica. Alla stregua di questi giovani anch'egli proveniva da una famiglia di nobili cavalieri e non dimenticò certo lo spirito che animava la cavalleria.

Per questo egli contribuì a creare assieme al cugino Ugo di Payns che ne divenne primo maestro l'ordine religioso cavalleresco dei ‘Pauperes commilitones Christi templique Salomonis' (i.e. “Poveri compagni d'armi di Cristo e del tempio di Salomone”), una nobiltà monastica votata alla lotta per Cristo che divenne poi nota con il nome di Templari. Nello scrivere ‘'Ad Milites Templi de laude novæ militiæ’ (i.e. “Sui cavalieri del Tempio, in lode della nuova milizia”) Bernardo, nel voler propagandare questo suo ideale cavalleresco, definì con un gioco di somiglianze lessicali la milizia secolare (quella laica per intenderci) come ‘malitia’ (i.e. “malignità”) dacché a detta sua favoriva il crescere della violenza, dell'orgoglio, della vanità e della sensualità. Bernardo contrappose poi alla milizia secolare l'ordine templare da lui definito come ‘summa militia’ (i.e. “suprema milizia”); mentre i membri della prima nell'uccidere il proprio nemico peccavano mortalmente dacché si macchiavano di omicidio violando così il quinto dei dieci comandamenti, i membri della seconda commettevano un “malicidio” ossia estirpavano il male pagano (nel secolo XII tutti i non cristiani erano apostrofati con il termine ‘pagano’) facendo dunque la volontà del Cristo. Partendo dal sentimentalismo allegorico che permeava l'uomo medievale - ben diverso dal sensazionalismo dell'epoca contemporanea, in quanto incentrato sul simbolo e l'allegoria - e facendo leva sul peccare dell'uomo nella vita terrena e sulla punizione in quella ultraterrena, Bernardo riuscì a riformare gli ideali della cavalleria ed a metterla al servizio dell'ideale cristiano.

Nacque così una vera e propria ‘militia Christi’ (i.e. “milizia di/per Cristo”) in difesa della religione cristiana e dei suoi seguaci, in concomitanza con la conquista portata avanti dai turchi Selgiuchidi di fede sunnita ai danni dei territori mediorientali. Sul finire del secolo XI i Selgiuchidi intensificarono i loro attacchi alle carovane di pellegrini che viaggiavano verso la terra santa rendendo così necessaria da parte di Urbano II la proclamazione al Concilio di Clermont del Settembre 1095 di un pellegrinaggio armato alla volta di Gerusalemme; ebbero così inizio le crociate.

Torniamo però a Bernardo ed ai cistercensi. Come già ricordato in precedenza molti dei monaci di Cîteaux e di Clairvaux sua prima abbazia figlia fondata da Bernardo erano stati cavalieri, addestrati alle armi, versati nella letteratura cortese e fini conoscitori dei romanzi cavallereschi. Il diffuso interesse per questo genere letterario fra i monaci dell'epoca emerge con tutta la sua prepotenza in uno stratagemma narrato da Cesario di Heisterbach ed usato da un abate cistercense per riottenere l'attenzione dei suoi monaci; segue ora il passo in questione:

“In una certa festa, durante la predica che l'abate Gervadus teneva nel Capitolo, avendo egli visto che molti, soprattutto fra i conversi, sonnecchiavano e alcuni addirittura russavano, esclamò: << Ascoltate, fratelli, ascoltate, vi racconterò ora una cosa nuova e interessante. Vi fu una volta un re, di nome Artù >> Detto questo, non andò più oltre, ma disse: << Vedete, fratelli che cosa miserevole. Quando parlavo di dio, dormivate; appena ho incominciato a parlare di cose divertenti, svegliandovi, con le orecchie ben aperte, avete cominciato ad ascoltare >> Io sono stato presente a questo sermone. Il diavolo non tenta solo gli individui spirituali ma anche i secolari con la sonnolenza.”

Non è forse questo massimo segno di come l'immaginario guerresco fosse ancora radicato fra i monaci? Esso era parte della naturale essenza dell'uomo che Bernardo cercò di mutare utilizzando ripetutamente nei suoi scritti metafore e vocaboli dell'ambito militare trasfigurandoli nel campo del divino. Nelle otto parabole di Bernardo ricorrono termini militareschi quali "spada", "freccia", "lancia" e così via, segno che persino Bernardo, campione della riforma cistercense e monaco votato al rigorismo, non riuscì a distaccarsi da quel mondo secolare della 'malitia' che tanto disprezzava ma dal quale proveniva e che tanto affascinava i contemporanei suoi.

Fonti:
- I monaci e l'amore nella Francia del XII secolo, Jean Leclercq
- Storia del monachesimo medievale, Anna M. Rapetti

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