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martedì 14 maggio 2019

Monachesimo innaturale, parte IV

Le grange cistercensi

Nel 1098 Roberto, abate di Molesme e membro quindi dell’ordine cluniacense, giunse nei pressi di Digione ed a Cîteaux fondò assieme ad altri suoi compagni un cenobio grazie alla donazione di un nobile locale il quale alienò dal suo patrimonio un appezzamento di terra sito un’area boscosa rendendolo ‘res sacra’ (i.e. “cosa sacra”) e permettendo così la costruzione del primitivo edifico monastico dell’ordine cistercense.
Sin da subito i cistercensi mostrarono una forte ispirazione eremitica ed una forte propensione all’esagerazione; scelsero un’area in cui le condizioni di vita erano sì severe ma non tanto quanto riportato negli scritti cistercensi in quanto a Cîteaux vi era anche un piccolo villaggio con alcuni servi che vennero donati all’ordine insieme alle terre.
Come Regola scelsero quella benedettina originaria, sfrondata dalle modifiche apportate da Benedetto di Aniane ad Aachen nel IX secolo dacché intendevano seguirla ‘stricte et arctius’ (i.e. “strettamente e rigidamente”) rifiutando il possesso di rendite e diritti signorili su cose e persone.
Era questo un chiaro segno di opposizione al vetusto ordine cluniacense, il quale seguiva la regola benedettina riformata ad Aachen. Anche la scelta del proprio colore, il bianco, era ostentazione di piena opposizione all’ordine cluniacense dacché i membri di quest’ultimo da sempre si vestivano di sai neri. Nonostante le critiche che sin dall’inizio si levarono fra i cistercensi ai danni dei cluniacensi, Roberto abbandonò la comunità per tornare a fare l’abate a Molesme dove morì da cluniacense.

Come abate e guida del cenobio venne scelto l’inglese Stefano Harding il quale consolidò la comunità donandole le sue prime norme, nucleo primordiale di quella ‘Charta caritatis’ (i.e. “Carta di carità”) che venne presentata a papa Callisto II nel 1119 per la necessaria approvazione. Nel mentre, fra il 1113 ed il 1116, sorsero le prime quattro abbazie legate a Cîteaux che ne divenne abbazia madre. Dalle quattro abbazie di La Ferté, Pontigny, Clairvaux e Morimond si crearono per filiazione quattro linee generative, ognuna delle quali diede vita a nuovi cenobi o ne incorporò di già esistenti.
La novità più significativa dell’apparato strutturale cistercense fu quello di permettere a ciascuna delle abbazie figlie di eleggere un proprio abate e quindi di godere di una completa autonomia e di avere la stessa della casa madre; quello cluniacense aveva invece una struttura gerarchico piramidale con a capo l’abate di Cluny e le cellæ - gemmazioni di quest’ultima - erano poste sotto la guida di un priore.
Per ovviare al sorgere di una condizione di ingovernabilità legata all’assenza di una figura centrale, i cistercensi istituirono un’assemblea che annualmente riuniva gli abati di tutte le abbazie figlie e che aveva funzioni legislativo giudiziarie, il cosiddetto capitolo generale. Lì i vari abati giuravano assoluta fedeltà ai precetti dell’ordine secondo il principio della ‘unanimitas’. Altro strumento di governo fu la visita annuale che ogni abate padre doveva compiere nelle abbazie figlie; entrambi questi ‘instrumenta’ vennero adottati da Cluny sotto l’abate Pietro il Venerabile il quale ne riconobbe la validità. Colui che davvero fece risplendere di gloria Cîteaux fu Berardo di Fontaines (o ‘di Clairvaux’), fondatore ed abate della sua prima figlia ‘Clairvaux’ (i.e. “Chiaravalle”); di lui parleremo poi in altro luogo.

Altra caratteristica dei monaci bianchi fu quella di accogliere massicciamente nelle loro abbazie i conversi (i.e. laici religiosi i quali erano soliti svolgere lavori e mansioni del quotidiano per i confratelli del cenobio e comuni a tutti gli ordini monastici occidentali). I conversi cistercensi dovevano portare la barba al fine di distinguersi dai monaci - da qui il soprannome di ‘fratres barbati’ - ed avevano come compito principale l’amministrazione delle grange.
Il loro responsabile era sempre un converso che assumeva il titolo di ‘magister grangiæ’ o ‘grangerius’ il quale dirigeva non solo i conversi impegnati nei lavori agricoli ma anche i molti braccianti e salariati che collaboravano agli sforzi agricoli; i monaci raramente lavoravano nei campi dacché il lavoro manuale nella vita monastica medievale ebbe un’importanza più che limitata dacché fonte costante di distrazione del monaco dall’itinerario di ascesi verso Dio nonostante volessero seguire ‘stricte et arctius’ la regola benedettina che prevedeva oltre alla preghiera una minima dose di lavoro quotidiano.
All’ipocrisia testé dimostrata si aggiunge poi quella che per fare il verso al buon Bernardo di Fontaines potremmo definire, a buon diritto, vera e propria ‘malizia’.
Fondamento dell’inusitato potere economico dell’ordine cistercense fu il possesso della terra; le grange non erano appezzamenti di terra da coltivare per il sostentamento delle abbazie bensì erano vere e proprie aziende fondiarie votate alla produzione massiccia, garanzia dunque di elevati introiti monetari per l’ordine cistercense.
Per questa ragione i cistercensi furono proprietari fondiari insaziabili, mai paghi di quel che possedevano; non per nulla si guadagnarono la fama di ‘depopulatores’ ossia di distruttori di villaggi e di collettività rurali. Walter Map, intellettuale della corte inglese di Enrico II Plantageneto, nel ‘De nugis curialium’ (i.e. “Delle inezie dei cortegiani” o “Svaghi di corte”) scrisse una violenta requisitoria contro i cistercensi di cui qui riportiamo uno stralcio:

“È per loro regola abitare luoghi deserti, ed essi, se non li trovano così, li fanno diventare, per cui in qualunque luogo li chiami, scoraggiano l’afflusso di uomini e con la forza li riducono a pochi [...] e poiché secondo la Regola non possono governare i parrocchiani, distruggono villaggi, [...] non si fanno scrupolo di spianare tutto aprendo la strada al vomere.”

Il modello della grangia scardinava letteralmente l’assetto economico e sociale delle campagne circostanti dacché presupponeva l’allontanamento coatto degli antichi proprietari e lo spostamento ma più frequentemente la diretta eliminazione di tutti quegli sventurati villaggi che si fossero trovati sul suolo della stessa come accadde nei dintorni di Milano quando nel 1136 venne fondata su spinta di Bernardo di Fontaines la grande abbazia di Chiaravalle Milanese.

Fonti:
- Storia del monachesimo medievale, Anna M. Rapetti
- Svaghi di corte, Walter Map

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