Cerca nel blog

giovedì 21 febbraio 2019

“Gl Cierv” di Castelnuovo, mito arcaico di morte e rigenerazione -Parte seconda

“Gl Cierv” mito teriomorfo


L’immagine più antica che possiamo trovare relativa a un vero e proprio uomo-cervo, è il cosiddetto Stregone di Ariege nelle Caverne des Trois Freres in Francia, che risale a circa 13000 anni prima dell’era cristiana: “Il dipinto raffigura un uomo rivestito di una pelle di cervo e col capo sormontato dalle corna ramificate del cervo. La pelle dell’animale ricopre tutto il corpo dell’uomo, ma le mani e i piedi sono stati dipinti come se si vedessero attraverso un tessuto trasparente; in tal modo si vuole suggerire a chi guarda il dipinto che vi è raffigurato un essere umano travestito. […] A quanto pare la cerimonia consiste in una danza che comporta movimenti dei piedi e delle mani”(2). Murray ipotizza un travestimento, ma la scena, che rappresenta appunto una danza alla presenza di numerosi animali, suggerisce piuttosto un mito teriomorfo: lo Stregone è travestito, o si è temporaneamente mutato in cervo acquisendone tutte le caratteristiche magiche? E’ riscontrabile un teriomorfismo chiaro che pone la figura in netta relazione con il mondo animale, una vera e propria mutazione quindi, non un uomo travestito o anche un animale antropomorfo, bensí un UomoCervo.


Un essere del tutto simile a “Gl Cierv” di Castelnuovo, che, all’interno di uno spazio rituale magico, smette temporaneamente di essere uomo, per assurgere a simbolo del furore del cervo e dell’inverno che sta per cessare, un essere mitico intriso delle prerogative più profonde del ciclico processo di rigenerazione della natura. La pratica di cucire al momento l’abito di pelli addosso a chi interpretava l’UomoCervo in uso fino agli anni ’60 del ‘900, tramanda una forma di ritualità ancestrale e magica, in cui non si cerca di infondere nell’uomo il potere dell’animale, bensì si pone un procedimento di tipo magico atto alla creazione di un EssereAltro, si cerca di stabilire in questo modo un collegamento materiale e palpabile con l’imperituro mondo del mito. E’ in questo tipo di miti teriomorfi che va ricercata la radice più antica e vera del rito de “Gl Cierv” di Castelnuovo, in forme di religiosità arcaiche e con profonde connotazioni sciamaniche: l’UomoCervo, durante la sua “trance”, abita entrambe le dimensioni, quella della piazzetta di Castelnuovo e quella del mondo degli spiriti e delle magiche forze della natura, le fa incontrare in un “frame” fuori dal tempo e fuori dallo spazio, nulla più e nulla meno di quello che tramandano le tradizioni sciamaniche di ogni luogo e tempo.


“Nell’età del mito, - scrive Eveline Lot-Falck, in un passaggio pregnante per il nostro caso - che i popoli del Nord-Est chiamano il tempo del Grande Corvo, gli uomini erano capaci di trasformarsi in animali da vivi. Trasformazione è un termine improprio. In realtà, benché vi sia passaggio da un mondo all’altro, tra uomini e animali non c’è distinzione. La frase: < Essi divennero demoni della foresta o del mare o “uomini” delle montagne >, frequente nei racconti dei ghiliachi, non implica l’idea di metamorfosi, ma quella di un passaggio nel mondo degli esseri soprannaturali. Più precisamente, vi è coesistenza di forme. L’essere si proietta simultaneamente nei due mondi, qui nel suo aspetto antropomorfo, lì in quello zoomorfo. Nessuna delle due personalità precede l’altra: sono entrambe autentiche e simultanee” (3)


Note:

- (2) Margaret A. Murray, Il Dio delle Streghe, Ubaldini Editore


- (3) Eveline Lot-Falck, I riti di caccia dei popoli siberiani, Adelphi


Articolo a cura di Massimiliano Palmesano, dalla pagina Facebook “Janara”, pubblicato previa permesso. 

Un suo precedente ed interessantissimo scritto può essere trovato sulla sua pagina o in questo blog ricercando “Janara” nel motore di ricerca interno. 

Nessun commento:

Posta un commento