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giovedì 28 febbraio 2019

I boschi sacri e l'albero cosmico- prima parte

I boschi sacri nella Tradizione Indoeuropea vengono visti come templi naturali da tempi arcaici e primordiali.

Questa concezione si ravvisa dall’Islanda all’India, poli opposti, ad ovest e ad est della grande espansione dei popoli Indoeuropei.

L’Europa stessa era una terra ricoperta da folte foreste, come ricorda Frazer: “Agli albori della storia, infatti, l’Europa era ammantata di gigantesche foreste primordiali, le cui poche radure dovevano apparire come isolotti in un oceano di verde. Fino al I secolo a. C. la Selva Ercina partiva dal Reno estendendosi verso est, per una distanza immensa e sconosciuta; i Germani, ai quali Cesare si rivolse per averne notizie, avevano viaggiato per due mesi attraverso quella selva, senza vederne la fine. Quattro secoli dopo l’imperatore Giuliano si recò a visitarla e la solitudine, la cupezza, e il silenzio di quella foresta, lasciarono una profonda impressione nella sua natura sensibile, tanto da fargli dichiarare che nulla di simile esisteva, secondo lui, nell’impero romano” (1).

Fra le popolazioni germaniche, importante ramo degli Indoeuropei, la concezione del bosco sacro come tempio naturale è particolarmente evidente.

Tacito scrive nel De Germania a proposito delle popolazioni teutoniche: “Non ritengono inoltre, conforme alla maestà degli Dèi il racchiuderli fra pareti, né il ritrarli in alcuna forma che ricordi l’immagine umana; consacrano alle divinità boschi e selve e danno nome di Dio a quell’essenza misteriosa, che solo un senso religioso fa loro intuire” (2).

Quando i Romani e i Greci già avevano innalzato templi e raffigurato gli Dèi con statue e dipinti, i popoli germanici erano legati ancora in larga parte all’usanza arcaica di non raffigurarli e di considerare templi, spazi sacri, alcuni boschi, con i loro alberi e le loro pietre, altari naturali.

Solo in epoca più tarda sorgeranno numerosi templi agli Dèi, come quello celebre di Gamla Uppsala (Vecchia Uppsala), con le tre statue di Þórr, Óðinn e Freyr, come narra Adamo da Brema nella sua Gesta Hammaburgensis Ecclesiae Pontificum (3).

Accanto al tempio di Uppsala sorgeva fra l’altro un bosco sacro in cui venivano compiuti copiosi sacrifici agli Dèi, come racconta lo stesso Adamo da Brema.

Chiesa Isnardi afferma: “Secondo una credenza diffusa tra tutte le tribù germaniche il bosco è luogo sacro in cui dimorano e si manifestano le potenze sovrannaturali. Per questo i rituali dei Germani ebbero luogo nei boschetti sacri, prima che nei templi” (4).

E ancora: “La diffusione del concetto del bosco come luogo sacro e sede di sacrificio è testimoniata inoltre dai numerosi toponimi i cui compare il termine per ‹‹bosco››: soprattutto lundr (m.), ma talora anche viðr (m.). In molti di essi è facilmente riconoscibile il nome d’una divinità che in quel luogo doveva essere adorata” (5).

Turville Petre scrive: “È notevole che le parole usate in lingue germaniche per luogo di culto o tempio, avessero spesso il significato di ‹‹bosco››. L’antico alto tedesco harug è reso in latino con fanum, lucus, nemus, ed il corrispondente antico inglese hearg, comunemente usato per ‹‹tempio›› o ‹‹idolo›› aveva pure il significato di ‹‹bosco››. L’antico inglese bearu e parole in relazione a esso variano alternativamente significati come ‹‹foresta, bosco sacro, tempio››. Il gotico alhs (tempio) è messo in relazione a parole che significano ‹‹bosco sacro››” (6).

Tacito narra inoltre: “I Senoni sono considerati come i più antichi e nobili dei Suebi; la prova di questa loro antichità è confermata da un rito religioso. In un’epoca determinata si raccolgono, per mezzo di delegati, in una foresta sacra per i riti degli avi e per vetusto e religioso terrore, i popoli dello stesso nome e della medesima stirpe” (7).

In quel bosco si facevano sacrifici al Dio supremo (regnator omnium deus), che è da identificarsi con tutta probabilità con Wotan, e il rito vorrebbe rappresentare “che di là ebbe principio la stirpe, che là risiede il dio che regna sovrano e che tutto il resto è suddito a lui e gli obbedisce” (8).

Il bosco sacro è quindi sede degli Dèi, luogo di sacrificio, ed è anche luogo iniziatico per eccellenza, dove si devono affrontare dure prove e forze pericolose.

Note:

1. J. G. Frazer, Il ramo d’oro, Newton Compton 1992, p. 139

2. P. C. Tacito, La Germania, 9, Bur 1998, p. 211 s.

3. G. Dumézil, Gli Dèi dei Germani, Adelphi 1994

4. G. Chiesa Isnardi, I Miti Nordici, Euroclub 1996, p. 482 s.

5. Ibid., p. 483

6. E.O.G. Turville Petre, Gli Dèi Vichinghi, Ghibli 2016, p. 313

7. P. C. Tacito, La Germania, 39, ed. cit., p. 275 s.

8. Ibid., p. 277

- Articolo di Fabrizio Bandini, che ringraziamo sentitamente per averci permesso di pubblicarlo 

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