La struttura sociale “tipo” dei Neanderthal era quella del “clan” tribale e presentava un'organizzazione notevole tanto da prevedere comportamenti come la cura degli invalidi e degli anziani come testimoniato da diversi ritrovamenti fra cui spicca quello della valle di Neander nei pressi del villaggio di Mettmann, valle che ha dato il nome all’intera specie.
È stato infatti provato che alcuni degli scheletri ritrovati appartenevano ad individui che avevano vissuto anni, talvolta anche decenni, in condizioni di totale dipendenza dal proprio clan. Lo scheletro ritrovato presso Mettmann ad esempio presentava danni da frattura grave antecedenti di circa vent’anni rispetto alla morte dell’individuo che era quindi impossibilitato ad andare a caccia. La sua sopravvivenza per un periodo così lungo, e le relative buone condizioni al momento della morte - sopraggiunta intorno ai 40/45 anni di età a causa di un cancro alle ossa - provano in maniera incontrovertibile la capacità e la sensibilità che questo nostro antenato aveva nel prendersi cura di un individuo disabile.
Parliamo ora di riti e spiritualità, si può affermare che l’uomo di Neanderthal avesse coscienza degli Dèi e di un mondo “altro” rispetto a quello nel quale viveva? La risposta, anche in questo caso, è si.
Possedevano infatti una propria ritualità, sia nel seppellire i morti che nel posizionarli, è stato perfino provato che in talune circostanze nella tomba veniva posti dei fiori a mazzetti, avevano inoltre l’abitudine, che si può ritrovare in moltissime culture euroasiatiche fini a tempi molto recenti, di tracciare sopra le tombe dei propri defunti dei cerchi, o delle spirali, di pietre, comportamento che dimostra la presenza di un culto degli antenati.
Il ritrovamento di Chapelle-aux-Saints, la tomba di un Neanderthal di circa cinquant’anni, seppellito con cibo e utensili che doveva aver adoperato in vita, è un altro punto a favore di questa tesi.
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