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domenica 4 novembre 2018

Smembramento e rinascita di Djukhade- parte seconda

Poi entrai nell’apertura di un’altra roccia.

 Li era seduto un uomo nudo che alimentava il fuoco con dei mantici. Sul fuoco era appeso un enorme calderone, grande come metà della terra.


Quando mi vide, l’uomo nudo andò a prendere un paio di tenaglia grandi come la tenda e mi afferrò con quelle. 

Prese la mia testa e la staccò, poi taglio il mio corpo in piccoli pezzi e li mise nel calderone. Lì fece cuocere il mio corpo per tre anni. Poi mi mise su un’incudine e mi colpi la testa con un martello, quindi la immerse in acqua tiepida per temprarla. Tolse dal fuoco il grande calderone in cui aveva fatto bollire il mio corpo e ne versò il contenuto in un’altra pentola. Ora tutti i miei muscoli erano separati dalle ossa. Adesso io sono qui, posso parlare normalmente e non so dire quanti pezzi ci siano nel mio corpo. 


Ma noi sciamani abbiamo diverse ossa e muscoli in più degli altri uomini. Si scopri che di pezzi in più ne avevo tre: due muscoli e un osso.


“Quando tutte le mie ossa furono separate dalla carne, il fabbro mi disse: “il tuo midollo è diventato un fiume”, e io davvero vidi nella capanna un fiume su cui galleggiavano le mie ossa. “guarda, ecco le tue ossa che scorrono via!”, disse il fabbro, e cominciò a tirarle fuori con le sue tenaglie. 

Quando tutte le sue ossa furono deposte sulla riva il fabbro le rimise insieme: esse si ricoprirono di carne e il mio corpo riprese il suo aspetto originario. L’unica cosa che era rimasta staccata era la mia testa. Sembrava nient’altro che un teschio nudo. Il fabbro ricopri il teschio di carne e lo attaccò sul busto. Ora avevo ripreso la mia forma umana precedente. Prima di lasciarmi andare via il fabbro mi cavò gli occhi e li sostituì con un paio di occhi nuovi. 


Mi bucò le orecchie con il suo dito di ferro e mi disse: “saprai udire e comprendere il linguaggio delle piante”. Dopo di ciò mi ritrovai sulla cima di un monte e di lì a poco mi svegliai nella ma tenda. Vicino a me sedevano preoccupati mio padre e mia madre.


Djukhade riceve il suo tamburo dall'albero cosmico


Lo sciamano siberiamo Djukhade racconta come ha avuto il suo tamburo: "Allora gli spiriti mi condussero ai piedi di un giovane larice, che era cosi alto da toccare il cielo. Udii voci che dicevano: "è stabilito che tu debba avere un tamburo fatto con un ramo di questo albero". Mi accorsi che stavo volando come gli uccelli del lago. Non appena mi staccai dal suolo, il padrone dell'albero mi gridò: "mi sta cadendo un ramo che si è spezzato...prendilo e fanne un tamburo, esso ti servirà per il resto della tua vita". Vidi il ramo cadere e lo presi al volo.(***)


FONTE: GLI SCIAMANI - Piers Vitebsky


Orlando, in collaborazione con Le vie di Wodanaz 


(*) Djukhade, importante sciamano del popolo Nganasan della siberia nord occidentale degli anni ’30.


(**) da tenere sempre presente che la figura dello sciamano è molteplice e non è possibile inquadrarla del tutto; Anche le iniziazioni sono diverse da popolo a popolo, hanno temi comuni ricorrenti ma differente modo di "attuabilità", quest'ultimo differente addirittura da sciamano a sciamano dello stesso popolo. Per alcuni popoli l'iniziazione dello sciamano dura tutta la vita.


(***) Ho riportato questo breve episodio per far comprendere che non basta creare un oggetto. L'oggetto che appartiene allo sciamano ha uno spirito, ed è donato al momento giusto e in momenti particolari. Molti di oggi si concentrano solo ed esclusivamente sul tamburo, ma potrebbe essere un qualsiasi altro "strumento" necessario allo sciamano. Non basta comprarlo, non basta comprare i materiali, ogni "pezzo/componente" di uno strumento (qualsiasi oggetto che possiede lo sciamano) e lo strumento stesso, deve essere preceduto da un evento particolare. Proprio quell'evento fà la differenza e sapremo quale "strumento" ci appartiene. Bisogna aspettare, senza avere fretta di "apparire" e di "fare", poichè le istruzioni arrivano nel momento giusto, nè troppo tardi, nè troppo presto.


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