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venerdì 30 novembre 2018

Teodorico, parte I

Il 16 Marzo 453, alla morte di Attila, l’orda unna si disgregò ed i popoli vinti che confluirono in essa tornarono liberi; tra questi vi era una tribù germanica appartenente al ramo orientale dei Goti dalle origini incerte la quale ottenne da Bisanzio l’autorizzazione di stanziarsi in Pannonia (i.e. parte occidentale della moderna Ungheria), gli Ostrogoti.

Nel 458 Leone I il Trace, imperatore della Pars Orientis, dovette far fronte all’invasione dell’Illiria (i.e. parte occidentale della penisola balcanica) ed al suo successivo saccheggio da parte degli Ostrogoti di re Teodemiro degli Amali; per evitare che questi invadessero anche la Tracia, Leone I gli offrì una cospicua somma di denaro e, raggiunta così la pace, i due popoli si scambiarono come da tradizione gli ostaggi.
Fra gli ostaggi ostrogoti vi era anche il figlio del re chiamato Teodorico (i.e. Theuderik); questo nome che significa “signore delle genti” non poteva essere più adatto. Egli nacque in un accampamento unno dall’unione fra la cristiana Erelieva e Teodemiro quando entrambi erano ancora sotto il comando di Attila; il piccolo aveva solo sette anni quando venne scambiato come ostaggio ma sapeva già cacciare e cavalcare, abilità apprese dai migliori guerrieri goti. Nelle sere della sua breve infanzia i cantastorie gli narravano i miti nordici e gli leggevano la Bibbia gotica (i.e. la traduzione della Bibbia in goto con la quale l’evangelizzatore e saggio Wulfila convertì i Goti all’arianesimo).

Da quanto detto traspaiono le ragioni del perché Teodorico fosse tanto devoto all’arianesimo, dottrina cristologica del presbitero Ario secondo la quale la natura del Cristo era inferiore a quella di Dio in quanto quest’ultimo non poteva condividere la propria essenza divina. Doveroso specificare che per i Goti il Cristo era più un eroe della Valhöll che altro; ciò è forse dovuto alla capacità che questi avevano di assimilare le culture con cui venivano in contatto pur mantenendo intatto quel retaggio indoeuropeo che li contraddistingueva.

Costantinopoli, la più grande civitas della Pars Orientis dell’Impero, era tutt’altra cosa rispetto alle valli a cui era abituato il giovane Teodorico ché al posto dei carri e dei greggi la città traboccava di marmi, statue e mercanti; nonostante questo egli si ambientò rapidamente e l’imperatore Leone I lo prese in simpatia fin da subito. Lo fece alloggiare a corte in un appartamento affacciato sul Bosforo e lo iscrisse nella migliore scuola dell’impero nella quale imparò l’algebra, l’astronomia e il galateo seppur rimase analfabeta. Finita la scuola e compiuti i quindici anni debuttò nella società bizantina. Oltre al gotico, Teodorico parlava un buon greco e masticava un po’ di latino e grazie a questa sua versatilità condusse una vita agiata frequentando sia la corte che i popolani.
Riscattato dal padre a diciotto anni, Teodorico trovò la Pannonia minacciata dai Sarmati; all’insaputa di Teodemiro radunò un piccolo esercito di seimila uomini per mettere fine al problema. Tornò vittorioso con la testa del re nemico su una picca e poco dopo venne nominato re.

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