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sabato 3 novembre 2018

Smembramento e rinascita di Djukhade- Parte I

Il processo d’iniziazione dello sciamano (**) siberiano Djukhade(*) rivela molti temi legati alla morte e alla rinascita sciamanica. Egli stesso descrive la prova con le seguenti parole:


“il marito della signora dell’acqua, il grande signore del sottosuolo, mi disse che avrei dovuto percorrere il sentiero di tutte le malattie. Egli mi diede come guida un ermellino e un topo, e con loro proseguii il mio viaggio addentrandomi nel mondo sotterraneo. I miei compagni mi condussero su un’altura, dove c’erano sette tende. Le persone che abitano queste tende sono cannibali, mi avvertirono il topo e l’ermellino. Ma io mi avvicinai lo stesso a quella di mezzo e di colpo persi la ragione. Quella gente era il popolo del vaiolo. Mi tagliarono la testa e la buttarono in un calderone che bolliva. In quella tenda incontrai il signore della pazzia, in un’altra vidi il signore della confusione e in un’altra ancora il signore della stupidità. Io feci il giro delle tende e conobbi i sentieri delle varie infermità umane. 


Poi arrivai a un mare senza fine. Sulla costa crescevano alberi radi e un tappeto di erba corta. Di li vidi sette rupi di roccia piana. Salii su una di esse e quella si spalancò. 


Dentro si vedevano dei denti, come quelli di un orso, e l’interno era cavo come un cesto. “io sono la pietra che tiene ferma la terra”, annunciò la roccia. “il mio peso trattiene i campi perché il vento non li porti via”. 


La seconda rupe si spalancò e disse: “che tutti gli uomini, battezzati e non battezzati, possano togliermi la pietra di dosso e usarla per fondere il ferro”. Poi ciascuna disse come l’umanità avrebbe potuto usarla. Per sette giorni rimasi senza parole davanti a quelle pareti di roccia. Erano proprio loro che mi avevano dato quelle istruzioni.



Orlando, in collaborazione con Le vie di Wodanaz 

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