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sabato 17 novembre 2018

Società e Stato

Si è soliti definire lo Stato come l’organizzazione sociale che detiene il monopolio della violenza legittima e dei mezzi di coercizione, che seppur dipendente dalla società ne definisce entro certi limiti la forma; l’esercito, la burocrazia e la polizia ne sono i pilastri.
Spesso la città intesa come “alta concentrazione abitativa di popolazioni umane” è solita sorgere insieme con lo Stato ed altrettanto spesso lo Stato nel suo nascere genera città dando una forte spinta all’urbanesimo.

Vi sono però società nelle quali il monopolio della violenza legittima e dei mezzi di coercizione è del tutto assente; sono queste le cosiddette ‘società senza Stato’ che blandamente e puerilmente vennero in passato e tuttora vengono definite come ‘anarchie ordinate’ in un delirio di progressismo politico sterile e vacuo.
In esse l’esercizio della violenza legittima non è legata ad un centro monopolizzante essendo queste società segmentate in sezioni primarie differenti con un imprecisato numero di sottosezioni o sezioni secondarie; lo strumento con cui si esercita la giustizia legittima è quello della ‘fehida’ (i.e. “faida”, antico alto tedesco). La faida solitamente coinvolge membri delle sezioni primarie le quali entrano in conflitto seguendo una discriminante di tipo lignatico parentelare. Detto in termini spiccioli, alcuni elementi appartenenti ad una *Sibbja (i.e. ‘Sippe’, antico alto tedesco per “famiglia”) rivendicano giustizia tramite azioni di sangue contro altre famiglie generando un vortice di ripercussioni incentrato sulla vendetta e controllato nella sua distruttività da una serie di usi e consuetudini dettate dalla legge degli Dèi e da quella degli uomini non certo da omuncoli sventolanti bandiere di anarchico colore nero.
Nella Sippe solo la Guerra è causa di un accentramento di potere seppur momentaneo nelle mani di un singolo; accentramento che peraltro è “forzosamente volontario”. Basti pensare ai duchi longobardi i quali - come racconta Paul Warnefried nella sua ‘Historia Langobardorum’ - dopo i dieci anni di interregno seguiti alla morte di re Clefi nel 574 d.C. volontariamente offrirono metà delle loro terre ad Autari e la loro assoluta fedeltà in quanto forzati dalle pressioni delle armate franche sul confine nord della Langobardia Maior.

Quando il diritto ed il possesso dell’utilizzo della violenza legittima viene alienato in maniera definitiva dai membri della società ad un centro, sia esso interno od allogeno a questa non fa differenza alcuna, nascono le città Stato. È questo un passaggio brusco e travagliato del quale si possono scorgere i germi fecondi nel ‘De origine et situ Germanorum’ scritto da Publio Cornelio Tacito sul finire del secolo I d.C. come anche nell’èpos omerico del secolo VIII a.C. nel quale è esemplificativa la struttura dodecarchica legata a strutture gentilizie del regno dei Feaci che va a centralizzarsi nella figura di Alcinoo.
La Guerra nel ‘De origine et situ Germanorum’ viene intesa come strumento accentratore; fra i germani chi si distingueva in battaglia era solito divenire ‘princeps’ (i.e. “principe”) ed un signore di uomini in quanto era solitamente attorniato dal suo seguito di ‘comites’ (i.e “compagni”) guerrieri. [1] In ogni Sippe si andavano così a creare comitati di professionisti della lotta i quali fra le genti godevano giustamente di un’auctoritas suprema; proprio per questa ragione la Guerra viene vista come canale di statalizzazione in quanto strumento accentratore.

In un’ottica prettamente materialistica tanto cara al postmodernismo, la stessa Religione diviene un canale di statalizzazione. La prassi religiosa è fondamento sociale; se un lignaggio occupa grazie al Carisma la sfera del sacro e ne monopolizza l’utilizzo grazie all’istituzione della Tradizione allora si assiste alla nascita di un nucleo statale.

Partendo da quanto sinora detto sulla Guerra e sulla Religione si esprimono due possibilità di generazione statale:

- Se il nucleo guerriero od il lignaggio sacro prende il potere sulle genti e riesce a coinvolgere quest’ultime in un conflitto continuo vincendo in quest’ultimo sui propri nemici va a creare un impero. Esemplare per i franconi è la Sippe dei Sali la quale nella persona di Meroveo riuscì a prevalere sugli altri lignaggi unendoli nel 448 d.C. sotto la corona di Rex Francorum dando origine al regno merovingio che sotto il pipinide Carlo detto Magno divenne un vero e proprio impero.

- Se differenti lignaggi si foederano in assemblee si genera un accumulo di potere tale da rendere necessaria la presenza di una stringente struttura burocratica e di un organismo centrale il quale riceve dai lignaggi poteri consultivi e giudiziari monopolizzando l’uso legittimo della forza repressiva dando vita ad uno Stato. È questo il caso del regno dei Longobardi i cui germi statalisti comparvero sotto re Autari - non a caso quest’ultimo assunse l’appellativo di Flavio al fine di legittimare la sua nuova auctoritas civica - per poi gemmare sotto re Rotari il quale cancellò con l’editto del 643 l’istituto della faida centralizzando la violenza legittima nella sua persona e nella corona del regno.

Inutile è oramai ribadire come lo Stato e ciò che ne consegue sia caduco e destinato a collassare su sé stesso. Così accadde con il regno longobardo, così accadde con l’impero carolingio.
Il Sangue è eterno, le strutture politiche non sono nulla.

Note:
- [1] entrambi i termini latini di ‘princeps’ e ‘comites’ sono usati dallo stesso Tacito nella sua opera e verranno poi ripresi dall’amministrazione carolingia incentrata sui beneficia.

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