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martedì 16 ottobre 2018

Cammino iniziatico e confronto con la natura

Dal credente, all’ateo, dal contadino al cacciatore. L’osservazione della natura è legata dalla notte dei tempi all’uomo.

Fenomeni atmosferici, squarci panoramici mozzafiato, animali, tutto confluisce in modo necessario alla formazione e alla conoscenza del contadino e del cacciatore, alla nascita dei poeti, dei sacerdoti e dei guerrieri.

Nessuna ricerca di se stesso, può escludere l’osservazione esterna o il viaggio per mari, montagne o campagne che, porta al confronto con i nostri limiti, con le nostre paure; porta noi stessi a scoprire le nostre abilità.

 

Da quando l’uomo ha memoria, ha affinato le sue abilità osservando gli animali, ha scoperto le sue paure confrontandosi con il buio del bosco, ha imparato il ruolo naturale osservando, ha imparato a conoscere la sua forza nelle difficoltà che lo hanno coinvolto nei viaggi, ha imparato a cacciare come i lupi, ha imparato il rispetto della vita osservando i cuccioli, ha imparato il rispetto della morte e la ritualità della morte con gli animali: gli elefanti organizzano veglie funebri radunandosi intorno al corpo e spesso tornano nei luoghi del defunto a ispezionare le ossa del compagno morto (sembra proprio il culto degli antenati), i corvi organizzano danze per il compagno defunto (spero un giorno di poter osservare questo evento), le scimmie rimangono in silenzio e si stringono con abbracci davanti ad un loro simile morto ecc. ecc.

 

Molto di quanto appena detto lo si osserva durante il cammino. Il cammino iniziatico è un confronto con l’esterno e con l’interno di noi.

Il cammino porta a comprendere, porta a pensare e, il ritorno nella società, era sinonimo di aver conosciuto se stesso.

Gli uomini tornavano nella società con lo spirito, conosciuto e riconosciuto e, con la consapevolezza che la fine del cammino era l’inizio del loro viaggio terreno per forgiare se stessi ed il loro spirito.


Tornavano consapevoli della vita e della morte, del rispetto verso la vita e la morte e conoscevano la morte in modo diverso.

 

Oggi sento spesso che le persone riconoscono se stesse senza il buio del bosco, senza cammini per montagne, non conoscono ciò che li circonda ma dicono di conoscere se stessi, non testano le proprie abilità ma si definiscono.

  




 La domanda è: Quanto “tempo” dedicate a stare nel bosco o a camminare per montagne soli, per comprendervi e comprendere e per testare le vostre abilità? Reputate che oggi questa parte sia ancora fondamentale o può essere sostituita con "altro"?


Orlando, in collaborazione con “Le

Vie di Wodanaz”

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