Sembra che il culto della quercia o del Dio della quercia sia stato osservato da tutti i popoli di razza ariana in Europa. Tanto i Greci che gli Italici associavano questo albero con il loro più alto dio, Zeus o Jupiter, la divinità del cielo, della pioggia e del fulmine. Forse il più antico e certamente uno dei più famosi santuari della Grecia era a Dodona, dove Zeus veniva adorato nella quercia profetica. Le tempeste di fulmini che sembra imperversino a Dodona più che in qualunque altro posto in Europa, facevano di quel luogo una dimora adatta per il Dio, la cui voce veniva udita tanto nel mormorio delle foglie di quercia quanto nello scoppio della folgore.
Sul monte Lykeo in Arcadia il carattere di Zeus come Dio tanto della quercia che della pioggia risulta chiaramente dall'incantesimo per la pioggia praticato dal suo sacerdote che immergeva un ramo di quercia in una sacra fonte. In questo secondo potere Zeus era il Dio che i Greci pregavano regolarmente per la pioggia. Niente poteva esser più naturale, perché spesso, se non sempre, aveva la sua sede sulle montagne dove si adunano le nubi e crescono le querce. Sull'acropoli d'Atene v'era un'imagine della terra in atto di pregar Zeus per la pioggia. E in tempo di siccità, gli stessi Ateniesi pregavano: « Piovi, piovi, o caro Zeus, sui campi degli Ateniesi e sopra il piano ». Zeus, oltre la pioggia, mandava anche i fulmini e i lampi.
I re d'Irlanda pensavano che i fulmini fossero una fonte di fertilità per la terra e di fecondità pel bestiame, e come avrebbero potuto soddisfare queste pretese meglio che facendo la parte del loro parente Zeus, il gran Dio della quercia, del fulmine e della pioggia? Apparentemente personificavano Zeus, come i re italici personificavano Giove.
Nell'Italia antica ogni quercia era sacra a Giove, il corrispondente italico di Zeus, e sul Campidoglio a Roma il dio era venerato come divinità non solo della quercia, ma della pioggia e del fulmine.
Orlando in collaborazione con le vie di Wodanaz
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