La parola che designa gli scongiuri nelle fonti germaniche medievali è galdor (i.e. termine anglosassone per "canto" od "incantesimo") o galdr (i.e. termine norrero per "incantesimo").
Il campo semantico di galdr/galdor - i due termini condividono la stessa radice antico alto germanica galan (i.e. "cantare") con l'aggiunta del suffisso indoeuropeo 'tro' - occupa lo spazio che conduce dal canto all’incantesimo ed infine allo scongiuro, quello che in latino è coperto dai termini carmen (i.e. "canto") ed incantatio (i.e. "incantesimo"). Esso è parte di quella che si configura in tutto e per tutto come una performance nella quale le parole sono strumenti di cambiamento; a volte i testi quali l'islandese 'Galdrabók' (i.e. "libro degli incantesimi") invitano a non limitarsi a recitare la formula bensì a cantarla.
I galdra stanno tra folklore, medicina e liturgia, occupano un terreno intermedio tra quel territorio del folklore considerato innocuo dalla Chiesa e un altro decisamente più temuto dagli evangelizzatori, quello delle pratiche magiche apertamente opposte alla verità cristiana e dunque ricondotte all’attività deviante del demonio. Le parole portatrici di potere nei galdra conosciuti sono spesso tratte dalla liturgia cristiana, mentre, anche in quelli dai tratti apparentemente più arcaici, scarseggiano i riferimenti alle divinità pagane; un fatto che non sorprende, essendo le nostre fonti risalenti a epoche in cui non solo i copisti, di norma monaci, ma anche i fruitori, erano cristiani.
È significativo che nei testi più aperti alla cultura tradizionale – ad esempio nelle ricette del 'Bald's Leechbook' (i.e. testo altrimenti noto come 'Medicinale Anglicum' redatto in ambito anglosassone sulla metà del secolo X) e del 'Lacnunga' (i.e. "I Rimedi", testo della tradizione anglosassone risalente all'inizio del secolo XI) – i galdra compaiono in opposizione a wiglung (i.e. "divinazione/ritualità") e drycræft (i.e. "stregoneria"), ovvero i due termini anglosassoni che riassumono il concetto di stregoneria, mentre nella letteratura omiletica dei predicatori galdor, wiglung e drycræft figurano raggruppati in opposizione alle verità del cristianesimo. Tra i più celebri e complessi galdra anglosassoni altomedievali meritano una menzione l’Incantesimo delle nove erbe e l’Incantesimo dei nove ramoscelli di Woden, inclusi nel 'Lacnunga'.
Segue un estratto del secondo con relativa traduzione:
"[...] Sing þæt galdor on æcre þara wyrta, ær he hy wyrce [...] ond singe þon men in þone muð and in þa earan buta and on ða wunde þæt ilce gealdor, ær he þa sealfe on do.
"[...] Canta tre volte l’incantesimo (i.e. galdor) su ognuna delle erbe prima della preparazione […] e che qualcuno canti dentro la bocca dell’uomo e dentro le orecchie e sulla ferita questo stesso canto prima di applicare l’unguento."
Le parole dell’incantesimo incitano le erbe, le sollecitano a sfruttare al massimo i loro poteri naturali contro gli avversari che sono chiamate a fronteggiare. È come se prima di essere assunte dal malato le erbe dovessero a loro volta assumere le parole.
In entrambi gli incantesimi le erbe sono descritte come guerrieri dotati di poteri intriseci da valorizzare; tale caratteristica potrebbe da sola giustificare il coinvolgimento di Woden (i.e. Odino) nella sua doppia veste di medico e di nume tutelare dei guerrieri.
Pur apparendo il contesto ancora decisamente germanico, alla fine del componimento appare il Cristo che si erge in difesa del malato, a testimoniare la consapevolezza dello spostamento verso una declinazione cristiana del rituale; Cristo non è antagonista, ma in un certo senso collaboratore di Woden; la presenza di quest’ultimo, quindi, potrebbe essere motivata, più che dal suo passato di divinità pagana, dal suo ruolo di protagonista di racconti mitologici, alcuni dei quali certamente assai diffusi, nei quali egli esercita la funzione di misterioso mago e guaritore.
Fonti:
- Dal mito allo scongiuro, Paolo Galloni
Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz
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