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domenica 28 ottobre 2018

Samhain e le cerimonie stagionali, parte IV

Trick or treat

È un'usanza di Halloween che i bambini vadano mascherati di casa in casa, chiedendo dolciumi e caramelle o qualche spicciolo ponendo la domanda 'Dolcetto o scherzetto?' nella quale la parola "scherzetto" è la diretta traduzione dell'inglese 'trick' (i.e. "inganno"). Nella formula vi è l'implicita minaccia di fare danni al padrone di casa ed alla sua proprietà nell'eventualità di non ricevere alcun dolcetto (i.e. "treat").
Esiste una filastrocca inglese insegnata ai bambini delle elementari che ricalca questa formula: "Trick or treat, smell my feet, give me something good to eat".

La pratica di mascherarsi risale al Medioevo e si rifà alla pratica tardomedievale dell'elemosina; i poveri andavano di porta in porta a Ognissanti ogni primo Novembre e ricevevano cibo dai padroni di casa in cambio di preghiere da recitare il due Novembre (i.e. giorno della commemorazione dei defunti) per i parenti di quest'ultimi che erano morti.
Questa usanza nacque in Irlanda e Gran Bretagna, sebbene pratiche simili per le anime dei morti si rinvengano anche in Sud Italia. Shakespeare menziona la pratica nella commedia del 1593 'I due gentiluomini di Verona' nel passo in cui Speed accusa il suo maestro di "lagnarsi come un mendicante a Hallowmas (i.e. Halloween)".

Alcuni storici affermano che i Celti in Samhain erano soliti travestirsi in modi spaventosi e sfilare per le strade per scacciare gli spiriti vagabondi fuori dai loro villaggi. I bambini Celti andavano di casa in casa per raccogliere legna al fine di preparare un gran falò nel centro del villaggio; una volta che il falò veniva acceso ogni altro focolare doveva essere spento per essere poi riacceso con un tizzone proveniente dal falò di Samhain del villaggio come simbolo di comunione e collegamento tra tutti gli abitanti. Ci sono documenti che evidenziano che la festività di Samhain fosse per i Celti strettamente legata all'offerta di cibo agli spiriti.

Note:
- questa usanza è presente da tempo immemore in molte regioni italiane con formule differenti da regione a regione. In Calabria ad esempio vi è la secolare tradizione del 'Coccalu di muortu' la cui formula associata è la seguente 'Mi lu pagati lu coccalu?' (i.e. "Me lo pagate il teschio?").

Orlando, in collaborazione con le vie di Wodanaz

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