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martedì 25 dicembre 2018

Bhagavadgītā, parte VI

Passiamo ora alla visione diretta delle parole del “Beato Signore” Kṛṣṇa:

“Quando si rinuncia a tutti i desideri che turbano il cuore e la mente, o figlio di Prtha, quando si è appagati in se stessi e da se stessi, ecco quel che si dice essere consolidato in saggezza.
La mente di un simile uomo non conosce apprensione nelle sofferenze; è libero da ogni attaccamento ai piaceri, affrancato dalla cupidigia, dal timore o dalla collera: tale è l’asceta che si dice saldo nell’alto pensiero.
Colui che, distaccato da tutto, incontrando fortuna o sfortuna non prova né gioia né odio, ecco quegli che è consolidato in saggezza” (II:55,56,57)

Ai praticanti della traduzione Zen (o Chán) non sarà sfuggita la somiglianza del versetto 57 con un celebre passo del “Barbaro dagli occhi Blu”, il 28º Patriarca del Buddhismo indiano Bodhidharma, fondatore della scuola Chán e, presumibilmente, dello stile di combattimento Shaolin.
Lo stesso infatti, nel testo di Red Pine “L’insegnamento Zen di Bodhidharma” spiega un concetto molto simile per quanto riguarda la figura del Buddha:

“Un Buddha è qualcuno che trova la libertà nella buona e nella cattiva sorte. È tale il suo potere che il karma non può vincolarlo. Comunque sia il karma, un Buddha lo trasforma. Paradiso e inferno non sono nulla per lui. (p. 59)”

Comunque, tornando al testo, dopo la descrizione della verità del distacco, Kṛṣṇa descrive la già citata importanza dell’azione e della rinuncia a fini divini:

“In questo mondo, te l’ho già detto, è lecito seguire una doppia vocazione, o eroe senza macchia: disciplina dei filosofi speculativi mediante il metodo della conoscenza (metafisica) e disciplina dei praticanti mediante il metodo dell’azione (Yoga)
Non è soltanto astenendosi dall’agire che l’uomo accede alla libertà del non-agire, non è unicamente rinunziando che egli s’innalza alla perfezione.” (III:3,4)

E ancora:

“Dedicandomi ogni tua azione, con mente perfettamente interiorizzata, libero da ogni desiderio come da ogni spirito di possesso, calmata la tua febbre, combatti.
Gli uomini che, indefettibilmente, con fede e senza mormorare, mettono in pratica questa mia dottrina, anch’essi sono liberati dagli atti.
Quelli che, al contrario, ribellandosi contro di essa, non mettono in pratica la mia dottrina, considerali distolti da ogni saggezza, perduti e incoscienti” (III: 30,31,32)

Il terzo capitolo termina infine con un incoraggiamento da parte del Beato, riguardante il combattimento contro la cupidigia, la collera, il desiderio e tutto quello che “nasce dal fattore passionale, distruttore della scienza e della saggezza”:

“Conoscendo mediante ciò che supera la facoltà intellettuale, rinsaldando il Sé con il Sé, guerriero dalle grandi braccia, distruggi questo nemico che porta i colpi del desiderio e la cui vicinanza è pericolosa” (III: 43)

Saverio Diomedi, in collaborazione con "Le vie di Wodanaz"

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